Home
Message
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Anche una laurea in filosofia poteva servire alla causa del nascente sport femminile PDF Print E-mail
Tuesday, 15 August 2023 19:48

Vi abbiamo brevemente presentato, pochi giorni fa, mademoiselle Germaine Delapierre, una delle prime donne che decisero che anche lo sport era una attività nella quale impegnarsi agonisticamente e per cui battersi contro tutti i pregiudizi. E non fu la sola. Germaine fu una di queste giovani donne che, in Francia, crearono il movimento sportivo femminile.  Germaine nata a Parigi nel 1897 (e morta, sempre nella Ville Lumiére, nel 1939) aveva un solida educazione: era laureata in filosofia. Insieme alle sorelle Jeanne e Thérèse Brulé, a Suzanne Liébrard, diede vita al Club Fémina Sport, che aveva sede alla Port d'Orléans, a Parigi. Del gruppo faceva parte anche Alice Milliat, che viene, giustamente, considerata la tenace controparte del barone De Coubertin in difesa dello sport femminile. Erano le signorine che dominarono le prove dei primi campionati francesi riservati alle donne, e furono anche protagoniste delle prime edizioni di Giochi internazionali che si tennero per alcuni anni a Monte Carlo, su un terreno antistante il palazzo del Casinò, che appare sullo sfondo delle molte fotografie pubblicate all'epoca. Il Club Fémina Sport fu fondato il 27 luglio 1912, esattamente dieci giorni dopo la ufficializzazione, a Stoccolma, della nascita della International Amateur Athletic Federation, la mai dimenticata IAAF, nonostante le piroette delle varie denominazioni succedutesi negli ultimi 20 anni, come se fosse davvero importante...

Ai Giochi di Monte Carlo prese parte anche un'altra francese, Violette Morris, personaggio singolare finita in maniera tragica. Violette (1893-1944), donna di forme opulente, praticava molte discipline sportive: la lotta libera e il pugilato, l'atletica e l'ippica, il tennis e il calcio, il ciclismo e il motociclismo. Il suo motto era "Tutto quello che può fare un uomo, lo può fare anche Violette". Aveva atteggiamenti fortemente maschili, e venne sospettata di essere un uomo travestito, e, accusa che di solito va abbinata, di essere omosessuale. Fu la prima primatista francese nel lancio del peso. Nel 1926, in conseguenza dei suoi atteggiamenti scandalosi, fu esplusa dalla Federazione. Nel 1937 si rese colpevole della uccisione di un uomo, ma la scampò invocando la legittima difesa. Durante il tragico periodo della invasione nazista della Francia, Violette divenne collaboratrice della famigerata Gestapo. È provato che il Governo tedesco aveva un occhio di riguardo per lei, tanto che fu invitata a presenziare ai Giochi Olimpici di Berlino 1936. Le varie biografie non sono concordi, anzi, talvolta fortemente contrastanti. C'è chi la accusa di aver partecipato alle torture degli aguzzini nazisti, qualcuno la definì «la jena». Noto l'epilogo della sua tortuosa esistenza: il 26 aprile 1944, in una strada di campagna, la vettura su cui viaggiava Violette fu crivellata a colpi di mitraglia da partigiani della Resistenza francese. Per chi volesse saperne di più, suggeriamo tre letture: Raymond Ruffin, La diablesse. La véritable histoire de Violette Morris; Marie-Jo Bonnet, Violette Morris: histoire d'une scandaleuse; Gérard de Cortanze, Violette Morris sans filtre.

