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Oscar e Danilo, vite parallele con un denominatore comune: l'atletica PDF Stampa E-mail

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Siamo orgogliosi di presentare su questo spazio una ricerca del nostro amico Alberto Zanetti Lorenzetti, che, dopo oltre venti anni di ricerche, può essere oggi considerato a pieno titolo uno degli storici più preparati del movimento sportivo che ha interessato quel vasto, e tormentato, territorio orientale dell'Italia al confine con la ex Jugoslavia e la Slovenia. Alberto, da mesi, lavorava alla ricostruzione delle carriere sportive e delle vite di due fratelli originari di quelle terre: Oscar e Danilo Cereali. L'aiuto determinante della figlia di Danilo, signora Anna Maria Cereali, gli ha consentito di produrre questo lavoro, che non è una pura e semplice elencazione di risultati atletici - pur nella meticolosa precisione dell'autore - ma una sorta di «vite parallele romanzate», in particolare per l'avventuroso Danilo. Siamo davvero grati ad Alberto per questo contributo, che presenteremo in diverse puntate.

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Lettura delle foto (dall'Archivio della signora Anna Maria Cereali). La prima, in alto, fu sicuramente scattata allo Stadio Mussolini di Torino il 20 luglio 1941, seconda giornata dei Campionati italiani, a conclusione della gara di lancio del martello: da sinistra, l'allenatore americano Boyd Comstock, quindi il ventunenne «gigante di Bondeno» Teseo Taddia, che quel giorno aveva stabilito, con 51,96 il suo primo primato italiano, migliorando il precedente, 51,66, di Michele Venanzetti; quindi, Mario Sargiano (classe 1915), con la tuta della Fratellanza Savonese, secondo classificato, e Oscar Cereali, terzo classificato. Nella foto successiva, orizzontale: siamo nel 1937, Comstock, di spalle, con l'immancabile feltro rotondo sul capo, di fronte a lui, con coppola, il gen. Giorgio Vaccaro, a quel tempo Segretario del C.O.N.I. e presidente della Federazione Gioco Calcio: il primo a destra, a torso nudo, è Oscar Cereali; al centro, con una canottiera completamente bianca, l'astista fiorentino Danilo Innocenti. Nelle due foto verticali: a sinistra, datata 1938, Oscar Cereali in allenamento; a destra, Beppone Tosi (con la tuta della Società Sportiva Parioli Roma, quindi la foto è stata scattata prima di settembre, perchè da quella data il discobolo passò alla S.S. Bruno Mussolini Roma) e a fianco Oscar e Danilo Cereali. Tosi e Danilo avevano gareggiato insieme a Torino nei Campionati nazionali: terzo Danilo (43.85), quinto Tosi (42.20). Il titolo fu vinto da Adolfo Consolini. Fu anche l'occasione per il primo confronto diretto fra l'agricoltore di Costermano e il corazziere novarese.

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Il nostro confine orientale ha una lunga storia fatta di drammi – si pensi alle battaglie del Carso del ’15-‘18, alla politica repressiva fascista, ai massacri con rappresaglie e contro-rappresaglie  del secondo conflitto mondiale fino al terribile epilogo delle foibe – e tensioni create dalla Guerra Fredda prima e dopo la rottura fra i comunisti di Stalin e quelli di Tito. Poi un disinteresse dal quale non siamo usciti nemmeno oggi. Nel dramma sanitario odierno sappiamo tutto quello che avviene in Cina, India, Stati Uniti, Gran Bretagna, Spagna, Francia e Germania, ma chi ha avuto notizie di quello che sta accadendo in Slovenia e Croazia? Eppure sono i nostri vicini di casa. La storia che raccontiamo è una storia che nasce da quel confine, quella di due fratelli, Danilo e Oscar Cereali, che hanno messo l’amore per l’atletica al di sopra di tutto.

