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Rosetta Nulli Bonomelli, maestra per sempre |
"Caro.., mi spiace per l'antica signora Bonomelli: l'avevo incontrata l'ultima volta alla cena su in cima al lago di Garda, nel tuo buon rifugio austro-ungarico. Ad ogni modo, novantun anni è un numero mica male, specie se ne hai passati una cinquantina al seguito di quel genio testardo del professore. Ma con tutti i suoi difetti, dov'è oggi un altro Bruno Bonomelli? Ti guardi attorno, e vedi un deserto di intelligenze, di fantasie, di passioni, di curiosità".
Queste poche righe sono estrapolate da una lettera di posta elettronica ricevuta da un amico cui avevo inviato la notizia che Rosetta Nulli Bonomelli ci aveva lasciato. Poche righe, insieme ad altre di natura personale, vergate da una persona arguta e intelligente, due qualità sempre più rare, dentro e fuori l’atletica. Dove albergano ormai piccoli bottegai, in "un deserto di intelligenze, di fantasie, di passioni, di curiosità", appunto. Rosetta e Bruno, altra storia, irripetibile. Rosetta con il suo sarcasmo pungente, difficile, talvolta al limite dell’offensivo, ma quasi sempre calzante. Chi scrive ricorda ancora molto bene la frase sibilata fra i denti al termine dell’ Assemblea ASAI a Correggio, l’ultima cui ha preso parte. Aveva scattato con poche parole una fotografia ad alta definizione, lei alla soglia dei novant’anni, con una lucidità che mi aveva perfino imbarazzato. Bruno: gli imbecilli volevano rompergli le bottiglie di vino in testa (un delitto, mi disse dopo, non per la sua testa che avrebbe retto l’urto, ma per il vino di cui aveva religioso rispetto e devozione) perché non sopportavano il suo fustigare la loro ignoranza, la loro pochezza, la loro mancanza di intelligenza, fantasia, passione, curiosità. Difficile colpire la testa di Golia Bonomelli per i pigmei dello sport. Aveva fatto dell’atletica una materia di studio, di indagine, di conoscenza storica, tecnica, statistica, nel senso vero del termine, non un banale compilatore di numeretti avulsi e inutilmente fine a se stessi se non interpretati. E i suoi libri-capolavoro degli Anni ’40 e ’50 ne sono la testimonianza. La loro casa era un ristorante tre stelle grazie a Rosetta e una biblioteca senza orari di chiusura grazie a Bruno, un sancta sanctorum purtroppo aperto anche ai millantatori e ai ladruncoli. Ma da lì sono passate anche le persone serie, gli storici veri, come il nostro amico Marco Martini, l’erede ideale, se un erede ci deve essere. Entrambi fieri e orgogliosi della loro scelta politica, antifascisti integerrimi non dopo ma prima. Le loro famiglie hanno pagato, e dopo le famiglie hanno pagato loro. Rosetta fu internata nel lager nazista di Gries, presso Bolzano con il figlioletto Silvio, di quattro anni, e con parte della sua famiglia. Alcuni passi di una cinquantina di righe che Rosetta scrisse per ricordare quel giorno della sua vita, con il suo stile scarno, senza retorica, senza compatimento. Lo scenario è Iseo. "Il 12 settembre 1944 era una splendida mattina…C’era un ufficiale che aveva il simbolo delle SS sul collo…hanno bussato e ho aperto. Ci siamo alzati tutti, si è alzata mia sorella (Mariuccia, l’altra era Agape, N.d.R. ), mia suocera, mio padre, mia madre, io e il bambino…"Vi portiamo via con noi perché dobbiamo fare dei controlli"…Ci hanno incolonnato e ci hanno fatto andare a piedi in paese…Passando davanti al cimitero di Iseo vedo che ci vengono incontro due anziane signorine. Erano le sorelle di un certo Tanzi che dopo l’8 settembre aveva passato le linee insieme con mio marito e mio cognato. Chiedo all’ufficiale "posso salutare le mie due cugine?"…Una signorina mi abbraccia e mi dice "non abbiamo fatto in tempo ad avvisarvi. Tuo marito e tuo cognato sono riusciti ad evadere dalla Gestapo di Verona". Allora abbiamo capito che ci avevano preso come ostaggi." Bruno Bonomelli, alias Mario Verdi, combatté con i partigiani fino alla Liberazione. Rosetta Nulli Bonomelli e la sua famiglia difesero il loro onore e il loro orgoglio dalle grinfie dei nazisti, assassini e torturatori. Rosetta e Bruno, maestri di scuola entrambi, pedagoghi diremmo, maestri di vita. Il "Giornale di Brescia" ha titolato un bel "pezzo" scritto da Tonino Zana – cui va l’apprezzamento di tutti i soci dell’Archivio Storico dell’Atletica Italiana Bruno Bonomelli – con queste significative parole "Rosetta Nulli, maestra per sempre", titolo che mi sono permesso di riprendere tale e quale per il nostro sito. Chi scrive queste inadeguate righe ha avuto il privilegio di conoscere e frequentare la casa di Rosetta e Bruno, di viaggiare con loro, di ascoltarli, di condividerne giudizi, di prendere le distanze da certi atteggiamenti eccessivi, di polemizzare, di incassare le pungenti critiche di Bruno, in tema di atletica, di reagire qualche volta con stizza eccessiva. Con la stessa arguzia presa a prestito dal mio amico, anch’io ripeto: Ma con tutti i suoi difetti, dov'è oggi un altro Bruno Bonomelli? E aggiungo: dov’è un’altra Rosetta Nulli Bonomelli? Cara Rosetta, grazie per la stima che mi ha sempre dimostrato, per il supporto che non mi ha mai fatto mancare, per l’attenzione alle nostre piccole realizzazioni ASAI, singole e collettive, che lei ha sempre dimostrato di apprezzare. Sono sicuro che saprà fare buon uso della bottiglia di "rosso" che suo nipote Silvio le ha messo in valigia per il lungo viaggio. Sono anche sicuro che quando raggiungerà Bruno, insieme festeggerete (di "rosso" lui, nel frattempo, avrà già fatto buona scorta) come facevate subito dopo la fine della guerra, ballando per ore fino a tarda notte i ritmi americani nelle Case del Popolo delle nostre belle terre finalmente liberate. Rispettosamente, affettuosamente.
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