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Enzo Cavalli, un paio di storielle romane, vissute e raccontate da Giorgio Lo Giudice PDF Print E-mail

Debutta come nuovo socio dell'Archivio Storico dell'Atletica Italiana "Bruno Bonomelli", Giorgio Lo Giudice, tutta la vita spesa nel giornalismo sportivo, grandissima parte alla redazione romana della «Gazzetta dello Sport». Gli diamo il benvenuto: ci fa molto piacere che Giorgio abbia aderito (in verità era già stato socio per un breve periodo anni fa, poi ci eravamo persi di vista). Giorgio «debutta» raccontandoci due storie di atletica romana, storie vissute, storie che non si trovano nei paludati e barbosi libri di atletica, asettici come sale operatorie d'ospedale. Vogliamo forzagli la mano: raccontaci altre storie, Giorgio, di quella atletica che a Roma viveva gli anni di vigilia della grande edizione dei Giochi Olimpici del 1960. Giorgio ha vissuto l'atletica in senso totale: atleta (mezzofondista), assistente tecnico, poi allenatore, dirigente di club, giornalista. E sempre con generosità, col core in mano, da buon romano di Campo de' Fiori.

Intanto leggetevi queste due storielle.

Abbiamo saccheggiato una foto dalla FIDAL, che ringraziamo: un colloquio serrato fra Primo Nebiolo e Alfredo Berra, che fu, con altri, promotore del movimento di Rinnovamento della Federazione di atletica verso la fine degli anni '60

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Se volete, vi racconto un bell'aneddoto che riguarda Enzo Cavalli e l'ambiente romano di quegli anni '50 che precedevano i grandi Giochi Olimpici del 1960. In questo caso niente sigaro e tranquillità, ma una baldoria perfino un po' eccessiva! Per festeggiare il risultato di Enzo che aveva superato per la prima volta i 15 metri, suo padre, friulano doc, invitò a cena alcuni di noi, oggi si direbbe del «cerchio magico». C'erano il giornalista Alfredo Berra, il nostro punto di riferimento culturale, il sottoscritto, il mezzofondista Attila Viragh, il fratello di Enzo, buon velocista, lui purtroppo scomparso. Morale: molte, anzi troppe bevute. Non reggevamo nessuno ed il padre ci invitò a dormire lì, aveva due stanze libere. Io mi sentii male ad un certo punto e con voce strozzata dissi "Attila famme passà" per andare di corsa al bagno a vomitare tutto il bevuto e di più, mentre gli altri, mortacci loro, si scompisciavano dalle risate essendo ubriachi fradici. Insomma una bella serata, a tasso alcolico elevato.

Due giorni dopo, su indicazione di Berra, Enzo e io andammo a trovare un certo dottor Bini, medico al Fatebenefratelli. Io mi presentai come dirigente in quella circostanza, poi Enzo Cavalli, Berra e il dottor Bini si misero a conversare di salto triplo. Come mai? Avevamo di fronte colui che era stato il primatista italiano prima di Enzo, colui che con i colori del GUF Roma aveva detenuto il record, primo italiano a superare i 15 metri (15,01). Fu molto bello e commovente. Ovviamente nessuno si preoccupò di scrivere due righe per qualche giornale, stranamente neppure Berra; a quei tempi non si usava fare certi tipi di articoli.

Altra storia, di qualche anno dopo. Fu invece un pò imbarazzante quando Peppe Gentile levò il record ad Enzo. Eravamo alla Farnesina ed era stata chiesta una gara di triplo appositamente per lui da parte del CUS Roma, per provare il record che in allenamento era stato un paio di volte superato ampiamente. Due atleti in gara, Gentile e Prestipino (ora marito di Liana Orfei). Giudice arbitro Gigi Meschini. Uno spettatore: il sottoscritto, oltre all'allenatore di Gentile, Gigi Rosati, il quale venne invitato senza tanti complimenti dallo stesso Meschini  ad andare sulla tribuna (circa 5 metri) per dare i suoi consigli tecnici.  Allora si usava così. Da una parte anche Enzo ,che aveva avuto notizia delle misure di Peppe in allenamento, stava lì a guardare con finta noncuranza (era il secondo spettatore). Qualcuno che correva e si allenava ogni tanto si fermava un momento a guardare per riprendere subito a correre per i fatti propri. Primo salto nullo di pochissimo, ma si capiva che era molto lungo e ben oltre i 16 metri. Secondo salto con il record, 16,17, superando Enzo che aveva ottenuto qualche anno prima 16,10 , questo lo ricordo bene. Enzo si avvicinò e chiese la rimisurazione a Meschini, che lo guardò per un istante quasi offeso, poi diligentemente rifece la misurazione che dette ovviamente lo stesso responso. Era partita la rincorsa di Gentile ai vertici mondiali.

Ricordo che telefonai ad Alfredo Berra da casa mia (solo telefono fisso a quei tempi) e scrissi in pezzullo per «Paese Sera», chiamando Mimmo De Grandis, mio amico che era il coordinatore dello sport insieme a Momo Dietrich che era il responsabile dell'atletica, fregando ovviamente il «Corriere dello Sport» e la Fidal che lessero tutto dal giornale il giorno dopo. Bello no?