Messaggio
L'oro della medaglia olimpica non sbiadisce mai: Pietro Paolo Mennea Stampa

alt    alt

Copertina della raccolta dei risultati delle gare di atletica ai Giochi Olimpici Mosca '80 e riproduzione della pagina 64 con il dettaglio completo della gara finale 200 metri uomini. Per poter leggere facilmente i risultati cliccare direttamente sulla pagina.

 

Era il 28 luglio 1980... Quel giorno...Stavolta abbiamo scelto lo scritto di uno dei nostri scriba preferiti. Di lui, non serve dire niente: qualunque parola, aggettivo, sarebbe solo un maldestro insulto. Diciamo che l'articolo è datato 17 agosto 1982, il giornale è «la Repubblica», il titolo «Lasciate che Mennea rincorra la sua rabbia», l'autore Gianni Brera. Il quale aveva lasciato qualche mese prima «il Giornale» di Indro Montanelli, e scrisse il suo primo articolo «repubblicano» il 20 marzo.

Abbiamo poi in serbo un altro elegantissimo «cammeo», che rimandiamo solo per non appesantire la lettura...domenicale. Fra il pranzo della festa, la pennica, e un po' di drogaggio televisivo, vien presto il tramonto. Quindi rinviamo a momenti di maggior lucidità. Anche perchè il «pezzo» merita attenta concentrazione.

La nostra scelta di oggi si stacca completamente della narrazione dell'evento che la data ci suggerisce di ricordare, ma attiene la personalità del campione olimpico. Per quella gara, se volete rivederla fino ad averla a noia, è sufficiente entrare su questo indirizzo.

Lasciate che Mennea rincorra la sua rabbia

di Gianni Brera

"Pietro Paolo Mennea ritorna dopo quindici anni di maceranti esercitazioni sui blocchi di partenza ed in curva. Mentre lo rapivano in cielo, ha avuto il coraggio di liberarsi da un kidnapping. Ho letto e sentito gente scandalizzata.Io mi sono divertito molto. Mennea è un dinarico misteriosamente finito in Puglia (dovrei dire meglio: misteriosamente rinato in Puglia, dove era normale che affluissero genti dell'altra riva). Secondo le norme ragionevolmente capziose degli entonologi, Mennea, Berruti ed Ottolina sono della stessa razza: tutti e tre hanno il crapottone più largo che lungo (brachicefali), più vicini alle genti alpine che alle mediterranee.

"Fra i tre, il più bello, in senso estetico, era ed è l'abatino Berruti; questa perfezione morfologica si traduceva in uno stile di corsa che richiamandomi a fin troppo ribadito «volitare» dovrei meglio definire angelico (e badate che non gioco sull'iperbole!). Sergio Ottolina, che ha fatto anche poco, stava a mezzo fra l'abatino e quel divino scorfano che è Mennea. Costui correva su due linee scandalosamente divise. Visto frontalmente, pareva che in partenza si fosse portato via il blocco e lo reggesse ora, assai buffamente, fra i glutei. Emanava da lui, l'orrendo fascino della bruttezza costituzionale. E complicava le cose (almeno in me) il saperlo povero (come me) e così rabbiosamente deciso a redimersi soffrendo.

"Una volontà spaventosa lo animava al di là di ogni convenienza estetica. A petto di Berruti, meglio, della sua immagine, pareva decisamente impudico. Che un diacono del vigore di Carlo Vittori lo avesse in cura, perigliosamente sfidando i rischi del centauro educatore, lasciava perplessi i malevoli: se lo tiene, essi dicevano, segno è che la penuria del vivaio è grande...

"Ma Pietro Paolo era un autentico stilista. La povertà lo immunizzava da scrupoli anche fastidiosi. Leggevi sulla sua faccia i tremendi ricordi della fame ereditaria: l'aveva e l'ha tutta sconvolta da piani astrusi. I suoi occhi non piccoli ma neri, luciferini, mandano languidi guizzi da occhiati incavate, sopra gli zigomi forti e sbilenchi, La bocca è larga, distorta, sopra un mento curiosamente deviato.

"Guardandolo da vicino, sentivo ingroppirsi la gola. Già per i poveri come me sono partigiano fino a farmi vergogna. Poi, mi affliggeva il suo stile, dal quale aborrivo come da un peccato dinamico senza perdono possibile. Giustificava la tenacia, il coraggio, l'impudicizia con il bisogno economico. Ma intanto mi andavo accorgendo che l'uomo rientrava fra le eccezioni più straordinarie. Come scattista, già, irrideva apertamenta all'istinto. Lo scattista naturale guizza dai blocchi e cerca di mettersi in corsa con le minori dispersioni possibili. Poco, di norma, gli può giovare la scuola. Quella che ha in pancia esprime secondo innata propensione a spingere e a lottare. Ma Pietro Paolo si macerava in tormentose sedute per limarsi come un poeta fa con i suoi versi non ancora soddisfacenti. Carlo Vittori andava plasmando per lui quella sagoma ingrata. E ingenti premi (agonisti, s'intende) ne risarcivano la sofferenza.

"Mennea non è dunque uno scattista naturale: è un miracolo di sintesi tecnica e morfologia. Dal misterioso sincronismo dei suoi arti in apparenza slegati fra loro viene espressa una armonia che si traduce in tempi clamorosamente rari su questa terra. Giuseppino Mastropasqua  vescovo della nostra parrocchia atletica, dice che i muscoli di Mennea non sono di carne, bensì di finissima seta. Li ha pettinati e prettati per oltre dieci anni migliorandoli a ritmi del tutto fuori dell'ordinario. Gli scattisti bruciano se stessi in un volo breve e pieno di affanno: Pietro Paolo rinasce agni anno come la mitica Fenice.

"Affiora puntualmente al primato mondiale (19 secondi 72 centesimi!), al titolo olimpico. E siamo tutti senza fiato di fronte a lui che umilia anche la nostra ragione. Come fatico a trattenermi ora dalle retorica gioia di averlo fratello in povertà! Giudicato secondo il metro comune, questo brutto scorfano è un iddio sceso fra noi in incognito a consolarci di non essre belli. La sua vera forza è un rovente ottimismo, la sua eccellenza tecnica è volontà mai rassegnata e quindi indomabile. Sul piano morale è il più mirabile e alto di tutti noi, atleti o caricature di atleti che noi siamo.

"Qualcuno ha rimore adesso che, non rassegnandosi a tornare, iddio misconisciuto, fra la gente comune e sconosciuta, abbia a ledere un'immagine che perdurando ci esalta e ci aiuta a vivere. A me pare questo banale egoismo! Pietro Paolo, dico, anatroccolo nero della favola, superbo cigno nella realtà degli stadi, noi ti dobbiamo tanta riconoscenza e tanta ammirazione da non poter in alcun modo contrariare i tuoi desideri. Vuoi tornare in pista? Avanti, fallo in grazia di Dio! E finalmente divertiti, se puoi, sii giovane almeno ora, all'età in cui gli scattisti di questa terra sono vecchi decrepiti. È tuo diritto, esser giovane, finalmente".