C'è solo da aggiungere il titolo di quello scritto iniziale. E, per chi ha voglia tempo e interesse, ripensare attentamente a queste parole, tanto attuali. Per quei pochissimi un po' flebili di memoria ricordiamo che la citazione del Foscolo si riferisce alla orazione che egli tenne alla Alma Ticinensis Universitas alla inaugurazione della cattedra di eloquenza, nel 1808, cattedra soppressa poco tempo dopo dal signor Napoleone. Dittatori, grandi o piccoli, hanno sempre avuto in ùggia la cultura e il libero pensiero.
"In epoca per il nostro paese oscura come questa, di guerre delusioni massacri e speranze magnifiche, da una cattedra universitaria il poeta Ugo Foscolo esortava i giovani «alle istorie». Era un grido, insieme, di dolore e di fede: il presentimento infallibile di un poeta che, sensibile al gigantesco evolversi della storia, intuiva quanto gli italiani fossero fuori del mondo, quanto il processo storico universale avesse in definitiva e triste maniera superato l'umanesimo, stantio ormai ed esausto, dei padri. E coltivare «le istorie», allora, sarebbe stato un mettersi alla pari: comprendere il proprio tempo e vederne gli svilippu futuri. Da allora, molte cose mutarono: e sta Ugo Foscolo alle soglie di quel Risorgimento dell'Italia non ancora del tutto compiuto: quel periodo di sociale fermento che, innestandosi sulle direttrici del pensiero romantico, alquanto redense il popolo dalla plumbea staticità della sua cultura, e additò nuove vie di progresso, di libertà, di rinascita. Del tutto non s'è compiuto il Risorgimento d'Italia. Isole di vieta sufficienza permangono, stagnano gore di vecchiume nel nuovo fermento del popolo. Sono luoghi comuni rinsaldati tra noi da un errato concetto della storia, che falsa le proporzioni, confonde i limiti, esalta meschine ambizioni di megalomani...E uno dei luoghi comuni più abusati è, nella nostra mentalità, l'ostentato disprezzo di taluni per tutto ciò che di fisico, di serenamente dinamico sia nell'attività degli uomini. L'ideale umanistico dell'ho sapiens accumulato tra pile enormi di libri sapientissimi, e avulso dalla vita pratica come può esserlo un bonzo dalla lotta greco-romana; la visione arcadica del saggio aggrappato alle contorte circonvoluzioni del suo cervello permane qui e là in Italia, a tutto danno di quel dinamico rifiorire tanto auspicato oggi da chi ha tutta coscienza del momento storico presente e del nostro avvenire di popolo.
"Enormi cervelli seduti: così i romani infrolliti e raffinati al tempo delle calate barbare. Così, al tempo di Roberto Clive, gli indiani soltanto attratti da speculazioni interiori.
"Galoppavano allora i Germani tra le colonne dei fori; allora un pugno di uomini audaci conquistava un impero alla corona inglese.
"Italiani, vi esorto alle atletiche! griderebbe oggi il poeta. La storia abbiamo compresa, sia pure a nostro danno: dobbiamo invece togliere dalla mente gli ultimi ragnatelosi vecchiumi d'una psicologia superata. Dobbiamo muoverci. I muscoli afflosciati ritornino a temprarsi, gonfi di sangue e di vita. Gli stadi si riaprono, italiani, le piste gli attrezzi gli impianti si riattano alla ripresa. Diamoci dentro, a rinnovare il sangue. Enormi cervelli fuori del tempo non giovano. Non appaghiamoci di ridicole presupponenze. L'albagia latina di Alexis Carrel ci ha manadato in sollucchero con facili e arbitrarie descrizioni dell'homo anglosassone, forte di muscoli, alto, membruto, dal cranio piccolo e dal cervello di gallina. Niente di più grottesco: la stessa posizione psicologica del romano raffinato che ride dei Germani non ancora edotti dalle sofisticherie alessandrine e dei meteci greci; del bramino che disprezza il britannico bellamente al disopra di ogni ridicola e statica elucubrazione mentale. Romani e bramini e altri che al travolgente cammino della storia non seppero adeguarsi, alla storia soggiacquero e finirono. L'olimpionico americano dai muscoli guizzanti, dallo spirito lanciato nell'ardore delle conquiste sportive, è ancor quello che travolge ieri stesso i reticolati con i cingoli duri e invincibili del suo carro. Lo scienziato che, lasciato il laboratorio, scandalizzò l'umanista italiano Cecchi mettendosi le scarpette chiodate e correndo su una pista con l'orologio in mano, è ancor quello, credete, che ieri stesso ha dato impulso nuovo alla chimica e alla fisica ideando la mostruosa bomba atomica.
"E io vedo popoli in gara leale lungo le immense interminabili corsie della storia. Vedo popoli alternarsi al comando, superarsi e vincere. Quei popoli, dico, i quali hanno saputo raggiungere l'equilibrio perfetto tra possibilità fisiche e sviluppo mentale. Allora m'è facile, capite?, vedere in ogni conduttore di popoli, di eserciti un coach. Mal si presta la nostra lingua a queste immagini: ma sai tu lettore che sia un coach? Un semplice allenatore: un uomo che insegna ai giovani a migliorarsi, a prodigarsi e a vincere. Sì, noi abbiamo bisogno di un coach, ora: anzi, di molti buoni coaches. Forse ne abbiamo, chissà? E verranno fuori, allora.Intanto si riaprono gli stadi, italiani, le piste, gli attrezzi gli impianti si riattano alla ripresa. Diamoci dentro a rinnovare il sangue. Torni il mossiere a sparare i suoi colpi per il via. Ma questa volta a salve, buon Dio: finalmente dei colpi a salve.