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L'oro della medaglia olimpica non sbiadisce mai: Gabriella Dorio (2) Stampa

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Copertina della rivista «Atletica»: la foto si riferisce ai Giochi Olimpici di Mosca '80, dove Gabriella Dorio fu ottava negli 800 e quarta nei 1500. L'altra immagine è la copia dei risultati ufficiali della finale dei 1500 a Los Angeles '84

Era l'11 agosto 1984... Quel giorno...Questa è la seconda parte del nostro racconto della medaglia d'oro olimpica conquistata, sui 1500 metri, da Gabriella Dorio ai Giochi Olimpici di Los Angeles 1984. Un ritratto fine, elegante, disegnato da un bravo giornalista come Gianni Ranieri, Stampa e Stampa Sera a quel tempo. Lo scritto apparve nel numero olimpico della rivista della Federazione italiana, settembre '84, alle pagine 56 e 57. Un brano da antologia.

Gabriella

di Gianni Ranieri

"Gabriella Dorio, amabilmente e affettuosamente chiamata Gabriellina da coloro che sentono irresistibile la necessità di ammorbidire i nomi anche alle persone più dure, è una caratterista veneta di 27 anni. Come sarebbe a dire? Ho sempre pensato, guardandola, che, se non avesse scelto il mestiere di correre così adeguato ai nostri trafelatissimi tempi, Gabriella Dorio avrebbe potuto, e con sicuro successo, riempire della sua avvenenza e della sua parlata gli schermi cinematografici. Attenzione. Non si tratta della solita idea scaturita dall'attenta osservazione dei mezzi fisici del soggetto in questione. Avvicinate Gabriella Dorio, inducetela al colloquio, chiedetele il permesso di chiudere gli occhi mentre lei parla (fatelo con molta gentilezza e molto garbo: chiudere gli occhi mentre una giovane donna parla non è cosa galante) ed ecco che, abbassate le palpebre, sarete visitati da due tipi di immagine. La prima sarà quella di una Dorio corrente: la sua bionda figura, costuita con i migliori mezzi a disposizione dal signor Gino e dalla signora Agnese, genitori di Gabriella, vi balzerà incontro prepotente e festante raccontandovi, in una sintesi-baleno, la storia di un'atleta che galoppa alla testarda ricerca di qualcosa che non riesce ad afferrare e ormai il tempo stringe, gli anni sono passati ma un giorno, un giorno americano, in un grande stadio della California, al bronzo europeo e al quarto posto olimpico che non possono da soli testimoniare d'una classe indiscutibile, si aggiunge l'oro dei 1500. Ma quest' immagine si dissolve con uno sventolare da bandiera della chioma più fotogenica dell'atletica italiana per far posto a un disegno umano confuso, un insieme di colori alla caccia del proprio componimento dai quali si leva una voce, che è la voce del Veneto come l'abbiamo sentita nei film e a teatro.

"Mi sia concesso di continuare su questo insolito terreno. Gabriella Dorio è per me (una personalissima impressione, intendiamoci) un arguto, musicale, divertente fenomeno. E anche un'esimia campionessa, si capisce. Ma io ne afferro soprattutto il suono, che mi rammenta «Signore e Signori» di Germi, mi ripropone vicende di una terra che crepita di voci femminili di una grazia non caramellosa ma eccitante. E siccome il nostro cinema ha dato alle voci venete ruoli di carattere, si spiega perchè assimilo l'effetto Dorio all'effetto che solitamente produce in uno spettatore l'avvento in scena di una caratterista veneta.

"Mi sembrava a Los Angeles, nel Coliseum così geloso dei propri assi americani, che Gabriella Dorio corresse e corresse per arrivare prima su un set favoloso e che una volta approdata a quel sognato traguardo, investita dalle luci al magnesio, dovesse recitare nel più giulivo dei nostri dialetti, la sua gloria di ventisettenne olimpionica. Anche in quella occasione pensavo non tanto a una ragazza in corsa, ma a una voce impegnata a battere altre voci in un veemente desiderio di imporre la novità, per quella pista, di un accento, la freschezza di un'eco.

"Ricordo Gabriella Dorio davanti alla telecamera di una trasmissione «Sport Sette». Alla voce brunita di una speaker, seguivano in un incredibile e simpaticissimo spaccato dialettale, le sue parole che riempivano la sala di inusitati rumeri caserecci. C'era profume di Cartizze e, considerata l'oa serale, veniva, ascoltandola, una voglia di pasta e fagioli, di baccalà alla vicentina. Una melodiosa dolcezza esalava dalla futura vincitrice alle Olimpiadi.

"Tutto questo, me ne rendo conto, può apparire come una sorta di sconvolgimento del personaggio, un tentativo di falsarne il valore, un irrispettoso contrappunto al tema atletica. Le capacità atletiche di Gabriella sono stampate nelle classifiche, sono annunciate dai risultati, stanno incise e incancellabili nei libri. L'analisi tecnica della Dorio è già abbondantemente compiuta. Ma spesso il campione, definito e divulgato in cifre, resta prigioniero nel muto quadrato d'un'istantanea. La sua felicità è fotografica. E, allora, al di là dei suoi numeri, sarà opportuno di tanto in tanto coglierne un dato che ce lo renda più prossimo. Nel suo bel sorriso e nella sua voce la Dorio ci offre un mezzo per interpretarla e liberarla dal freddo astuccio in cui, tra una gara e l'altra, stanno chiusi i campioni".