Home News Homepage Tommaso «Tom» Assi, un irrequieto pioniere della nascente scienza dello sport
Message
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Tommaso «Tom» Assi, un irrequieto pioniere della nascente scienza dello sport PDF Print E-mail

Gianfranco Carabelli, Maestro di Sport, nostro apprezzato socio, ci fa un graditissimo regalo, che arricchisce questo nostro sito e dà un senso alla nostra esistenza di gruppo che di atletica di altri tempi ha la presunzione di occuparsi. Gianfranco, in punta di penna (il bello scrivere, altra virtù in forte ribasso), dipinge la figura di un suo collega alla Scuola dello Sport del CONI e poi al Centro Studi e Ricerche dalla Federazione di atletica: Tommaso Assi, Tom per quasi tutti. Non vogliamo togliere niente alla lettura, e non ci limitiamo ad alzare il pollice dell'inutile «Mi piace» tanto di moda nella dilagante ignoranza anche del nostro sport. A Gianfranco Carabelli, già raffinato autore di altri ritratti di atleti italiani per questo nostro spazio, un sentito ringraziamento. In attesa di un nuovo contributo: se vuole, Gianfranco, ha tanto da raccontare di quello di cui è stato protagonista nel mondo dello sport italiano.

 

alt  alt alt
alt

Le foto, in sequenza da sinistra: Tom Assi con la tuta della Nazionale e con quella della Riccardi Milano (fu primatista sociale dei 10 mila metri con 32'04"4); nei due riquadri: in alto, Tom, occhiali scuri e risvolti della camicia bianca che spuntano da un maglione, sulle tribune in occasione della prima giornata dei Campionati universitari, a Roma: si riconoscono Carlo Vittori, Elio Locatelli, Tino Bianco, Angelo Cremascoli, Mario Valpreda (foto dall'archivio di Bruno Bonomelli); infine, Tom insieme a Vittorio Visini e a Pino Dordoni, in occasione di un raduno di atleti della marcia (foto dall'archivio di Pino Dordoni)

Ci sono casi in cui la vita delle persone si arresta in fase di piena accelerazione e i traguardi professionali ipotizzati nei loro confronti, valutati sulla base di una traiettoria già contrassegnata da tappe importanti, rimangono solo potenziali. Questo è stato il caso del Maestro di sport Tommaso Assi, di Trani, Tom per tutti, anche se un diminutivo poco si addiceva a un tipo come lui. Non perché avesse tradito le sue origini, anzi, ma la sua avventura, durata tutta la vita, specie in ambito sportivo, è stata quella di un nomade che aveva assunto il nomadare, appunto, come stile di vita, di filosofia, come motivo di crescita culturale e professionale. Questa sua irresistibile tendenza, spesso manifestata con repentine decisioni, partiva da lontano, ma non si sa bene da dove né che natura avesse, perché il suo modo di presentarsi non era affatto da nomade. Educazione e formazione classica dai Barnabiti gli hanno conferito un aplomb da persona distinta e di buona cultura, apparentemente un po’ arrogante per via di uno sguardo tendenzialmente torvo, ma accompagnato da un sorriso che, in contrasto con il resto dell’ espressione del viso, invitava alla cordialità, certamente senza smancerie di sorta. 

Passo un po’ legnoso, in linea con il resto del portamento, mai affettato e fuori controllo. Come abbia potuto scegliere le corse di lunga lena, le gare su strada e la maratona è incomprensibile, come tante altre cose derivanti dalle sue scelte di vita, ma alla fine ha sempre avuto ragione lui, come si vedrà. Il fatto è che la legnosità, quasi un segno di eleganza nella camminata, diventava un limite tecnico ben visibile nella corsa, pressoché zoppicante e per nulla ammortizzata all’impatto a terra del piede e alla conseguente flessione del ginocchio. La sua corsa non era un bel vedere. Eppure, questa scelta di dedicarsi alle corse di lunga durata, terminate quasi sempre con la schiuma alla bocca, segno di un impegno al limite della massima resistenza di cui era capace, è stata premiata con risultati molto apprezzabili in ambito nazionale, tanto da essere conteso da un numero non indifferente di società: dalle Fiamme d'Oro Bari, alla Telestar di Palermo, all’ Atletica Schio e da ultimo all’ Atletica Riccardi di Milano.

