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1966: quei dodici pionieri che affrontarono i primi Giochi Europei Indoor (1) PDF Print E-mail

 

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In queste foto appaiono alcune delle persone citate nell'articolo che segue. Nelle due orizzontali (che provengono dal "Lascito Rosetta e Bruno Bonomelli", e quasi sicuramente furono scattate dallo stesso Bruno) sono ritratti (in alto, Milano 19 maggio 1963), da sinistra, tre dei migliori mezzofondisti dei primi anni '60: Gianfranco Sommaggio, Alfredo Rizzo e Francesco Bianchi. Sotto (Perugia, 4 luglio 1952), durante un raduno preolimpico indetto dalla Federazione, si riconoscono Lauro Bononcini, in camicia bianca, Commissario Tecnico a quel tempo; davanti a lui, con una maglietta scura, l'allenatore Peppino Russo; di fianco a Bononcini, maglia scura, il martellista Avio Lucioli, fiorentino; fu iscritto ai Giochi Olimpici, non fu molto fortunato: non superò la qualificazione per poco: la misura da superare era di 49 metri, il suo migliore lancio fu 48.74, primo dei non classificati. All'epoca vestiva i colori della Etruria Prato. Lucioli, classe 1928, vive tutt'ora a Firenze. Nella foto verticale, gomito a gomito, Gianfranco Carabelli e Francesco Bianchi, con la maglia della Nazionale in un incontro a squadre

 

Quel 1966 si aprì con alcune novità burocratiche per l'atletica italiana. Subito sul primo numero, 8 gennaio, del settimanale della Federazione, «Atletica», venne data notizia, e Regolamento, della «Sezione Primavera», «allo scopo di sviluppare e propagandare l'attività delle categorie ragazzi e ragazze è istituita una speciale sezione denominata Sezione Primavera». Istituito anche il «Trofeo Forze Armate» riservato ai gruppi sportivi militari. Sul numero 2 del 15 gennaio, troviamo la nuova regolamentazione della categoria allievi / allieve. Arrivò poi il «Trofeo Cinque Cerchi» per ragazzi / ragazze. Da parte sua il ministero della Pubblica Istruzione emanò il regolamento per l'attività sportiva scolastica. Sul numero 5 del 5 febbraio, l'articolo di apertura, che si intitolava «Impianti atletici al coperto», fu firmato da Peppino Russo, ex ostacolista di buon valore, poi insegnante e allenatore per tutta la vita. Personaggio effervescente, siculo di Palermo, gran parlatore - da come lo conoscemmo - simpatico e appassionato, fu fra i primi allenatori a occuparsi di come allenarsi d'inverno, e nel 1951, fece stampare dalla Federazione un suo libretto dal titolo «Guida breve per la preparazione invernale». Russo, nell'articolo sugli impianti, evidenziava la necessità di avere degli spazi coperti, anche di semplice struttura, ma idonei a ospitare una qualche attività di allenamento per gli atleti. Un primo segnale circa la necessità di avere uno spazio coperto per poter svolgere la preparazione, soprattutto in certe regioni settentrionali. Gli fece eco, sul numero pure di febbraio, «Atletica Leggera», con un commento di Marco Cassani dal titolo «Un tetto per l'inverno», che scrisse:«L'atletica indoor diventa una necessità...», non più solo preparazione ma anche controllo agonistico. La rivista tornerà sull'argomento impianti al coperto con un intervento concreto: nel numero di maggio (pagina 21) pubblicherà un articolo di Dani Eynard dal titolo praticamente uguale «Un tetto per l'atletica». Dani (Daniele) Eynard, architetto, è stato uno dei grandi dirigenti dell'atletica bergamasca. Iniziò così il suo articolo: «Atletica indoor vuol dire spettacolo...» e poi fece proposte realistiche, riferendosi ad altre esperienze europee (Madrid, Stoccarda, Londra Wembley):«Il Palazzo dello Sport alla Fiera Campionaria di Milano, i vasti padiglioni dei complessi espositivi di Genova e Torino sono in grado di ospitare l'anello di legno di una pista indoor smontabile e trasferibile...». Una visione anticipatrice di quello che sarebbe avvenuto, in Italia, solamente anni dopo.

Su quella stessa pagina del bollettino FIDAL, anche una tragica notizia per il nuoto italiano: il giorno 28 gennaio era caduto un aereo su una pista dell'aeroporto di Brema, tutti morti i 46 presenti sul volo, fra i quali i nazionali Bruno Bianchi, Amedeo Chimisso, Sergio De Gregorio, Carmen Longo, Luciana Massenzi, Chiaffredo Rora, Daniela Samuele, l'allenatore Paolo Costoli e il telecronista Nico Sapio.

