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Chi fu il più veloce? «Zacharia, pronti, via», o il prussiano Armin Hary? PDF Stampa E-mail

Questo articolo fu scritto da Gianni Brera il 5 settembre 1960. Dopo averlo letto viene spontanea, almeno a noi, una domanda: la partenza di Hary era regolare o non lo era? Delle due l'una: se era regolare, non c'è trippa per gatti. Se non era regolare, signor Pedrazzini, perchè non lo ha squalificato? Per usare una frase che un collega ci ha riferito come molto frequente nel linguaggio breriano, fra colleghi,  ci sembra che il signor Pedrazzini, per darsi delle arie da quello che ha capito tutto, faccia delle seghe ai grilli. Dire poi che imbrogliava è da Codice Penale, se non hai le prove, perchè se le hai lo squalifichi. Se non le hai, stai zitto. Dice Pedrazzini: se ci fossi stato io a Zurigo...eh, cosa avrebbe fatto? Quello che hanno fatto gli svizzerotti, han fatto ricorrere la gara, e quando, con un altro starter, ha dato lo stesso esito (10" netti), si son messi la coda tra le gambe, e a casa. La verità, secondo noi, è che trattandosi del primo 10" netti nella storia dei 100 metri, hanno tutti avuto repentini movimenti intestinali.

Anche 'sta ridicola caccia all'imbroglione: uno che gli guarda i piedi, le mani, il sedere, quasi fosse un Arsenio Lupin da prendere con le mani nel sacco. E invece il signor Arsenio - Armin, in barba a tutti i Pedrazzini e i Maregatti del mondo, si è portato a casa il titolo olimpico dei 100 metri con pieno merito. Lasciandosi dietro tutto il meglio che c'era in circolazione in fatto di velocità: il lungagnone americano Sime. il british Radford - poi futuro professore universitario -, il tosto cubano Figuerola, «El Figaro» come lo chiamavano i suoi compatrioti scesi dalla Sierra Maestra a cacciare il dittatore Batista, e altri due yankee, Frank Budd, di cui si dicevano meraviglie, e il supereclamizzato Ray Norton, la più grande delusione americana.

Hary passeggiò in batteria (secondo, 10.74, elettrico, si seppero dopo anni i tempi elettrici), vinse quarto di finale (10.32, su Sime), semifinale (10.41, ancora su Sime) e finale (10.32, e dagli, ancora su Sime). De che stamo a parlá? E lei, illustre pistolero olimpico, ha sparato tre di queste quattro gare. Che dobbiamo dedurne? Se davvero il prussiano imbrogliava, lei non ci fa una gran bella figura...o no? Con tutto il rispetto, per carità.

P.S. - «Zacharia, pronti, via», così venivano chiamati, a quel tempo, ironicamente, in Italia, gli starter svizzeri.

 

L'astuto ginocchio di Hary

I giudici di partenza all'Olimpiade di Roma sono tre; Ruggero Maregatti, Primo Pedrazzini e Camillo Sivelli. I primi due sono milanesi. Maregatti è stato grande sprinter ai suoi bei giorni e ha spesso battuto Toetti sulle due distanze dello scatto. Primo Pedrazzini, invece, è stato ed è tuttora soltanto un patito dell'atletica. È cresciuto però alla scuola del grande Giuseppe Alberti e di Mario Riccoboni, due onorevolissimi velocisti divenuti mossieri al termine della carriera. Attualmente, Pedrazzini viene considerato il miglior starter d'Italia. E proprio a lui è toccato "preparare" le partenze degli scattisti dell'Olimpiade. Pedrazzini è piccolo e ha il complesso di Napoleone. La sua voce è grave ed energica, il suo sguardo sa corrucciarsi al momento più opportuno. Per prepararsi degnamente all'Olimpiade, è stato due settimane a Schio con gli olimpionici italiani. Poi è venuto a Roma e ha frequentato i campi di allenamento, mettendosi a disposizione degli scattisti di ogni Paese, americani compresi. Il solo che non si sia mai presentatoper farsi dare il via è stato Armin Hary, che evidentemente ha dichiarato guerra a tutti gli starter del mondo. Pedrazzini ha dato il via a molti grandi campioni degli ultimi sei cicli olimpici. Appena dopo Berlino, ha avuto all'Arena di Milano anche Peacock, il grande rivale di Owens, la Perla Nera. Nel dopoguerra ha "mosso" un po' tutti, compreso Fuetterer e Germar. Ma Hary, no. E Pedrazzini confessa di non aver dormito più notti, pensando a lui e al suo demoniaco guizzo.