Oggi va molto di moda il calcio femminile. Giornali e televisioni lo hanno scoperto e sono saliti sulla stessa giostra sfrenata che circonda il pallone dei maschietti, giostra cui alcuni di noi non si abitueranno mai. Bene, sappiate che, come sempre, non c'è niente di nuovo sotto la volta del cielo: il calcio praticato dalle donne è sempre esistito. Infatti, nell'anno 1918, in Francia si ebbe il primo campionato riservato alle ragazze. E in Gran Bretagna ancora prima: una squadra nacque nel 1894, il primo incontro fu disputato l'anno dopo. I baffuti e austeri (nelle foto) dirigenti sopportavano male e così, quando nel 1921 per una partita di calcio fra donne si presentarono 53 mila spettatori (capito bene? cinquantatremila), la Football Association vietò alle squadre femminili di giocare su campi affiliati alla Federazione. I molto ipocriti reggitori delle sorti del Dio Pallone sostennero che il calcio non era “idoneo per le donne e non avrebbe dovuto essere incoraggiato”. Fa il paio con il barone De Coubertin e i suoi fedeli scudieri, conti, baroni e testoline coronate, che non volevano le donne ai Giochi Olimpici, almeno in certi sport. Era successo lo stesso all'apparire del velocipede: donne in bicicletta? per carità! mostravano le caviglie. E poi oggi dissertiamo della hijab per le donne mussulmane. Ma fateci il piacere! Oggi esageriamo nel senso opposto, uomini o donne che siano, porte aperte a qualsiasi minchiata pseudo-sportiva. Quello che contano sono i voti per rimanere aggrappati ai comodi strapuntini sportivi: mai dire no...

Last Updated on Wednesday, 16 August 2023 11:27
 
Gonna-pantalone e basco operaio, simboli dello sport femminile che avanzava PDF Print E-mail
Monday, 14 August 2023 00:00

Da uno degli ultimi bollettini, fino a non molto tempo fa chiamati con bel sostantivo «Lettre», oggi trasformato in un più anonimo e abusato «Newsletter», dei nostri colleghi transalpini che studiano la loro storia atletica e la mantegono viva, siamo rimasti affascinati dalla bella foto che vedete riprodotta qui. Quelle gonne-pantaloni, e soprattutto quei baschi per tener uniti i capelli. Basco che trae orgine, ça va sans dire, dai Paesi Baschi, la regione spagnola che si affaccia sul golfo di Biscaglia, terra di pantagrueliche mangiate e alluvionali bevute. Basco, o bojna in lingua originale, divenne il tipico copricapo della classe operaia, dei lavoratori. E, a questo punto, diremmo delle atlete francesi, da quel che arguiamo dalla foto. Signorine che, a quei tempi, primi due decenni del 1900, erano ghettizzate dai barbogi del Comitato Olimpico Internazionale, gestore unico dei rinati Giochi Olimpici. Ci sono scritti del famoso (e sicuramente meritevole e, per certi versi, illuminato) barone De Coubertin che la dicono lunga sulla sua idiosincrasia allo sport praticato dalle donne. Ma alla fine nulla potettero i «custodi del tempio sportivo» contro la forza e la tenacia muliebre. Gustatevi il bel pezzo di Luc Vollard che ci presenta Mademoiselle Germaine Delapierre (n.51). Se non masticate troppo il francese, un bel dizionario può esservi utile.

alt

Au début de la pratique féminine de l’athlétisme, nombreuses furent les athlètes à redoubler d’efforts en multipliant les participations lors des compétitions. Née 19 juin 1897 à Paris, Germaine Delapierre fut de celles-là. Après une première médaille de bronze à la longueur en 1918, elle va faire feu de tout bois aux championnats de France disputés à Paris, au stade Jean-Bouin, le 29 juin 1919. Alors que les Jeux Interalliés se déroulent au stade Pershing, les féminines participent donc à la troisième édition des championnats nationaux et Germaine, sous les couleurs de Fémina Sports, va prendre part à quatre épreuves. Cinquième du 80 m, quatrième du 300 m et de la longueur, c’est sur les haies qu’elle obtiendra le meilleur résultat.

Elle affronte, lors du 83 m haies, la double tenante du titre, sa coéquipière Suzanne Liébrard, et en 14’’4/5, elle va largement la dominer, l’emportant avec une marge supérieure à une seconde. C’est le début d’une courte mais remarquable carrière qui va voir la jeune Française inscrire son nom sur les tablettes officielles des records du monde, tenues à jour par la toute jeune Fédération Sportive Féminine International d’Alice Milliat, à une époque où l’IAAF tout comme le CIO ne souhaitaient pas voir le sport féminin se développer. Delapierre sera ainsi chronométrée en 13"4/5 le 3 juillet 1921 à Pershing lors des championnats de France, décrochant à l’occasion un nouveau titre de championne de France, titre qu’elle avait conservé en 1920.