Su quella stessa pagina, di taglio basso, direbbe un proto, l'annuncio di una delle migliori decisioni per lo sport italiano: la creazione della Scuola Centrale dello Sport. «Nella sua riunione del 27 gennaio scorso - si legge nell'articolo - la Giunta Esecutiva del C.O.N.I., in attuazione alle direttive del Consiglio Nazionale, ha preso una importante decisione. Considerando le sempre maggiori esigenze della preparazione olimpica, per la attuazione del programma per la formazione, l'aggiornamento e la specializzazione degli Istruttori delle varie specialità sportive (...) Il C.O.N.I. ha deliberato di provvedere con la massima sollecitudine alla istituzione ed al funzionamento della Scuola Centrale dello Sport con il compito di: a) curare la formazione di nuovi istruttori con una qualifica particolarmente elevata attraverso corsi triennali riservati ad elementi provenienti dall'attività sportiva e che dimostrino, attraverso apposito concorso, la loro preparazione culturale ed elevate attitudini all'insegnamento sportivo; (...) La Scuola Centrale dello Sport avrà sede in Roma nel complesso sportivo dell'Acquacetosa messo a disposizione dal Comune. Il preventivo di massima è di circa 650 milioni». Sul n. 27 del 23 luglio venne poi pubblicato il bando di concorso. Sembrava essere una grande idea che, purtroppo, in parte è rimasta tale, finendo per creare, nel migliore dei casi, ottimi dirigenti, ma anche tanti impiegati, pochi veri istruttori da campo.

Nelle file del nostro Archivio Storico abbiamo avuto un Maestro di Sport fra i soci fondatori: Claudio Enrico Baldini, autore nel 1969 di una eccellente «Storia dell'atletica leggera piacentina», e da qualche anno è nostro socio il Maestro dello Sport Gianfranco Carabelli, che attualmente è presidente della Accademia Maestri dello Sport. Ma, visto che stiamo parlando dell'anno 1966, corre l'obbligo di ricordare che l'atleta Carabelli, al Comunale di Firenze, vinse il titolo italiano degli 800 metri, dopo un serratissimo finale con Franco Arese: 1:52.5 a 1:52.6.

Stagione indoor '66. Sul numero 8, il Comunicato federale n. 29, del 19 febbraio, riportò l'autorizzazione a gareggiare al meeting di Berlino Est per tre atleti italiani: Sergio Bello, Francesco Bianchi e Umberto Risi. Sulla pista della Dynamo (domenica 20 febbraio) Francesco Bianchi, allenato da Carlo Venini, succedette a Luigi Beccali nella progressione del record indoor del miglio: «Ninì» aveva corso in 4:09:0 sui legni americani di New York nel marzo del 1937, «Cecchin»  scese a 4:04.6. Risi fece il suo primato personale sui tremila (8:19.6) e Bello corse i 400 in 50.1 (batteria) e 50.3 (finale dei secondi). Sia il tempo di Risi che il 50.1 di Bello erano le migliori prestazioni italiane in pista coperta.

Mentre dovrebbe gioire per questi «primati» (il miglio è gara vera, specialmente al coperto) e potenziare l'attività, la FIDAL che fa? Proibisce, punisce, cancella. Leggete sempre  dal Comunicato del 19 febbraio:«La FIDAL, a seguito di specifica richiesta avanzata da Comitato laziale, dispone che, mancando una speciale regolamentazione, non sono attualmente consentite in Italia manifestazioni indoor o tipo indoor a carattere agonistico e ciò anche in considerazione della assoluta assenza attualmente di impianti idonei a tali manifestazioni (...) Ogni iniziativa per manifestazioni del genere su impianti di fortuna deve essere, pertanto, considerata priva di ogni contenuto agonistico ma valutata come completamento dei programmi di preparazione invernale». Era successo che il Comitato laziale aveva organizzato sul piccolo impianto delle «Tre Fontane» una riunioncina con quattro gare: lungo, 60 yard ostacoli, 60 metri, 50 metri ostacoli donne. C'erano Ottoz, Ottolina, Giani, Frinolli, Liani, e citiamo il nome di Sparacino che divenne un importante dirigente dell'Alitalia. Ma per la FIDAL , no, niente indoor, se non lo dico io...

(arrivederci alla prossima puntata)