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Autoritratto del ragazzo-fenomeno Ottavio Missoni PDF Print E-mail

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Il documento, di cui riproduciamo l'immagine del titolo e di parte del testo, è davvero una chicca. È la riproduzione di... una riproduzione. Questa la breve storia. "Lo Sport Fascista", rassegna mensile illustrata fondata da Lando Ferretti nel 1928, pubblica nel numero di febbraio del 1938 uno scritto  di pugno dello stesso Ottavio Missoni. L'articolo sulla "rivelazione Missoni" viene ripreso qualche tempo dopo dal giornale della Federazione italiana, "Atletica". Noi lo trascriviamo oggi a completamento del ricordo di Missoni.

 

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Tanti sportivi chiedono notizie della mia carriera atletica, che si è svolta così rapidamente. Vogliono sapere come cominciai la mia attività, come mi allenavo, perchè ho preferito l'atletica leggera e moltissime altre cose di ogni genere. Mi chiedono anche cosa faccia e se è vero che ho adesso poco di più di sedici anni. Come sono riuscito a battere il formidabile americano Robinson, che è sempre uno dei migliori atleti al mondo nei quattrocento metri e negli ottocento.

Per accontentare tutti mi ci vorrebbero parecchie giornate. Ma capisco però questa curiosità su di me. Sono stato ancora poche volte e pochi giorni per l'Italia, mentre tutta la mia vita e la mia attività si svolge a Zara. Quindi ben pochi mi conoscono.

Ho adesso sedici anni e sono studente dell'istituto tecnico; mi piace lo studio, ma preferisco lo sport. È sempre migliore l'aria pura all'aperto che quella che si respira nella scuola. Ho pensato sempre così; forse perchè sono appassionato di mare come tutti quelli della mia famiglia: mio padre è capitano di marina e mio fratello si appresta ad imitarlo. Così forse è nata questa mia grande passione per lo sport. Da ragazzino il mio sogno era quello di diventare, come ogni altro maschietto, un asso del calcio. E via nelle strade e nei campi a giocare con i miei compagni di scuola. Mi piaceva di dedicarmi anche al ciclismo, al canottaggio, al tennis, alla pallacanestro ed al nuoto. Anzi nel nuoto riuscivo abbastanza bene tanto che i primati provinciali dei m. 50 e dei m.100 sul dorso appartengono ancora a me.

Debuttai nell'atletica in alcune gare organizzate e disputate da noi ragazzi per le strade di Zara; non sfiguravo proprio di fronte ai miei compagni, ma oltre che le gambe bisognava usare ogni astuzia. Siccome vedevo che potevo vincere anche sui più grandi di me volli provare a cimentarmi con gli atleti veri, quelli che correvano sulla pista dello stadio. Mi provai così nei campionati provinciali di Zaraprendendo parte agli ottocento metri. Non  mi andò male poichè riuscii ad arrivare secondo. Fui tanto contento che da quella volta pensai di diventare un campione degli ottocento metri. Il giornale locale "Il San Marco" parlò in quella occasione molto bene di me ed io ne fui assai lusingato, tanto che mi decisi a perseverare.

Mi serviva da allenatore in quell'epoca mio fratello Attilio che ha alcuni anni più di me e che era già uno dei migliori atleti di Zara nei cento metri.Egli mi insegnò a correre e mi diede dei buoni consigli che io ascoltai molto volentieri. Mi cominciava sempre più a piacere l'atletica, così che occupai un tempo minore per gli altri sport ai quali mi ero sempre dedicato. In compenso coltivavo tutte le specilità atletiche senza ancora decidermi per alcune di esse. Ottenevo anche dei buoni risultati come per esempio m. 6.10 nel salto in lungo, m.12.99 nel salto triplo e m.1.67 nel salto in alto. Avevo quella volta quindici anni e mi sembra che non ci fosse male per un ragazzo della mia età. Certamente questa attività molteplice e diversa ha molto giovato al mio fisico, come anche tutta la ginnastica che ho fatto. Mi sono irrobustito assai e ho acquistato molto scatto e molta velocità. Tutte doti che credo siano necessarie ad ogni buon atleta.

Fin qui la mia attività era stata contenuta nel campo provinciale. Ma ben presto dovetti cimentarmi in una gara di zona: i campionati regionali degli astudenti a Pesaro. Io dovevo correre gli ottocento metri, gara alla quale era presente anche Svampa Euclide, già nostro ottimo campione della specialità. Fui battuto quella volta, ma per un errore di tattica, quando già pensavo di aver vinto, proprio sul filo di lana. È stato quello il mio primo errore di gara e spero che sarà anche l'ultimo, perchè mi è rimasto molto impresso. Ho imparato in quella garache cosa volesse dire correre, ormai non vorrei cadere più nello stesso errore e sono certo che farò tesoro dell'insegnamento di quella gara.

