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Adolfo Consolini (Parte1) |
Adolfo Consolini
a cura di Marco Martini
Onorificenze
A fine 1952 Adolfo Consolini fu eletto ‘campione italiano dell’ anno’ e premiato per la seconda volta da una giuria specializzata appunto come miglior sportivo italiano del 1952, di tutti gli sport. Poi nel 1958, con decreto della Presidenza del Consiglio, gli fu conferito il titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana per meriti sportivi. Infine nel 1962, il Presidente della Repubblica lo insignì della croce di Commendatore della Repubblica per meriti sportivi.
Nato a Costermano (VR) il 5 gennaio 1917, deceduto a Milano il 20 dicembre 1969; 1.80 di altezza per 105 kg di peso, apertura di braccia cm 201, perimetro toracico 116 all’ inspirazione e 110 all’ espirazione, polso a riposo 78, pressione a riposo 75/130, capacità respiratoria litri 5.9. Presenze in Nazionale: 50. Titoli italiani (15) negli anni 1939, 41, 42, 45, 49, 50, e dal 1952 al 1960 ogni anno.
Primati
Giochi Olimpici
Campionati Europei
Gli inizi
Nato da una famiglia di agricoltori da diverse generazioni residente a Costermano, ultimogenito di una serie di cinque figli, Adolfo «crebbe sano e robusto, fortificato dall’ aria pura e salubre del monte (Baldo) e del lago (di Garda); e superata l’ istruzione elementare nella scuola del paese, subito le sue braccia furono impiegate nell’ azienda paterna. Sino all’ età di vent’ anni Consolini non conobbe altri attrezzi che la vanga e l’ aratro. Nella primavera del 1937 pervenne ai gerarchi del borgo — per la storia Alvise e Piero Sometti —, un invito ad organizzare l’ eliminatoria comunale completa di corse, salti e lanci, di una manifestazione che, attraverso fasi successive, doveva servire a mettere in luce nuove forze giovanili per l’ atletica leggera. I giovani furono convocati per le gare, che si svolgevano nella piazza davanti alla scuola, e fra questi Consolini, che gareggiò nel getto del peso, in realtà una pietra di circa 7 kg. Grazie al risultato ottenuto fu inviato con la rappresentativa di Costermano alla finale provinciale, che si svolse allo stadio Bentegodi di Verona. Nel getto della palla di ferro, prima gara ufficiale della sua carriera, si classificò quarto con 9.49» (Carli - op. cit. - pp. 9/10).
«Quindici mesi fa non ero che un ragazzone appassionato di sport. I miei fratelli, dei quali uno è stato campione italiano dei dopolavoristi di tamburello, seguivano con me le competizioni negli stadi e sui giornali. Io avvertivo una certa voglia di muovermi e di imitare tanti miei amici sportivi, ma non sapevo decidermi. Fu nel pomeriggio di una domenica che, capitato per caso in un campo sportivo, trovai un amico che si allenava al lancio del disco. C’ era un segno al di là della pedana da cui si lanciava che mi sembrava vicino, facile a raggiungere. Mi meravigliavo che il mio amico non ci riuscisse. ‘È il segno dei trenta metri’, mi disse, ‘e vuol dire già una bella misura’. Non restai molto convinto, ed osservai attentamente i lanci; senza che me lo fossi proposto, cercavo di imparare i movimenti. Poco dopo, tolta la giacca e rimboccate le maniche, mi volli provare. Ma, per la verità, i primi due lanci furono delle vere e proprie delusioni: il disco, invece di uscirmi dalla parte del pollice, mi passava dalla parte contraria, girando così in aria alla rovescia. Così come sembrava, imparare non era facile. Eppure dovevo riuscire; dopo qualche schiarimento il mio sorridente amico mi diede volentieri il suo posto in pedana. Allora via un bel volo: la bandierina bianca dei trenta metri era stata superata, e l’ amico era rimasto serio. Ci presi gusto e volli insistere; imparai a girarmi sulla pedana e conobbi qualche altro semplice movimento. Così cominciai a divenire assiduo del campo sportivo e proseguii ad allenarmi con i miei compagni. Si era allora nel giugno del 1937. Dopo appena pochi giorni di preparazione fui incluso nella squadra che doveva