Per la non facile ricostruzione delle vicende dobbiamo un caloroso ringraziamento ad Anna Maria Cereali, figlia di Danilo e nipote di Oscar. La sua testimonianza diretta, i documenti e le fotografie che ci ha permesso di visionare e riprodurre, sono stati fondamentali. Un ringraziamento va anche a Bruno Križman per le notizie che ha fatto avere al nostro Archivio Storico su Danilo Cereali.

Danilo e Oscar Cereali, atleti di confine

di Alberto Zanetti Lorenzetti

La “geografia fisica” ci dice che Duttogliano (Dutovlje in lingua slovena) è un piccolo paese del Carso a poco più di trecento metri sul livello del mare, l’Adriatico, dal quale dista 10 km in linea d’aria. La “geografia politica” aggiunge che questo piccolo borgo è in Slovenia, essendo frazione del comune di Sesana, a circa 6 km dal confine di Stato e 17 km da Trieste. Fra il 1918 e il 1991 i suoi abitanti hanno cambiato per quattro volte la nazionalità, passando dall’Impero Austro-ungarico al Regno d’Italia, poi alla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia finché si arrivò all’indipendenza della Repubblica di Slovenia.

La nostra storia inizia il 29 dicembre 1913 con la nascita di Oskar, primogenito di Luigi Žerjal e Maria Štolfa. Pochi mesi dopo l’Impero asburgico entrò in guerra dando il via ad anni di stenti e privazioni in tutto un continente. Finalmente alla fine del 1918 le armi tacquero e l’11 febbraio del 1919 venne alla luce il secondo figlio, Danilo. I due fratelli crebbero a Duttogliano in un territorio dove il sostentamento delle famiglie veniva dal duro lavoro dei campi, e molte analogie ci fanno pensare al luogo natale di Adolfo Consolini, Costermano: entrambi paesini di un entroterra (del Garda l’uno e dell’Adriatico l’altro) con una morfologia collinosa punteggiata da piccoli borghi e cascinali che obbligava la popolazione a spaccarsi la schiena per assicurare il pane alle famiglie. Ovviamente di impianti e società sportive non se ne parlava nemmeno, per cui il contatto con lo sport sia per Adolfo che per Oskar e Danilo fu casuale.

All’inizio degli anni Trenta – nel frattempo per volontà della politica fascista il cognome Žerjal venne italianizzato in Cereali – Oscar (anche i nomi di battesimo avevano dovuto adeguarsi) fu arruolato nella Regia Guardia di Finanza, venendo dapprima spedito a Napoli per poi essere trasferito a Roma nel 1935, dove trovò l’ambiente ideale per la sua passione sportiva nel Gruppo Sportivo di atletica dei finanzieri, le Fiamme Gialle, che era stato costituito nel 1930. Si guadagnò fin da subito la permanenza nel sodalizio sportivo militare andando a vincere la gara di lancio del martello dei Campionati dell’XI zona, cioè il Campionato regionale laziale, raggiungendo la misura di 28 metri. La sua passione per la fotografia ci ha lasciato una ricca testimonianza del periodo trascorso a Roma.

Nel 1938 lo raggiunse il fratello Danilo, arruolato anch’egli nella Guardia di Finanza e ben presto distaccato al Gruppo Sportivo delle Fiamme Gialle. Fisico altrettanto robusto, stessa passione per i lanci, in particolare il peso e il disco. I miglioramenti per entrambi furono costanti: nel 1939 Oscar superava di un metro e mezzo la linea dei 41 metri ed era ventesimo nelle liste stagionali del suo attrezzo preferito. L’anno dopo, il 1940, salì alla ribalta Danilo, che vinse il Campionato nazionale di Seconda Serie nel peso, arrivò secondo nel disco e concluse la stagione con misure superiori ai 40 metri nel disco e i 13 metri nel peso (più esattamente 40,24 e 13,03 metri). In quell’anno iniziò ad essere disputata la manifestazione di propaganda Gran Premio Quadriennale «Q. 44», una fortunata iniziativa che svezzò parecchi futuri campioni. Danilo si impose nel lancio del peso, fu terzo nel disco e quattordicesimo nel martello, facendo di meglio l’anno dopo, quando fu nuovamente primo nel peso, ma aggiungendo anche la vittoria nel disco e il settimo posto nel martello. Il vertice della stagione 1941 per i due fratelli fu il fine settimana del 19 e 20 luglio, data del Campionato italiano disputato a Torino, quando entrambi salirono sul terzo gradino del podio. Danilo con 43,85 metri si era piazzato terzo nel disco, medesima posizione di classifica ottenuta da Oscar nel martello con 45,66 metri. Ormai si era in piena guerra. Oscar si sposò con Albina Stok nel settembre 1942, al termine di una stagione che fece registrare il 45,03 metri di Danilo, quinto nella classifica stagionale del disco, ormai la specialità preferita che nel 1943 in Italia lo vedeva inferiore solo ad Adolfo Consolini e Beppone Tosi sia ai Campionati nazionali che nella “Top 10” grazie alla misura di 47 metri e 15 centimetri.