Ses qualités lui vaudront aussi de souvent participer aux relais, comme aux championnats de France du 4 x 250 m en 1920 avec une autre victoire, ou lors des Jeux Internationaux Féminins à Monaco en 1921 et 1922. Elle quitte probablement les stades en 1923 et celle dont les prénoms étaient en fait Marie et Pauline, décédera le 25 février 1939 à Paris

Crédit photo : La Vie au Grand Air, Germaine Delapierre à gauche, devançant Suzanne Liébrard

 
Last Updated on Monday, 14 August 2023 12:37
 
Trekkenfild numeri 120 e 121: puoi leggerne due, ma non ne paghi neppure uno PDF Print E-mail
Wednesday, 09 August 2023 15:30

alt  alt

Ultimamente abbiamo accumulato un po' di materiale, il nostro redattore pelandrone ha battuto ancor più la fiacca, e inoltre attua uno sciopero a singhiozzo per avere un aumento del già cospicuo emolumento che l'Archivio Storico gli elargisce. Ma visto quel che succede per i nullafacenti del famigerato Ponte sullo Stretto, il famoso Sdm, un po' di ragione ce l'ha anche il nostro redattore. Fra i residuati virtual-cartacei c'erano anche due numeri di «Trekkenfild», pubblicazione che i nostri presunti, meglio virtuali, lettori conoscono già. In vista dell'imminente Campionato del mondo nella pianura della Pannonia (colonia romana, lo sapevate?) vi proponiamo la lettura dei numeri 120 e 121. Abbiamo detto: proponiamo. Poi fate quel che vi pare.

Last Updated on Friday, 11 August 2023 06:27
 
Gino Paterlini, un Coppi della 4x400, lo definì Gianni Brera con la sua fervida prosa PDF Print E-mail
Wednesday, 09 August 2023 15:05

alt

 

"Dopo una stagione massacrante e, di conseguenza, mediocre, il bresciano Gino Paterlini si presentò con grave ritardo alle gare del 1946: ma Calvesi, suo allenatore, sapeva dove arrivare: Paterlini scese in pista a Milano il 19 maggio 1946 e battè Lanzi, il grande Lanzi, in 48"6. E nella staffetta 4x400, partito con quindici metri di svantaggio sul rivale, lo riprese a mezzo dell'ultimo rettilineo con un inseguimento memorabile, lo staccò di prepotenza negli ultimi metri. Tre cronometri testimoniarono alla fine della classe di Paterlini: due 47", un 46"9. Da allora Gino non ha più reso secondo le sue possibilità se non agli assoluti del 1947 (48"7) e contro l'Ungheria (48"8): motivi di lavoro - sappiamo - e però suo padre gli ha assicurato tre mesi di vacanza in vista delle Olimpiadi. Allora rivedremo Gino fra i primi quattrocentisti europei, il Coppi della 4x400". Anche in una notizietta a corredo di una foto si può fare del bello scrivere. Altri tempi, tempo di Gianni Brera - e non solo lui - quando le vittorie non erano «da urlo», «alla grande», quando gli atleti non erano «cannibali», e si chiamavano con il loro nome e non con questi stucchevoli diminutivi, il Bez, il Pecco, o Ciccio Formaggio, o altre asinerie di questo tipo. Era giornalismo sportivo, colto, elegante, alfabetizzato, anche in una didascalia. Oggi, troppo spesso, la lingua italiana, scritta o parlata, è un optional.

