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Li mortacci tua, 'a Enzo, ma proprio ora te ne dovevi anna? Solo, senza de' noantri PDF Print E-mail

Abbiamo affidato il ricordo di Enzo Rossi, scomparso tre giorni fa, a una persona che lo ha conosciuto fin da giovinetto aspirante velocista e campione nazionale UISP (longa manus sportiva del Partito Comunista, lui che comunista proprio non era). Abbiamo chiesto a Giorgio Lo Giudice, romano de' Campo de' Fiori, giornalista-manovale nel senso di disponibile sempre e per qualsiasi sport, dall'hockey prato femminile giocato nelle Marche al campionato di bocce di Primavalle, atleta mezzofondista, corse, tra gli altri con Mario Pescante, grandissimo fondista del CONI e del CIO, organizzatore, tecnico giovanile, il Giorgio nostro. Sempre sorridente, pronto a sdrammatizzare con una battuta de roma de' Roma verace, un uomo di sentimenti solidi e immutabili. Questo serviva a noi, e glielo abbiamo chiesto, e lui ha risposto prontamente.

Glielo abbiamo chiesto soprattutto dopo aver letto i miseri commenti apparsi qua e là, non diciamo i giornali che quelli ormai non esistono quasi più, e poi erano tutti impegnati a costruire la imminente ascesa al cielo dei beati di San Diego, ma i siti che si fregiano di indirizzi tipo atletica punto questo e atletica punto quell'altro. Ci ha stupito l'assenza dei grandi editorialisti, abbondano ormai. Tutti invece a ricopiare quelle quattro striminzite note del sito della Federatletica, tirate via in fretta e furia.

Enzo Rossi personaggio facile non fu, la sua carriera come Commissario Tecnico sotto il dominio di Primo Nebiolo ha zone di ombra nivura (sicilianismo). Ma ancora una volta ci è parso di cogliere una frettolosa testa girata all'indietro. Proprio come ai tempi dell'Enzo cittì, quando giornalisti, dirigenti, tecnici, portaborse, autisti e magazzinieri, facevano finta di non vedere che si metteva la polvere sotto il tappeto. Poi son diventati tutti nipotini di Marco Porzio Catone, Cato Censor (andate a vedere il busto, dicono sia lui, a Villa Torlonia). E nessuno si è avventurato a ricordare che Enzo Rossi, estromesso nel 1988, fu ripescato in F.I.D.A.L. dopo le elezioni dell'inverno 1994, quelle che videro Pietro Paolo Mennea ritirare la sua candidature alla presidenza in apertura di Assemblea, nel Salone d'onore del C.O.N.I., e la conferma dell'allora presidente. Ma nessuno voleva Mennea fra le palle allora...allora... adesso invece è stato collocato (giustamente) sugli altari. Adesso ha perfino un francobollo tutto suo, emesso da Poste Italiane. A proposito, domandina: Sara Simeoni no? Maurizio Damilano no? Figli di un dio olimpico minore.

Primo Nebiolo e Enzo Rossi, un bob a due in cui mancava il frenatore, perchè spingevano tutti e due. E qualche volta son usciti di pista. Ci ha detto qualcuno del «cerchio magico» romano che Enzo Rossi si avventurava ancora, recentemente, nelle vicende arraffapoltrone federali. Malato di un virus, l'atletica, che non ha vaccino curativo. Enzo Rossi ha vissuto anche lui, come parecchi di noi, un periodo di grande entusiasmo che non rinneghiamo. Ricordiamolo con umanità, come fa Giorgio Lo Giudice, che di umanità ne ha respirata tanta a Campo de' Fiori, dove stava un altro grande romano che di questo sentimento ha dato lezione a tutto il mondo: Aldo Fabrizi.

Brerianamente, recitiamo un «la terra ti sia lieve, Enzo», rifiutando quell'incivile RIP che va di moda in questa era di barbari che fan fatica perfino a scrivere «riposa in pace».