partecipare ai Campionati Provinciali FIDAL a Verona. E due mesi dopo vinsi il titolo di campione provinciale dei Giovani Fascisti con metri 38.88 di disco. Ora però veniva la responsabilità; questa vittoria mi dava il diritto di rappresentare il mio Comando Federale ai Campionati Nazionali dei Giovani Fascisti a Firenze. Bisognava metterci tutta la buona volontà. Fui più assiduo agli allenamenti che venivano diretti dal maresciallo Bovi (NdA: sul coach di Adolfo vedi: Marco Martini, Carlo Bovi; in: AtleticaStudi n. 2/2004, p. 93), al quale debbo veramente moltissimo per tutto quello che da lui ho imparato. Appresi tanti piccoli segreti e tanti particolari dal mio allenatore, in modo che ben presto riuscii a sentire una certa tranquillità per i miei risultati nel Campionato Nazionale. A Firenze non delusi: la vittoria fu mia. I tecnici ed i competenti che assistevano alle gare mi dissero che con i miei mezzi avrei potuto ottenere molto di più e mi incoraggiarono a proseguire. Infatti ho curato un buon allenamento invernale, poichè sono stato chiamato a Rapallo agli allenamenti collegiali, dove ho potuto avere da mister Comstock (NdA: Boyd Comstock, statunitense e C. T. della nostra Nazionale dal 1935 al 1940) suggerimenti e correzioni che mi hanno oltremodo giovato, come pure mi hanno giovato moltissimo la vicinanza e l’ esempio di tanti altri atleti. D’ altra parte tutti gli accorgimenti adottati a Rapallo dall’ allenatore federale mi hanno reso perfetto padrone di ogni principale movimento, tanto da portarmi ad ottimi risultati» (Lo Sport Fascista - ottobre 1938 - pp. 19/20).
Stagione 1937 - Istituzione Comunale Bentegodi Verona
1938
«Ed eccomi ora alla prima gara internazionale: i Campionati di Inghilterra a Londra. Con una certa emozione sono partito dall’ Italia per quella importante competizione. Sapevo che moltissimi sguardi erano anche su di me e temevo di fare una brutta figura, come succede per lo più a coloro che per la prima volta sono chiamati a gare internazionali. Pensavo che un buon piazzamento avrebbe accontentato tutti, ma temevo di non riuscire. Invece, una volta giunto in pedana nello stadio londinese, pensai di vincere a tutti i costi. La maglia con il fregio del Littorio dà una forza da leoni! La vittoria fu mia, e divenni campione d’ Inghilterra. Ebbi la soddisfazione di veder sventolare il tricolore d’ Italia grazie al primo posto da me conquistato. Credo che gli occhi mi siano divenuti in quel momento un po’ umidi ed il cuore si sia messo a battere violentemente. Non dimenticherò mai quella giornata. Tornato in Italia non c’ era tempo da perdere; bisognava ancora allenarsi in vista dei Campionati Europei di Parigi, il più duro cimento dell’ annata. Tra l’ altro non ero più ‘lo sconosciuto ragazzo di Londra’, come mi avevano definito alcuni giornali inglesi. Negli allenamenti collegiali di Firenze intensificai ancora il mio lavoro e la mia preparazione. Ebbi la soddisfazione di superare per una decina di volte i 50 metri, fatto che mi consentiva di sperare in bene. Avrei voluto superarli anche in gara; una volta ci riuscii, ma oltrepassai la pedana e perciò il lancio venne annullato dai giudici. A Parigi la gara del disco si presentava difficilissima; c’ erano una quantità di atleti, fra cui i tedeschi, che si presentavano con misure rispettabilissime. Bisognava perciò essere molto accorti per conquistare un buon posto. Ma sia Oberweger che io ci siamo riusciti; penso di aver fatto abbastanaza e di essermi comportato con onore. Ho tra l’ altro avuto la grande soddisfazione di battere il campione di Francia Noel, il quale è rimasto così impressionato dai miei lanci che alla fine della gara si è congratulato con me. Ho superato sempre, sia in eliminatoria che in finale, i 46 metri, benchè ci fosse un vento fastidiosissimo. Certo l’ attuale campione europeo Schröder è formidabile, ma chissà che quest’ altro anno io non riesca a superarlo?!» (Lo Sport Fascista - ottobre 1938 - pp. 20/21).
