Home News Homepage Gli asterischi son come le ciliege...ne proponiamo uno nuovo su Renato Magini
Gli asterischi son come le ciliege...ne proponiamo uno nuovo su Renato Magini PDF Print E-mail

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Castelgandolfo, 23 ottobre 1948: quel giorno Beppone Tosi, Renato Magini, Adolfo Consolini e Bevis Reid (nell'ordine da sinistra) furono ricevuti in udienza da Papa Pacelli Pio XII (la foto è riprodotta dal libro di Marco Martini «I campioni della simpatia»)

Visto il prezzo attuale delle ciliege, prevediamo un rapido tramonto del detto che «una tira l'altra». Invece i nostri asterischi di ieri han prodotto una nuova occasione per presentare ai nostri lettori un personaggio non secondario nel racconto dell'atletica italiana. Un lettore ci ha scritto poche righe per dirci che, nel contesto del ricordo di Ferruccio Porta, abbiamo citato un nome che a Roma ebbe un ruolo primario nel nostro sport. Si tratta di Renato Magini...Magini? Magini? Lampadina: ne parlò diffusamente Marco Martini in quel suo stupendo lavoro intitolato «I campioni della simpatia», la miglior narrazione che sia stata fatta, senza inutile retorica, dei due omoni che hanno ispirato alcuni decenni di lancio del disco, con gli esiti che dovrebbero essere noti: Adolfo Consolini e Giuseppe Tosi, Dolfo e Beppone. Proprio vero: dalla pagina 26 alla 29, Marco ci raccontò Renato Magini. E alle parole del nostro indimenticabile amico affidiamo la presentazione di questo signore che, insieme a Porta e pochi altri, fece parte della Commissione Sportiva che gestì i Giochi Olimpici Roma '60.

"Il coach di Tosi fu da inizio carriera sino alla fine, al contrario di Consolini che per alcuni periodi non potè godere dell'assistenza di Bovi, Renato Magini che lo notò mentre era impegnato a giocare a pallacanestro e volle fargli provarele pedane di atletica. Nato nel 1909 a Roma e cresciuto con la passione per l'atletica leggera, ottenne il tesserino di istruttore FIDAL nel 1940, ma era già quotato e apprezzatonell'ambiente, e nel 1939 era stato scelto come coach di atleticanella prestigiosa e ricca Società Sportiva Parioli (a metà anno 1941, dopo la morte del figlio del Duce, che ne era stato presidente, mutò nome in S.S. Bruno Mussolini). Gli furono affidati anche atleti del nostro Paese residenti in comunità italiane all'estero, nei periodi in cui soggiornavano e gareggiavano in Italia (per partecipare a manifestazioni alle qualiil Fascismo annetteva grande importanza come i Littoriali), e i corazzieri. L'ultimo corazziere di valore da lui avviato all'atletica, nella seconda metà degli anni Cinquanta, fu il lanciatore di peso Primo Vanzino. Alla parioli, società in espansione fu affiancato nel 1941 da Salvatore Gallo, e nel 1942 da Ezio Bresciani, ma poi il sodalizio per cause belliche, sisciolse. Negli anni Quaranta Magini allenò anche il forte ostacolista Giorgio Marani, portandolo alla medaglia di bronzo nei 110m ostacoli agli Assoluti 1945, ma nella seconda metà della sua carriera agonistica, Marani fu seguito da un altro coach. 

"Il rapporto con Tosi non cessò invece mai, e nel 1946 si ricostituì nella neonata società dell'Esperia, che dal 1946 si fuse con l'Asteria Sporting Club. In questo club, che cessò di vivere alla fine della stagione 947, Renato non fu solo allenatore, ma dirigente e promotore: in una parola, ne era il factotum, anche perché nel dopo-guerra non bisognava solo inserirsi in un sistma organizzativo già oliato ed efficiente come quallo fascista, ma bisognava rimboccarsi e maniche e ripartire da zero. Magini divenne, e ne rimase a lungo, direttore dello stadio delle Terme, all'epoca impianto sportivo che era il centro pulsante di tutta l'attività atletica della capitale. Nel 1944-45 risultò utilissimo anche agli Alleati, collaborando all'organizzazione delle manifestazioni di atletica per le loro truppe, che le autorità militari delle forze interalleate di stanza in Italia vollero fa disputare per alleviare il peso delle fatiche belliche. In quel frangente Magini migliorò assai la sua conoscenza della lingua inglese, e si avvalse di ciò nel 1948, quando divenne il coach di un'ottima atleta inglese temporaneamente residente a Roma, l'eclettica Bevis Reid. La Reid, cattolica, aveva già soggiornato in Italia (a Venezia) prima della guerra per motivi di studio. Nel 1948 aveva ormai 29 anni, e fu ottava nel peso e quattordicesima nel disco ai Giochi Olimpici di Londra. Renato la seguì anche in Inghilterra nel periodo pre-olimpico, però raccontò poi che durante le gare si era volutamente astenuto dal fornirle consigli per correttezza verso L'Italia, impegnata in quelle gare con Amelia Piccinini (peso) e Edera Cordiale (disco). All'avanguardia tecnica, Renato tentò di applicare alla semplice traslocazione di Bevis Reid nel getto del peso, quei principi nati oltre oceano che stavano introducendo il tentativo di sfruttare maggiormente lo spazio della pedana, e che furono poi sviluppati a pieno e codificati da Parry O'Brien con la partenza spalle alla direzione di lancio. Da questo rapporto con la Reid, nacque un dialogo con le figlie di Albione che portò ad una tournée italiana delle atlete inglesi nel 1949.