Di Hary se ne dicevano molte dal giorno stesso della finale di Stoccolma (dove era andato anche Pedrazzini). A Zurigo, Haryaveva sicuramente incontrato un mossiere veloce e un cronometro pigro. Ma il 10" netti era stato ripetuto con due diversi mossieri, durante la stessa riunione, e Pedrazzini non sapeva darsi pace.

Armin Hary arrivò a Roma buon ultimo, come si addice ai grandi personaggi.Pedrazzini lo attese invano all'Acquacetosa e alle Terme: Hary mantenne per sé il proprio segreto di sprinter fenomeno. Poi, finalmente, vennero le gare. In batteria, tutto quieto: gli avversari non erano tali da costringere Hary a fare il furbo. Ma con i quarti di finale iniziò la musica. Ruggero Maregatti accoccolato all'esterno a guardare le mani e i piedi ai "pronti" e ai "via". Lui, Pedrazzini, sul suo podietto, poco discosto dalla corda, la gran pistola puntata al cielo.

I comandi alla voce dello starter sono due: "a posto" e "pronti". Poi spara.

Al comando di "a posto" gli scattisti raggiungono i blocchi di partenza e vi si dispongono con le mani e il ginocchio destro a terra. Al comando successivo di "pronti" gli scattisti alzano il ginocchio destro, tendono le braccia (con le mani sempre a terra) e rimangono nella posizione di agguato che è tipica di un felino pronto a balzare sulla preda. 

Al primo botto di Pedrazzini, Hary era già all'impiedi e spingeva come un dannato. Pedrazzini lasciò correre («L'è un fenomeno» disse «Però, el me frega»).

Alle semifinali, ancora un guizzo fasullo di Hary sul primo botto di Pedrazzini: ma venne subito frenato da un secondo sparo, non appena ebbe fatto il terzo passo.

«Warum?», domandò hary quando Maregatti gli ebbe rifilato il rettangolo giallo della partenza falsa:«Perchè?».

«Sta quiet, roder», gli ingiunse Pedrazzini corrucciandosi più di sempre. Allora Hary, ingrugnato, attese lo sparo e partì con gli altri. In finale, naturalmente, ritentò per istinto la gherminella: e Pedrazzini lo fermò di nuovo.

«Ma allora» io chiedo «che cos fa precisamente questo Hary?».

«Che cosa fa? Ci vuole un po' per capirlo: però è certo che bara. All' "a posto" si dispone come tutti: al "pronti" finge di alzare il ginocchio destro fino a tendere la gamba: in realtà, lo alza soltanto un poco e seguita a tendere la gamba, lentissimamente, cioé seguita ad alzarsi, mentre tutti i suoi avversari sono già immobili, come prescrive il regolamento. Dalla vostra tribuna non si vede, ma il movimento del ginocchio di Hary è continuo: e lo sparo lo coglie che è già quasi avviato cioè in condizioni di spingere anche col piede destro e di buttare violentemente il peso del corpo sul sinistro. In sostanza, Hary imprime una spinta in più degli avversari mentre il mossiere esplode il colpo. E così si capisce come guizzi letteralmente via dai blocchi. Tutti i suoi riflessi, per via di quella spinta suppletiva e galeotta, vengono automaticamente accelerati: il resto, si capisce, è molto più facile...E se lo fermi, poi, dice "Warum?", "Perchè?", con l'aria più candida di questo mondo. Ma Ruggero e io lo abbiamo capito in tempo, e non ci ha più fregati. Tutto qui il segreto della partenza di Hary».

«Però anche senza trucco...».

«Ah, se capiss: l'è in gamba. Ma avrei voluto esserci io, la sera del 10" netti».

Così ha detto Pedrazzini, starter dell'Olimpiade: e grazie a lui abbiamo forse capito anche Hary.