Stagione 1938 - Istituzione Comunale Bentegodi Verona
(*) Il 28 novembre 1938 la FIDAL lo passa tra i prima serie, cioè nella migliore delle tre categorie in cui erano suddivisi i tesserati; il 7 dicembre 1937 la stessa lo aveva avanzato dalla terza alla seconda serie.
1939
Per allenarsi a Verona, Consolini partiva in bicicletta da Costermano la mattina presto e tornava a casa per pranzo. Ma le sue assenze dal lavoro pregiudicavano il buon andamento dell’ azienda familiare, specialmente durante la buona stagione, in cui due valide braccia che compivano il lavoro di quattro braccia normali erano più che gradite. Il padre protestò minacciando veti all’ attività sportiva del figlio; intervennero i dirigenti, assegnando a papà Consolini un bracciante pagato da loro che sostituiva il figlio quando questi era impegnato in gare o allenamenti.
«Ora sto già pensando alle gare future ed ai Giochi Olimpici. Mi sono messo in testa di arrivare ai 52-53 metri. È molto, forse pretendo troppo, ma penso che non mi dovrebbe essere impossibile. Infatti credo che, quando mi sarò tolto alcuni difetti, i miei risultati miglioreranno. Mi preoccupa il movimento delle gambe e delle braccia durante il lancio; è solo da poco che ho incominciato ad ‘imbroccare’ il movimento delle gambe nel giro in pedana, e quindi debbo approfondire tanti particolari» (Lo Sport Fascista - ottobre 1938 - p. 21).
Stagione 1939 - Istituzione Comunale Bentegodi Verona
1940
Dal mese di aprile militare con l’ 8° Reggimento di Artiglieria; partecipa ad operazioni militari in Jugoslavia e rientra in Italia nella primavera del 1941. Squalificato per 3 mesi a partire dal 28/10/39 per ‘aver asserito il falso’ nel chiedere il cambio di società, riuscì comunque nel 1941 ad approdare alla Pro Patria; lì fu assunto in azienda dal presidente Grimoldi. Nella lista continentale di fine 1940 è terzo dietro Bergh (sve) e Horvath (ung), ma nel complesso conquista lo scettro di numero uno d’ Europa terminando la stagione 1 a 1 con Wotapek e 2 a 1 con Trippe (i migliori discoboli tedeschi) ed 1 a 0 con Bergh. Oberweger, coinvolto nella guerra come pilota in aeronautica, termina praticamente la sua carriera da atleta, anche se saltuariamente gareggerà ancora.