L' Anno XIV servì ancora di preparazione alla mia vera attività atletica. Negli allenamenti invernali pensai che nella nuova stagione avrei dovuto fare molte gare soprattutto per il G.P. dei Giovani al quale tenevo in modo particolare. Mi misi quindi con passione agli allenamenti e mi affidai alle cure del bravo maestro Battara, l'allenatore del Guf Dalmata. La stagione di gare dell'anno XV si presentò per me sotto i migliori auspici, ma certo non pensavo mai che sarei stato capace di portarmi in così breve tempo all'altezza dei migliori atleti nazionali. Vinsi i campionati regionali studenteschi dei m.200; poi mi dedicai alla preparazione del G.P. dei Giovani ma senza sapere ancora quale gara scegliere, tanto che nelle finali di zona partecipai anche al salto in alto ed alla corsa con ostacoli, vincendo tutte le gare.

Fui prescelto a rappresentare la IX zona a Napoli per i m.300; incontrai il milanese Dorascenzi, il favorito della gara ed uno di quelli già noti, ma riuscii a batterlo senza molto faticare. Pensai allora che ero adatto per gare di velocità prolungata. Mi preparai perciò per i m. 400 che per la prima volta disputai al Campionato Italiano Seconda Serie. Anche questa volta vinsi. Ma provai una grande soddisfazione in Ancona quando in un incontro del Campionato di Società feci segnare al cronografo 49"2, ottenendo questo tempo senza avversari.

È nota a tutti la mia ulteriore attività: la mia affermazione sull'americano Robinson, che faceva parte della formidabile squadra degli U.S.A. in giro per il mondo, e la conquista  della maglia azzurra per l'incontro con la Francia a Parigi. Ho vinto nell'anno XV tutte le gare a eccezione di due: sono stato sconfitto da Ferrario nei m.200 e da Lanzi a Parigi, ma i due francesi erano dietro di noi. Come sono riuscito a fare tutto questo? Non lo so neanche io. Debbo ringraziare certo mio fratello Attilio ed il mio allenatore Battara, ma debbo anche essere molto contento di me stesso. Ho capito che per diventare qualcuno è necessario fare molti sacrifici e rinunciare a molte cose. Io ci sono riuscito ed è per me questa la più grande soddisfazione. Penso che la gran parte del successo stia in questo.

Ma ora mi si chiederà qualcosa di più mio, delle mie gare. Ma che cosa posso dire? Mi pare tanto naturale correre. Io non provo alcuna emozione nè di fronte ad avversari di grande nome nè di fronte a gare molto severe. Certamente l'avere fiducia nei propri mezzi è un altro dei maggiori coefficienti di vittoria.Non bisogna mai dubitare di sè stessi: ci vuole fiducia e volontà di vincere.

Pongo moltissima cura nei miei allenamenti; come mi hanno insegnato faccio moltissima ginnastica perchè il fisico deve irrobustirsi sempre ed armonicamente in ogni sua parte. Faccio in modo di portarmi gradatamente in forma ed una volta giuntovi di mantenermici senza affaticarmi molto. Ho notato che molti atleti cercano sempre di fare di più di quello che possono e per questa ragione vanno in super-allenamento. Intanto sto ponendo molta cura agli allenamenti invernali dai quali ogni atleta esce rinvigorito e saldo per la stagione in pista. Voglio essere in piena forma per i Campionati Europei dei primi di settembre. Sono certo di poter migliorare il mio tempo dell'anno XV; ad ogni modo di tenere ben alto il nome dell'Italia in questa grandissima rassegna dell'atletismo.

Quale gara farò? Gli sportivi giureranno che sarò alla partenza dei quattrocento metri. Io invece, eppure dovrei essere il più informato in materia, non ci metterei la mano sul fuoco. Ci saranno moltissime probabilità che io faccia questa gara, ma le mie aspirazioni e la mia passione mi portano agli ottocento metri, la prima specialità in cui ho gareggiato. Gli ottocento sono la gara più bella per me; sono sicuro di potere ottenere dei buonissimi risultati. Ma tuttavia vedremo; dovrò anche ascoltare i consigli che mi daranno i miei allenatori e tecnici. Sono un ragazzo ancora e voglio stare disciplinatissimo agli ordini che mi verranno dati da coloro che capiscono molto più di me. Mi dicono che debbo pensare alle Olimpiade di Tokio, perchè proprio per quell'epoca io dovrei essere in piena forma e nel maggiore rigoglio delle mie energie giovanili.

Ottavio Missoni