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L'oro della medaglia olimpica non sbiadisce mai: Sara Simeoni Print

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Copertina della raccolta dei risultati delle gare di atletica ai Giochi Olimpici Mosca '80 e riproduzione della pagina 36 con il dettaglio completo della gara salto in alto donne. Per poter leggere facilmente i risultati cliccare direttamente sulla pagina.

 

Era il 26 luglio 1980... Quel giorno...Vi lasciamo alla lettura di alcuni brani di quanto scrisse Elio Trifari sulla rivista «Atletica leggera», numero 248 - 249, agosto - settembre 1980. Trifari era giornalista alla «Gazzetta dello Sport», si occupava prevalentemente di atletica e sport olimpici; ricoperse anche la carica di vicedirettore, e in seguito fu direttore della Fondazione Candido Cannavò, curando la pubblicazione di parecchi libri. Ecco il suo racconto tratto dalle pagine della rivista che aveva la sua redazione a Vigevano e che è stata per oltre quarant'anni (fino al 2001) un punto di riferimento per l'atletica italiana. E per chi vuole, ecco qualche frammento televisivo di quella gara, con il commento di Paolo Rosi.

Sara diventa finalmente d'oro

"Possibile che, quella mattina del 26 luglio, quel sabato che Mosca apriva con il volto più imbronciato del solito, con gli scrosci violenti della pioggia, non riuscissi a trovare dentro di me neppure la traccia d'un presentimento, nemmeno la spia, l'indizio di quel tocco d'emozione che prelude ai momenti più importanti di un'Olimpiade? C'era, certo, la caduta di tensione che la consapevolezza d'uno sciopero in Italia - che t'impediva di fatto di riferire a botta calda su quello che avresti visto - t'induceva dentro; ma un livello più alto di partecipazione, conscia o sotterranea, avrei pur dovuto rintracciarlo, da qualche parte, dentro di me. Dopo tutto era la giornata di Sara Simeoni, l'appuntamento, dopo quattro anni, con una sfida che con intensa partecipazione emotiva avevo vissuto a Montréal, nel '76, anche allora con uno sciopero in Italia ad impedirmi di darne notizia immediata, ma con una concentrazione che mi aveva legato direttamente, e indissolubilmente, a qull'argento macchiato di lacrime.

"A oltre un mese di distanza, allorché scrivo questi ricordi, mentra Sara ha avuto il tempo di ritirarsi e di pentirsi più d'una volta, dopo il trionfo moscovita, potrei dire ch'era in me la serena consapevolezza d'un successo che non poteva sfuggire, d'una celebrazione che nessuno poteva sottrarre alla donna più alta del mondo. Ma, in realtà, non era solo questo: quell'apparente distacco aveva motivazioni più sottili e sfuggenti, era forse il desiderio di partecipare il meno possibile all'avvenimento, per essere, forse, vigliaccamente, il meno possibile coinvolto in un fallimento che non osavo neppure evocare.

"Quel pomeriggio al Lenin, l'intera stampa italiana s'era data convegno..

"...era su Ackermann e Kielan che s'appuntavano i nostri occhi, eran le prove della tedesca est e della polacca che seguivamo con la tensione peggio dissimulata, con l'attenzione più viva....Il passato era quel ventrale sublime che la Ackermann ha deciso di non mostrarci più...Vedere la Ackermann sciogliersi all'improvviso, a 1,91, era stato anche per me un colpo fiero...Dopo meno di due ore di gara, dalla scena dello sport mondiale usciva, quasi in punta di piedi, una delle più alte protagoniste dell'aultimo decennio...C'era anche da tremare a veder fuori la Ackermann, l'unica che la Simeoni davvero temesse...Azzaro addentava sigarette, e la Kielan dormicchiava sul manto sintetico, sbirciando la Simeoni. Sicurezza, spavalderia, incoscienza dei venta'anni? Lo avremmo saputo presto. «Io lo sapevo già», avrebbe detto dopo la Simeoni, l'unica ad essere sicura che l'Urzula si sarebbe elevata senza pecche fino ai suoi limiti, nella circoostanza l'1,94 che la progressione le imponeva, per arrendersi come davanti ad un muro invalicabile all'assalto degli 1,97. Era questa la quota della vittoria; era questa la quota che la Simeoni consegnava agli archivi dei Giochi...

"Il cliché delle lacrime, liberatorie e gioiose, accompagna da tempo le imprese della Simeoni...forse Sara sarebbe meno «vergognosa», come dice lei, di riferire dei suoi pianti...se avesse saputo quanto poco asciutii fossero rimasti gli occhi di tanti giornalisti italiani in tribuna...Durante l'intervista, mi sorprendevo a distrarmi più d'una volta, mentre Sara raccontava e ricostruiva le emozioni di una giiornata che ricorderà per sempre, e noi con lei....

A questa ragazza, pensavo, dobbiamo una sorta di riconoscenza non solo sportiva, ma civile, nel momento in cui l'Italia...ne fa la portabandiera di un modo di essere, di vivere. Se sarà necessario tracciare un bilancio dell'incidenza della Simeoni nel tessuto umano del nostro Paese...non basterà più quel che tentammo quattro anni fa, interpretando il suo argento come un premio oltre misura alla donna italiana, nello sport e nella società. Ora che Simeoni significa Italia che piace e vince, che affascina e avvince, queste analisi non bastano più. Quando la Simeoni cerca di scrollarsi di dosso l'immagine della donna sportiva protagonista, della primatista mondiale costretta per dfinizione a vincere, compie uno sforzo notevole, certo, ma sarebbe enorme e senza speranza di riuscita, il suo sforzo, se comprendesse appieno che non solo questo fardello deve portare sulle spalle; ma quello ben più pesante, di simbolo, totale, del nostro Paese nel mondo".