Stagione 1940 - Istituzione Comunale Bentegodi Verona
Il primo record
1941
«Ieri mattina alle cinque l’ atleta Adolfo Consolini — che è artigliere in una batteria di accompagnamento e che si trova in licenza ma dovrà raggiungere martedì il suo centro di mobilitazione a Roma — si beveva tre uova innaffiate da una tazza di caffè ed iniziava così la sua giornata sportiva. Alle nove egli era al campo Giuriati, dove lo attendeva il suo presidente cav. Grimoldi, ad una interrogazione del quale egli rispondeva: ‘No, non credo di poter migliorare il primato. Oggi tutt’ al più vincerò la gara con un tiro di 47 - 48 metri’. Un’ ora dopo, per scaldare i muscoli, dopo aver eseguito due o tre lanci di disco fuori pedana, partecipava alla gara di tiro del giavellotto nella quale, senza spingere, toccava metri 43.70. Alle 10.30 egli era in pedana con altri otto concorrenti per prendere parte alla gara di lancio del disco. La giornata era tutt’ altro che adatta a migliorare un primato: la temperatura era rigida e, quasi non bastasse, una leggera nebbia si era posata sul prato, contribuendo ad intorpidire i muscoli degli atleti. Già tutti gli esercizi in cui l’ agilità è indispensabile avevano mancato il risultato sperato. Romeo, che si lagnava di avere i piedi addirittura gelati, a stento aveva superato i metri 3.60 nel salto con l’ asta; sui cento metri, malgrado una bella lotta fra Daelli, Mainardi e Caldana, il primo non era riuscito che a fermare i cronometri sugli 11.3; Missoni, pur avendo carburato i muscoli attraverso la gara di giavellotto, aveva corso i 300 metri in 35. Anche i discoboli scombinavano ed inoltre, dato che nel pomeriggio al Giuriati si doveva giocare alla pallaovale, non erano segnate sul terreno le distanze, e nessuna bandiera indicava il primato italiano. Consolini, nel girone eliminatorio, aveva incominciato con due nulli: la potenza della spinta non trovava difatti il bilanciamento del corpo attraverso il movimento delle gambe, e precisamente di quella sinistra, sulla quale il corpo rotea quando egli compie il serrate. Così il corpo era portato ad uscire di pedana. Si ebbero, quale conseguenza, due lanci nulli. Il terzo, per poter essere classificato per la finale, lo eseguì da fermo e raggiunse i 39 metri (NdA: 45.63). Ricominciò a ‘spingere’ in finale». Ma un difetto tecnico impedisce ad Adolfo di rendere al massimo. «Mosca, che lo seguiva da vicino, gli disse: ‘Ma non vedi che esci fuori pedana?! Perchè anzichè percorrerla per due metri e cinquanta non la percorri per due metri e trentacinque? Spostati leggermente in partenza». Consolini segue il consiglio; si sposta leggermente e, nel serrate, anzichè spingere tutto sul sinistro si trattiene leggermente come è nelle sue abitudini, così che nel momento finale il corpo risulta spinto all’ indietro. Pure, malgrado questo difetto che accorcia la parabola di almeno un paio di metri, il disco cade a metri 53.34» (Gianni Brera- La Gazzetta dello Sport - 27/10/1941).
Il primato del mondo è superato. Apparteneva allo statunitense Archie Harris, che lo aveva fissato a 53.26 il 20 giugno di quello stesso anno. Però... C’ è un però; un dubbio. Il tedesco Ernst Lampert ha scagliato l’ attrezzo a 53.35 il 17 agosto a Lodz. Si sa con precisione che il lancio non è ancora stato omologato per qualche cavillo, ma la situazione non è ancora chiara. Ordine. Contrordine. Alla fine arriva la conferma che il lancio del 29enne tedesco, già avversario di Oberweger e Consolini, non è valido. Adolfo è primatista del mondo.
Stagione 1941 - Oberdan Pro Patria Milano
Stagione 1942 - Oberdan Pro Patria Milano
Stagione 1943 - Oberdan Pro Patria Milano
Stagione 1944 - Oberdan Pro Patria Milano
Stagione 1945 - Unione Sportiva Milanese 3/6 (1) Milano 51.05 17/6 (1) Milano 48.35 24/6 (1) Milano 50.56 1/7 (1) Milano 51.20 5/8 (1) Piacenza 48.96 2/9 (1) Milano 50.22 9/9 (1) Torino 50.80 16/9 (1) Milano 50.53 23/9 (1fc) Saronno51.03 30/9 (1) Genova 51.23 Camp. Alta Italia 7/10 (1) Brescia 49.06 14/10(1) Vigevano 50.40 21/10(1) Bologna 50.82 2° Tosi 46.80 (Camp. It.)