"Ottenuta nel frattempo la qua;lifica di allenatore FIDAL, Magini fondò un altro club di atletica, l'Olimpia, e divenne direttore tecnico e dirigente della Polisportica ACLI. Ma la sua esperienza più singolare fu quella, a partire dal 1949, di insegnante di educazione fisica al Centro Sperimentale di Cinematografia, con sede a Cinecittà. Tra i suoi allievi Domenico Modugno, Antonio Cifariello e Rossana Podestà.  Come allenatore, oltre che nell'ambito dell'atletica leggera, operò nel pentathlon moderno, fino al 1968. Curò anche una scuola estiva di atletica alle Terme nell'immediato dopo-guerra, tenne corsi per nuovi giovani allenatori, si dedicò alla promozione dell'attività studentesca. Delle sue capacità di gestione degli impianti sportivi, così a lungo esercitata alle Terme, si avvalsero i Comitati organizzatori dei Giochi Olimpici, sia quelli invernali di Cortina d'Ampezzo 1956, sia di quelli estivi di Roma 1960. In quest'ultima occasione, nominato direttore dello stadio Olimpico, lavorò insieme a Beppone Tosi che, terminate le carriere di discobolo e corazziere, era stato assunto al CONI nel settore impianti sportivi. Il sodalizio con Tosi andava oltre l'impegno tecnico, e spesso Beppone trascorreva piacevoli ore a casa di Magini.

"Renato Magini, persona molto riservata il cui valore fu comunque riconosciuto con il titolo di Cavaliere della Repubblica, si spense a Roma nel giugno del 1971".

Note a margine - I primi allenatori italiani - "Su proposta dell'apposita Commissione viene deciso di rilasciare la tessera di allenatore al seguente gruppo di persone (...) Detti allenatori sono pregati di inviare alla Segreteria Federale in Roma una fotografia e la quota di L. 50 per il rilascio della tessera". Così recita una noticina a pagina 5 del numero 7, luglio 1947, del bollettino della Federazione, titolata «Inquadramento allenatori primo elenco». E in quell'elenco, non molto affollato, troviamo il nome di Renato Magini, accanto a quelli di Lauro Bononcini, Alessandro Calvesi, Giacomo Carlini, Giuseppe Cuccotti, Luigi Facelli, Giovanni Garaventa, Armando Poggioli, Elio Ragni, e una decina di altri. Il primo nucleo di tecnici che potevano fregiarsi del titolo di «allenatori».

Bevis Maria Anael Reid, sposata Shergold, londinese, nata il 13 giugno 1919, deceduta il 7 luglio 1997. Prese parte ai primi Campionati d'Europa per le atlete, a Vienna nel 1938; fu quinta nel getto del peso (12.10) e ottava nel disco (34.19). Dei Giochi Olimpici Londra 1948 parla Martini nel suo scritto. Chiuse la carriera atletica con misure molto degne per il suo tempo: 13.25 (peso) e 39.88 (disco). Ma c'è un aspetto della vita della signora Reid - Shergold davvero singolare: lavorò per il servzio segreto britannico durante la seconda guerra mondiale e fu la prima donna del Regno Unito impegnata nell'intelligence in missioni all'estero. L'anno dopo i Giochi di Londra si maritò con un dirigente del British Intelligence (il famoso M16, quello degli spioni, per intenderci, il SIS, reso famoso dai film di James Bond 007) mister Harold "Shergy" Shergold, specialista di «affari» spionistici sovietici e polacchi. Fu lui, insieme ad altri del servizio intellingence britannico, che controllò, diciamo una specie di supervisore, Oleg Penkowski, colonnello del GRU sovietico, il servizio segreto, che fece il doppiogioco a favore di Stati Uniti e Gran Bretagna, col nome in codice «Hero», eroe. Una delle più famose spie della Guerra Fredda. Fu Penkoski che informò gli occidentali delle installazioni missilistiche sovietiche a Cuba. Arrestato in Unione Sovietica proprio nel 1962, anno cruciale della crisi cubana, fu giustiziato l'anno successivo. Miss Bevis-Shergold visse alcuni anni in Germania; il marito Harold morì nel dicembre del 2000.