Parliamo di Luigi Paterlini, per tutti, in casa e fuori, Gino, perchè oggi compirebbe cento anni: 9 agosto 1923, 9 agosto 2023. Voi pensate che qualcuno se ne sia ricordato? Soprattutto a Brescia, la sua città natale? Eppure è l'unico bresciano dell'atletica leggera ad essere arrivato ad una finale olimpica, Londra 1948. Finale a quei tempi significava primi sei, e oggi primi otto. Ebbene, Paterlini entrò con gli altri suoi compagni della 4x400 nei primi sei. La staffetta italiana si classificò direttamente per la finale: tre batterie, le prime due di ognuna a giocarsi le medaglie. L'Italia corse la prima: Stati Uniti avanti in tranquillità (3'12"6), azzurri poco dietro, secondi (3'14"0), eliminati i padroni di casa inglesi (3'14"2), e i due decimi la dicono lunga sulla lotta che ci fu fra i due quartetti. Poteva essere un'altra medaglia, avrebbe potuto...ma, in finale, il giovane milanese Gianni Rocca, diciannovenne, primo frazionista, dopo 100 metri ebbe uno strappo muscolare, e addio sogni di gloria. Vinsero gli americani (3'10"2), secondi i francesi (3'14"8). Solo rimpianto per noi.

Gino Paterlini si rifece, parzialmente, due anni più tardi, ai Campionati d'Europa, a Bruxelles. In finale il quartetto azzuro partì con il catanese Baldassarre Porto, poi toccò ad Armando Filiput - che due ore prima aveva vinto il titolo sui 400 metri ostacoli -, quindi la frazione di Paterlini cronometrato 48"2, infine la furiosa corsa dell'ecclettico sardo, sassarese, altro pupillo di Calvesi, Tonino Siddi, 46"5. I britannici chiusero in 3'10"2 (stesso tempo degli americani a Londra), gli azzurri in 3'11"0, nuovo primato nazionale. un tempo che valevano anche due anni prima ai Giochi Olimpici. Paterlini fu finalista anche nella gara individuale.

Adesso lasciamo spazio ad uno scritto di Alberto Zanetti Lorenzetti, uno dei nostri soci fondatori e autore di un bel libro edito in occasione dei primi quaranta anni di vita dell'Atletica Brescia: «I colori della Leonessa - Atletica Brescia 1950-1990», libro che poi ebbe successive edizioni e aggiornamenti. In quelle pagine, che ripercorrono le vicende societarie ed agonistiche del sodalizio bresciano, l'autore dedica singoli ritratti a quegli atleti che diedero lustro al club, e fra questi uno è dedicato a Gino Paterlini. Lo riproduciamo integralmente.

"L'annuario dell'atletica leggera bresciana del 1975 venne dedicato da Bruno Bonomelli ed Ottavio Castellini al «miglior atleta che sia stato finora espresso dalla terra che giace fra l'Oglio e gli immissari ed emissari del Garda». Nato a Brescia il 9 agosto 1923, la fase iniziale della carriera di Paterlini venne così descritta nel 1943 dalla rivista federale «Atletica»: iniziatosi all'attività atletica nel 1940 attraverso le gare di propaganda della G.I.L., Paterlini prese parte inizialmente ad alcune gare di lancio del peso e di salto in alto. Il suo allenatore, Santo Bruni, lo indirizzò presto alle corse, e nelle prime prove disputate il buon atleta bresciano diede modo di far conoscere la sua classe, la sua potenza e soprattutto la serietà dei suoi propositi». Dal G. S. Tito Speri, Paterlini emigrò l'anno successivo al G.S. Pro Patria Oberdan di Milano, società nella quale militavano numerosi atleti bresciani. Si impose all'attenzione vincendo il titolo nazionale dei III serie nei 400 metri. Il suo primo anno d'oro fu il 1942, durante il quale nella distanza dei 400 metri vinse una importante manifestazione nazionale di propaganda dell'atletica leggera, il «Q.44», i campionati italiani della G.I.L., e dei II serie, guadagnò la medaglia di bronzo dei campionati nazionali assoluti, ma soprattutto giunse al titolo italiano della massima categoria con la staffetta 4x400 metri e venne per la prima volta convocato in nazionale per l'incontro con la Svizzera a Zurigo.