1946 Campo Giuriati di Milano, 14 aprile 1946. «Consolini al primo lancio, senza per nulla dare l’ impressione di forzare, con la già annunciata variante di uno spostamento a destra di una ventina di gradi, quasi uguaglia il suo precedente primato. Nel secondo lancio, riuscito perfetto, addirittura lo supera (NdA: un 53.69 mai sottoposto all’ omologazione), e al terzo tocca i 54.23 del nuovo primato mondiale. Gli ultimi tre lanci terminano tutti anch’ essi oltre i 50 metri. Adolfo Consolini ha mantenuto fede alla sua classe, ha trovato nel suo buon sangue di atleta la spinta per superare un primato che i tecnici ritenevano imbattibile» (La Gazzetta dello Sport - 15/4/1946). «Il commissario tecnico Oberweger conosce benissimo Adolfo: lo reputa un fenomeno umano; mai lo vide però così fisicamente a punto come adesso. Ci ha ricordato un episodio che ne illustra la forza veramente erculea. Un po’ innervosito da certe critiche, seccato da certi insistenti consigli, Consolini andava torcendo le mani dietro la schiena. Trovò la spalliera di una sedia e, senza perdere l’ aria sua rispettosa e buona, letteralmente ne sbriciolò la traversina. Dall’ esaltazione della sua forza non vorremmo però si facesse il lettore l’ opinione che Adolfo Consolini sia un magnifico bruto. Al contrario, nell’ impostare così portentosa macchina umana, la natura vi accoppiò una bontà che è quasi timidezza, un candore che ha la straordinaria facoltà di esaltare i deboli, di attrarli a lui con quell’ impeto un po’ maligno che è proprio dell’ uomo quando si accorge (o s’ illude) di non essere in tutto inferiore. E viene in mente, fuor d’ ogni complicato cerebralismo, il gigante buono delle favole, il cavaliere senza macchia e senza paura che sbrana cento nemici alla volta ma perderebbe la vita per non calpestare un fiore. Adolfo Consolini è pervenuto a questa nuova esaltante vittoria attraverso lunghi e non lievi sacrifici. Con paziente lavoro di intelligenza, egli ha lentamente modificato i vizi stilistici particolari della sua struttura fisica. Dopo i campionati italiani dell’ ottobre 1945, ha riposato fino a gennaio. Ha poi frequentato il corso preatletico dell’ Unione Sportiva Milanese tenuto da Russo tre volte la settimana; si è ogni mattino sottoposto a mezz’ ora di ginnastica; e s’ è esercitato al giro (lancio a vuoto) su pavimenti incerati e sdrucciolevoli, onde giovare all’ equilibrio. A marzo, alfine, allenamenti all’ aperto. Scatti sulla pista della Bicocca, scioltezza per qualche minuto; poi preatletici, e la domenica assistito da Cesari (NdA: Antonio), lanci su lanci per migliorare la coordinazione» (Gianni Brera - La Gazzetta dello Sport - 16/4/1946). L’ 8 giugno il record mondiale passa nelle mani dello statunitense Robert Fitch (54.93), ma Adolfo si è ormai conquistato grande fama e viene invitato numerose volte all’ estero. Nella tournée in Svezia viene accompagnato da Gianni Brera ed ospitato da Gosta Olander, l’ inventore del fartlek, il sostenitore dell’ allenamento a contatto con la natura. Ai Campionati d’ Europa arriva il suo primo titolo importante. Stagione 1946 - Pro Patria Milano
Nel 1947 Adolfo attende speranzoso il visto della FIDAL per una tournée negli Stati Uniti, ma l’ o.k. non arriva. In luglio ha ugualmente modo di cimentarsi contro Fitch, a Praga, e ne esce sconfitto; ecco le serie:
Stagione 1947 - Pro Patria Milano
Campione olimpico
1948