Alla Telestar di Palermo ha incontrato un allenatore certamente determinante nel prosieguo della sua attività, prima di atleta e poi professionale. Era quel Franco Bettella considerato il più nomade, il più estroso, sotto molti aspetti tecnici il più innovativo , spesso messo all’ indice dagli ambienti ufficiali; se fosse stato un poeta sarebbe stato annoverato fra i ‘’poeti maledetti‘’. Dagli allenatori è sempre stato considerato un estraneo e un sospetto sperimentatore di forme di allenamento inaccettabili per quel tempo, salvo poi, dopo anni, essere rivalutate nella loro giusta dimensione tecnica. Tuttavia, la fiducia e l'ammirazione di cui godeva da parte dei suoi atleti erano totali, tanto da ottenere da loro la piena disponibilità a sottoporsi a carichi di lavoro pesantissimi. E Tom non è stato da meno, prendendo da questo singolare maestro non solo l’ irrequietezza comportamentale, ma anche quella culturale: in particolare era interessato alle nuove forme di allenamento, soprattutto quelle praticate all’ estero, viste anche alla luce delle sue prime conoscenze scientifiche derivanti dagli studi universitari in Scienze agrarie.

Dopo aver cambiato casacca per essere passato alla Riccardi di Renato Tammaro a Milano, ha pensato bene di trasferirsi a Schio, quartier generale del mezzofondo e del fondo italiano, dove sapeva di poter contare sulla guida tecnica e umana di Mario Lanzi, responsabile nazionale del settore. Qualcuno lo ricorda con il libro di testo di entomologia in mano intento nelle pause di allenamento a preparare l’ esame di quella materia. Nello stesso tempo, si manteneva insegnando Educazione fisica in un Istituto di Thiene, dove poi metterà su famiglia.

A questo punto, chiunque avrebbe fatto una sosta per guardarsi intorno e fare scelte di vita pressoché definitive. Ma non lui che, in forza di passaggi burocratici fatti ad hoc riesce ad iscriversi all’ istituenda Scuola Centrale dello Sport a Roma. Si può ben dire che le facilitazioni burocratiche per Tom erano dovute al fatto che rappresentava il prototipo dell’ allievo modello della SCdS immaginato da Onesti e da Garroni (sì, proprio Giulio Onesti, il Presidente del CONI, e Garroni, vicesegretario delegato, i quali con l’ istituzione della Scuola intendevano gettare le basi in prospettiva futura per innovare i quadri tecnici e dirigenziali del CONI e delle Federazioni): ex atleta, buona cultura generale tecnico-scientifica ed umanistica e grande motivazione professionale. Dopo i tre anni accademici è uscito dalla SCdS con il titolo di Maestro dello Sport di cui andava molto orgoglioso, tanto da essere considerato dalle persone a lui vicine ‘’il Maestro‘’ per antonomasia. Da notare che mentre frequentava le lezioni a Roma, con frequenza assolutamente obbligatoria, trovava il modo di insegnare Educazione fisica a Thiene, di allenare alcuni mezzofondisti, di dedicarsi ad altre discipline come il ciclismo e la pallacanestro. Ogni attività si aggiungeva alle altre e non il contrario, come se le categorie dello spazio e del tempo per lui non esistessero, senza, comunque, entrare mai in affanno, portando a compimento e nel migliore dei modi gli impegni assunti, raccogliendo per di più lusinghiere attestazioni di stima e di affetto da parte degli atleti e delle atlete da lui allenati. Certo non aveva né tempo né voglia di perdersi dietro a dispute tecniche senza costrutto. Il continuo peregrinare in varie parti d’Italia lo ha naturalmente portato ad assumere un particolare e originale accento, un misto fra il dolce ma assertivo vicentino e il più conciliante pugliese. Un ossimoro, ma che rappresentava bene l’ evoluzione umana e sociale di Tommaso. Alla fine sposa Grazia, anche lei insegnante, la quale, armata di santa pazienza e di amorevole comprensione, lo porterà ad avere un riferimento stabile anche se non ancora fisso in quel di Thiene e gli regalerà l’amatissima e bella Michela.