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Caro Enzo,

hai scelto il momento più brutto per lasciarci, tu che organizzavi sempre tutto ed eri pronto ad assegnare compiti presenti e futuri, seguitando a guardare con inguaribile ottimismo alla rinascita dell’atletica. Te ne vai insalutato ospite, non ci permetti neppure di poterti salutare con un «arrivederci» venato di tristezza. Tu che eri sempre allegro pronto a batterti anche contro i mulini a vento.

Ti ho conosciuto calciatore del Volsinio nel lontano 1953 e buon velocista tanto da essere selezionato con la squadra romana per partecipare ad Imola al Palio Nazionale Amici dell’Unità, ovverosia i campionati italiani UISP, tu piuttosto snob, vincendo anche il titolo della staffetta 4x100 con Di Biagio e Filippini, non ricordo il quarto, forse Belleggia o Vercesi, poi ritrovato al CUS Roma qualche tempo dopo.

Eri bravissimo ad inserirti nelle situazioni dove c’era da lavorare per l’atletica. Qualcuno dirà che sei stato un ottimo tecnico-dirigente, altri l’esatto contrario, ma poco importa. Certo che il tuo attivismo non potrà mai disconoscerlo nessuno, amico o nemico che sia stato in vita, nei tuoi confronti. Ti do atto di una intuizione da mago: un freddo febbraio di non so quale anno, mentre eravamo a Latina ad un cross, vinse Gelindo Bordin, e tu, facendoti prendere in giro da tutti i presenti, dicesti che quel giovanotto sarebbe stato un futuro campione olimpico. Hai avuto ragione e sarebbe sufficiente questo per assegnarti la palma di veggente. Lo eri un po’ meno quando facevi le tue statistiche e trovavi troppi italiani nei primi posti della classifica mondiale, dimenticandoti stranieri importanti. Del resto le statistiche sono un fatto opinabile, ognuno se le aggiusta come crede. Lo fanno giornalmente tutti i politici possiamo farlo anche noi, ogni tanto, quando parliamo di atletica.

Di sicuro non ho mai visto nessuno, né prima né dopo, impegnato quanto te nel seguire gli atleti, nel parlare con gli allenatori, nell’essere il giusto raccordo tra vertice e periferia. E poiché conoscevo l’ammontare del tuo contratto in lire, ero ben certo che ti guidava solo la passione, non certo l’idea del guadagno o del potere che non hai mai avuto né preteso, a dispetto di tante malelingue. Molti non l’hanno capito, ma poco importa. Anche quando eri fuori dall’atletica, negli ultimi anni, eri pronto ad ogni discussione, a presentare nuovi scenari, ad assegnare a ciascuno di noi che ti eravamo vicini, un ipotetico compito gratificante, nel futuro atletico perché, questo lo dicevi a giusta ragione: è importante saper ragionare, lavorare ed avere l’approccio intelligente, sui campi con gli atleti. Non ci sarai a questa futura assemblea elettiva, quindi non potremo fare previsioni o dire chi è giusto che raccolga il bastone del comando, ma sono sicuro che da dove ti trovi un consiglio su come comportarsi troverai modo di mandarlo e magari di sorridere perché le cose sono andate come pensavi, oppure arrabbiarti. Ma questo è un altro discorso.

Nel mio essere giornalista, non già dirigente o tecnico, stavo facendo mente locale e non ricordo di averti mai fatto una intervista ufficiale, al di là di richieste di veloci pareri. Ma forse è meglio così, sarebbe finito tutto con un cazzeggio senza fine, non degno di trovare la luce.

Ti saluto, e posso affermare che, pur mettendo nella somma gli errori che hai commesso, il tuo saldo resta comunque positivo per quanto hai fatto in tanti anni di lavoro nell’atletica. Questo dovrebbe essere più che sufficiente a lasciare soddisfatto questo mondo così pieno di sentimenti contrastanti, dove troppe volte a prevalere è l’odio e l’invidia, con un sorriso.

Giorgio Lo Giudice