L’ 8 gennaio 1948, per interessamento di due appassionati sportivi, Guido Cesura e Giovanni Farina, viene assunto alla Pirelli, nel cui centro sportivo trova tutto ciò di cui necessita dopo le contrarietà e il dissidio con la Pro Patria vissuti nel 1947. Ritrova persino il suo antico maestro maresciallo Bovi, con il quale riprende ad allenarsi in primavera. È quel che ci vuole per l’ appuntamento olimpico, dove Adolfo non trova Fitch, ritiratosi, ma comunque un nuovo temibilissimo avversario statunitense: Fortune Gordien, 26 anni, 54.64 di primato personale, lanciatore molto veloce di gambe. A Londra, dove si disputano i Giochi, il cielo è coperto durante le qualificazioni; Adolfo non si toglie neanche la tuta. Durante la finale pioviggina; le pedane sono ancora in terra battuta e quindi il fondo perde consistenza mano mano che il tempo passa. Lancia prima lo statunitense, ma le bordate più pericolose per il veneto sono quelle del compagno di squadra Tosi. Le serie:
Arena di Milano 10 ottobre 1948, riunione internazionale. C’ è attesa (15.000 spettatori) per l’ ennesimo scoppiettante duello oltre i 50 metri tra i nostri due discoboli, ed anche per i 5000, che hanno per protagonista sua maestà Emil Zatopek. In pedana Adolfo non è perfetto, come spesso gli capita.
«Consolini anticipava con gli arti inferiori, e per mettervi alla pari il braccio destro interrompeva la spirale con una scivolata in basso, poi a denti stretti forzava e il disco, pur salendo con poderoso slancio, spegneva la sua corsa in impennate disastrose; oppure schizzava basso e sfarfallava. Oberweger scuoteva il capo deluso. Era in campo, il maestro, e scuoteva il capo. Lo sapevamo, pareva dicesse; sono troppo stanchi: la stagione è finita. E infatti anche Tosi tralignava: lui non chiudeva i suoi lanci, non finiva cioè di aggiungere alla forza centrifuga del disco la spinta tangenziale del suo bicipite poderoso; e gli mancavano le gambe. Sforzi penosi doveva compiere per restare in pedana... Una giornata come le altre, si pensava, senza ricordarci che mai nessuno al mondo, fuori forma come i nostri, riuscì a tenersi sui 52-53 soliti di oggi, di ieri e di sempre. Poi Oberweger corse da Consolini: ‘Adolfo, Adolfo — gridò Oberweger — tu tagli l’ aria, tu forzi troppo. Parti in scioltezza’. Consolini annuì con il suo viso buono di candido Ercole: si concentrò in pedana, a lungo attese di essere a punto nell’ equilibrio, poi con la dolcezza partì. Non di scatto, dolcemente si avviò aumentando via via fino a raggiungere il ritmo ideale: poderosa fionda umana. Il disco gli schizzò via lievemente inclinato verso l’ alto, e pareva agli scettici della tribuna che fosse un lancio mancato: ma prendendo altezza il disco roteò liscio liscio e diritto lungo la sua parabola portentosa: cadde a destra della bandierina rossa. Pochi notarono che era sullo stesso arco; pochi, ma subitissimo Tosi: e qui videro gli sportivi quanto possano la generosità e la lealtà di un atleta autentico. Beppe Tosi corse a misurare coni suoi passi adusati la distanza, scosse il tondo rosso faccione quando fu arrivato a cinque, e senza attendere conferme si avvicinò al suo grande amico (rivale non era più), gli mollò una pacca gioiosa: È il record del mondo! — gridò. Consolini era incredulo: pareva non volesse convincersi. Altri ancora misurarono a passi la distanza dal picchetto fatidico alla linea dei 50 metri. Era davvero il primato mondiale; il nuovo primato! Gli atleti in campo, dietro l’ esempio di Tosi, non attesero l’ annuncio ufficiale dei risultati; si caricarono in spalla Consolini e tra gli applausi della folla entusiasta lo portarono sul podio dei vincitori. Poi venne l’ annuncio, la conferma, e fu un uragano sugli spalti gremiti della tribuna: per la terza volta in sette anni Adolfo Consolini, atleta ormai trentunenne, aveva migliorato il primato del mondo. Né si trattava di pochi centimetri, bensì di due spanne: 55.33, giusto quaranta centimetri oltre la misura di Bob Fitch» (Gianni Brera - La Gazzetta dello Sport - 11/10/1948).