E venne l’8 settembre 1943. Oscar rimase in servizio nella Guardia di Finanza in Nord Italia, riuscendo anche a prendere parte a una gara di lancio del martello che si svolse a Casale Monferrato il 15 aprile 1945. Ben diverse furono le vicende di Danilo che, fatto prigioniero dai tedeschi in Albania e internato in campo di concentramento dapprima in Germania e poi in Cecoslovacchia, approfittò della possibilità di aderire alla proposta di continuare a combattere contro gli Alleati, ma con l’intenzione di tornare a casa, e quindi, non appena gli fu possibile, a Mestre se la diede a gambe venendo nuovamente catturato e riportato da dove era fuggito. Fu autore di una seconda evasione che questa volta riuscì, tornando al borgo natale il 14 gennaio 1944. Ma, come si suol dire, il paese è piccolo e la gente mormora, e qualcuno mormorò anche a Duttogliano, tanto che subito dopo il suo ritorno bussarono alla porta di casa i partigiani jugoslavi. E Danilo li seguì.

Alla domanda se fu una scelta di campo ideologica risponde la figlia Anna Maria: “Mio padre non fu autore di azioni dettate da un credo politico. Né al momento dell’opportunità del rientro in Italia dai campi di prigionia di Germania e Cecoslovacchia, né quando venne reclutato dai partigiani. Si può dire che venne trascinato dagli eventi e che la sua vera passione era l’atletica, tanto che quando ne aveva la possibilità portava con sé un disco”.

Cessate le ostilità, fu ripresa subito l’attività sportiva. I militari jugoslavi entrarono in Trieste il 1.o maggio 1945 e vi restarono per 40 giorni, ma ancora prima del loro sgombero, il 13 maggio, si disputò una partita di calcio fra una rappresentativa triestina e militari scozzesi, alla quale seguirono – nonostante la grande tensione presente in quei giorni – altri incontri che videro in campo militari jugoslavi, inglesi, neozelandesi e civili giuliani.  Anche gli atleti tornarono a calcare pista e pedane il 22 maggio. Si rividero in azione Albano Albanese, Valentino Pellarini, Ercolino Delli Compagni, Pino Kressevich, Rodolfo Crasso e il nostro Danilo che, toltasi per l’occasione la divisa di partigiano, indossò la maglia della Giovinezza Trieste, primeggiando nelle gare di lancio del peso e del disco.

Ma Danilo era un militare dell’esercito jugoslavo e, dopo le gare disputate allo Stadio di San Sabba, la sua carriera di lanciatore proseguì nella neonata Repubblica jugoslava tornando ad avere sui documenti di identità il cognome che il regime fascista aveva cambiato: Žerjal. Le sue capacità atletiche non passarono inosservate e, dopo qualche gara in Slovenia e Croazia, entrò a far parte del Fiskulturno društvo Centralnog doma Jugoslovenske armije Partizan (Società di cultura fisica della casa centrale dell’esercito jugoslavo Partizan) di Belgrado, continuando quindi ad essere in divisa.

(segue)