Ma non si può sorvolare sul fatto, e questa è la vera peculiarità di Tommaso Assi Maestro di sport , che attraverso la Scuola dello Sport e il nuovo Centro Studi e Ricerche della Federazione di Atletica è venuto in contatto con nuove figure appartenenti al mondo scientifico universitario che fino ad allora non avevano avuto modo di affacciarsi al mondo dello sport, sia per mancanza di reciproco interesse sia per mancanza di interlocutori, da entrambe le parti, disposti e interessati a confrontarsi. La SCdS del CONI prima e il CSeR della Fidal poi, invece, hanno proprio favorito l’ ingresso di scienziati nell’ ambito sportivo: professori universitari che con i loro studi e le loro ricerche condotte con la collaborazione dei tecnici più esperti e culturalmente più preparati hanno potuto dare un contributo innovativo e determinante allo sviluppo delle metodologie di allenamento, alla nascente Scienza dello sport tout court. Spesso, però, mancava l’ anello di congiunzione. Mancava il tecnico, mancavano i tecnici, in grado di collaborare con questi scienziati nel loro ambito prima e di trasferire poi sul campo le nuove acquisizioni scientifiche e tecniche rendendole nuovo patrimonio culturale degli allenatori, tanto da creare un continuum, senza soluzione di continuità, dal campo al laboratorio e dal laboratorio al campo, nel pieno rispetto dei ruoli e delle competenze di tutte le figure coinvolte. Le inevitabili rivalità scientifiche e i personalismi verranno dopo. E sarà un’ altra storia.

Il Maestro Assi, forte anche della formazione scientifica e multidisciplinare acquisita, è stato tra i primi se non proprio il primo tecnico che ha saputo ricoprire questo delicatissimo e preziosissimo ruolo ’terzo‘, facendone un nuovo proprio spazio professionale. Nuovo, ma ormai già imprescindibile. A misura che gli orizzonti scientifici si ampliavano, non solo in ambito medico-biologico-fisiologico, ma in tutti quegli ambiti disciplinari che riguardavano l’atleta nella sua interezza psico-fisica conseguentemente la necessaria capacità di interlocuzione si faceva sempre più complessa. Perché il rapporto era uno a molti: un tecnico verso molti consulenti scientifici, quanti di volta in volta se ne avvertiva la necessità.

Mentre il Maestro Assi era avviato a ricoprire con sempre maggiore competenza, competenza riconosciuta da tutte le componenti in causa particolarmente esigenti e impegnative, specie quelle operanti nell’ ambito dell’ atletica leggera, di ritorno da uno stage in Australia, dove era andato a ricoprire quel ruolo nello staff tecnico, finalmente riconosciuto formalmente dalla Federazione di atletica, ha avvertito dei segnali di grave malessere e in brevissimo tempo è mancato. Si è trattato di una morte prematura, che non ha consentito a Tommaso di formare di sua mano, con la ricchezza delle molteplici esperienze accumulate, una nuova classe di metodologi dell’ allenamento di elevato livello professionale per il futuro, completando così la sua traiettoria professionale. A quarant’ anni dalla sua scomparsa ancora se ne sente il bisogno per il vuoto che ha lasciato, e ancora lo si ricorda con stima, simpatia e rimpianto.