"La guerra lasciò ben poco spazio all'attività atletica del 1943. In quel breve scorcio di stagione giunse il secondo titolo nazionale assoluto, sempre con la staffeta del miglio della Pro Patria. Negli anni '44 e '45 la Forza e Costanza ricostruì una forte sezione di atletica riuscendo a radunare i numerosi atleti bresciani che gareggiavano in società di fuori provincia, ed ai primi campionati del dopoguerra, con i colori del sodalizio bresciano, Gino ebbe il secondo momento di gloria andando ad imporsi nei 400 metri piani, nei 400 ostacoli e con la staffetta 4x400 metri, nella quale erano presenti anche il fratello Luciano, Aldo Falconi e Rolando Squassina. Nelle batterie dei 400 metri di Oslo si esaurì la sua prima esperienza di un campionato d'Europa: ben diverse soddisfazioni gli avrebbero dato gli Europei di Bruxelles quattro anni più tardi. Nel 1947 passò con il gruppo di atleti di Sandro Calvesi al C.S.I. Brescia [...] partecipazione all'OLimpiade di Londra ed agli Europei del 1950, i suoi tre titoli nazionali assoluti, i due primati italiani e le sei presenze ad incontri della rappresentativa azzurra. Alla fine del 1950 iniziò il suo disimpegno dall'attività aportiva. Riprese nel 1952, ma un infortunio muscolare ad inizio stagione cancellò ogni velleità, e determinò il definitivo ritiro. Il grande atleta scomparve prematuramente a Brescia il 23 ottobre 1974".

Primati personali: 100 metri, 11"0 (1943); 200 metri, 22"1 (1950); 400 metri, 47"9 (1948); 800 metri, 1'57"4 (1942); 400 metri ostacoli, 54"4 (1948). Ha fatto parte dei quartetti che hanno stabilito il primato nazionale nella staffetta 4x400 (3'11"0, con Porto, Filiput e Siddi, a Bruxelles il 27 agosto 1950) e in quella 4x200 (1'27"3, con Moretti, Siddi e Leccese, a Brescia il 4 novembre 1950).

Last Updated on Thursday, 10 August 2023 06:35
 
Il nostro socio Giulio Salamina piange la perdita della moglie Maria, gli siamo vicini PDF Print E-mail
Tuesday, 25 July 2023 04:52

Un grande dolore ha colpito il nostro socio bresciano Giulio Salamina. Sabato mattina, nella Clinica S. Anna, a Brescia, dove era stata urgentemente ricoverata, è deceduta la moglie Maria. Affetta da aggressiva malattia diagnosticata solo pochi mesi fa, nulla è stato possibile fare per salvarla, né l'intervento chirurgico né le cure successive. Nella prima mattinata di sabato un repentino e inarrestabile peggioramento; la corsa verso l'ospedale e il deciso intervento dei medici a nulla sono valsi.

Ci stringe il cuore pensando al dolore che sta provando il nostro amico Giulio, una delle più belle persone che abbiamo conosciuto nel mondo dell'atletica bresciana. Il nostro sport è stato una parte importante della sua vita. Operaio fin da giovanissima età, ai tempi in cui non si viveva di sussidi, ristori, carte acquisti, e altre elemosine varie, ma si andava a tirare la lima presto in fabbrica o dagli artigiani, e si portava a casa un piccolo ma dignitoso stipendio, frutto del proprio lavoro. Ma Giulio trovava anche il tempo di allenarsi, di correre, bravo giovane mezzofondista agli inizi degli anni '60, predilezione per la corsa campestre, erano i tempi dei saggi insegnamenti di Bruno Bonomelli e degli esempi di un campione di limpida classe come Franco Volpi e di un altro protagonista di quei tempi, Albertino Bargnani. Giulio vestì la maglia azzurra della Nazionale juniores, nel 1962, a Pescara, 1500 metri siepi, in un incontro internazionale di categoria. La passione per la corsa non l'ha mai abbandonato; memoria ferrea, cita risultati e ordini d'arrivo di decenni fa come se li stesse leggendo al momento. Grandissimo lettore, poca scuola, ma feroce passione di apprendere. Un galantuomo della classe operaia, come non ce ne sono quasi più, purtroppo.

Giulio, per quel che possiamo, ti siamo vicini in questo doloroso momento.

Last Updated on Tuesday, 25 July 2023 12:56
 
<< Start < Prev 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Next > End >>

Page 9 of 255