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"Atletica Studi" ha segnalato il nostro libro che raccoglie gli atti del Convegno su Bruno Bonomelli PDF Print E-mail

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Abbiamo ricevuto in questi giorni il nuovo numero (2013/1-2) della rivista "Atletica Studi", trimestrale di ricerca scientifica e tecnica applicata all'atletica leggera edito dalla F.I.D.A.L. e giunto al 44esimo anno di vita. La nostra attenzione è stata richiamata da una recensione pubblicata a pagina 98: a corredo della copertina del nostro libro, una quindicina di righe ricordano il Convegno da noi organizzato a Brescia, nel novembre 2010, a ricordo dei cento anni della nascita di Bruno Bonomelli. "Tra le varie relazioni, sul Bonomelli tecnico vi figurano - riprendiamo integralmente - interventi di Gabriele Rosa e Enrico Arcelli, che ricordano alcune felici intuizioni (in grande anticipo sui tempi) del compianto professore bresciano a riguardo della preparazione per la maratona".

Ringraziamo la redazione della rivista per questa segnalazione. Ricordiamo a chi fosse interessato a prenderne visione che "Atletica Studi" è disponibile sul sito della Federazione italiana www.fidal.it. Fra gli interventi di grande interesse pubblicati in questo numero la seconda puntata di un lavoro storico del nostro vicepresidente Marco Martini su "Militari brava gente". Sempre nel caso ci fosse qualche appassionato interessato al libro degli atti del Convegno, informiamo che ne abbiamo a disposizione ancora un po' di copie: contributo all'A.S.A.I. di 15,00 Euro (spedizione compresa), i dettagli per il versamento alla voce Benvenuti in ASAI.

Da parte nostra, cogliamo questa opportunità per invitare alla lettura del testo che Martini lesse in occasione del Convegno, dal titolo "Pala, piccone e microscopio", indicazione di un serio metodo di ricerca nel campo della storiografia sportiva. Un piccolo capolavoro, per chi lo vuol capire.

 

«Se la Ricerca invade sempre più l’attività umana,
non si tratta né di fantasia né di moda, né di caso.
Semplicemente l’Uomo, diventato adulto,
si trova irresistibilmente spinto a prendersi carico
dell’evoluzione della vita sulla Terra,
e la Ricerca diventa l’espressione stessa di questo
sforzo evolutivo, non solo per sussistere,
ma per essere di più»

L’11 aprile 1965, in un convegno di studiosi dell’atletica leggera italiana, nel suo intervento Bruno Bonomelli segnalava un clamoroso errore storico comparso sul primo degli annuari pubblicati dalla FIDAL, anno 1931, ad opera di Bruno Zauli. Sottolineava poi come l’abbaglio di Zauli fosse ricopiato pari pari sul secondo annuario apparso a cura della FIDAL, quello del 1950, opera di Pasquale Stassano, e ancora nel 1961 (rivista «Atletica» 27 maggio) in uno scritto del presidente FIDAL Giosuè Poli. E insisteva sulla importanza della ricerca per coloro che credono fermamente nell’idea di progresso3. Non era una critica buttata lì solo a effetto, ma come tutti sanno fu suffragata dai fatti, perché il bresciano fu il primo a compiere studi seri sul passato dell’atletica italiana.

Ora, la domanda è: possiamo dare ragione a Bonomelli sulla relazione tra ricerca e progresso umano? Soffermiamoci su un dato incontestabile: 150 anni fa i ricercatori erano pochissimi, e per lo più ritenuti degli «eccentrici»; oggi sono migliaia, sia nel campo storico sia in quello sperimentale, e molte volte anche associati e organizzati tra di loro. È grazie a questi individui che oggi l’Uomo è in grado di conoscere molto meglio di 150 anni fa il Fenomeno in cui si trova avvolto, e per la prima volta è potenzialmente in grado di indirizzarlo nel senso giusto. Se riuscirà a farlo o meno, dipende da quali saranno gli interessi che prevarranno. Gli studiosi possono, tramite le loro ricerche, segnalare i problemi e proporre le soluzioni, ma non gestiscono il potere. In un’èra scientifica come quella in cui viviamo, la ricerca è diventata comunque un tale elemento chiave da aver fatto il suo ingresso persino in un ambito che molti ritengono immutabile, quello spirituale. C’è infatti chi l’ha proposta come principale mezzo ascetico moderno, esprimendosi nei seguenti termini: una volta scoperto dalla Scienza che la vita è nata per evoluzione e che diviene sempre più cosciente dei meccanismi che la regolano, in questa evoluzione verso un Qualcuno in cui tutto trova significato e compimento, io avvicino me stesso e l’umanità intera a questa Persona Suprema verso cui tutto tende e in cui tutto si va raccogliendo, non più imitando il modello etnocentrico propostomi dalla tradizione ma, al contrario, gettandomi alla ricerca degli elementi che ancora non sono stati valorizzati (Pierre Teilhard de Chardin, Mircea Eliade).

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