Stagione 1948 - Centro Sportivo Pirelli Milano
Un altro quadriennio ai vertici
1949
Le trionfali accoglienze a cui va incontro Adolfo dopo la vittoria olimpica non ne mutano affatto i sentimenti. Nonostante la popolarità (il disco con cui Consolini aveva vinto il titolo olimpico viene messo all’ asta fruttando Lire 22.000 destinate a scopi benefici), il gigante di Costermano continua a perseverare ancora carico di entusiasmo ed umiltà. Nel 1949 Gordien gli strappa il record del mondo. Adolfo si limita a gare di respiro continentale, ma nel 1950 tornerà ad essere considerato il numero uno mondiale per l’ eccellente rendimento globale stagionale.
Stagione 1949 - Centro Sportivo Pirelli Milano
1950
Due i momenti-clou della stagione 1950. Il primo arriva il 23 luglio a Roma, in quello stadio delle Terme (ex Guardabassi) diventato nell’ immediato dopo-guerra l’ impianto numero uno della Capitale. Adolfo scaglia l’ attrezzo oltre i 55 metri. Percepisce la grande misura ed immediatamente si porta nei pressi della zona di atterraggio; è sulle spine. Si aggira nervoso intorno ai giudici senza chiedere nulla, poi esplode: record d’ Europa. Il secondo allo stadio Heysel di Bruxelles il 26 agosto, quando i nostri due migliori discoboli ripetono la doppietta di quattro anni prima ad Oslo, dominando i Campionati Europei con un vantaggio abissale sui più immediati avversari. Ecco le serie:
Stagione 1950 - Centro Sportivo Pirelli Milano
Nota: Il 29/10 a Modena Adolfo ottiene la miglior prestazione nazionale di lancio del disco a due braccia, aggiungendo al 54.28 ottenuto con il destro un 31.32 con il braccio sinistro, per un totale di 85.60. Questa specialità era stata praticata ufficialmente, con tanto di primati omologati, fino al 31/12/1938 (il record italiano era di Albino Pighi con 74.05). Ufficiosamente è soprattutto la miglior prestazione mondiale (era 85.21 di Gordien).
1951
Nel 1951 Consolini e Tosi, netti dominatori in Europa, hanno la possibilità di dimostrare la legittimità del ruolo di numeri uno e due del mondo che erano stati assegnati loro sulla carta nel 1950. Arriva infatti in Italia, per un paio di meetings, il 24enne Richard Doyle, fresco fresco (23 giugno) di titolo nazionale USA. Due i confronti diretti:
Nel complesso Beppone Tosi si fa preferire, per quest’ anno, a Consolini, da lui sconfitto in 4 dei 7 confronti diretti. Ma forse Adolfo la notte sognava, anzichè la perfezione del gesto tecnico e l’ attrezzo che atterrava a distanze-record, la dolce Enny Kuk, ragazza austriaca con la quale convola a nozze il 21 dicembre, a Milano.
Stagione 1951 - Centro Sportivo Pirelli Milano
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