Home News Homepage L'oro della medaglia olimpica non sbiadisce mai: Ugo Frigerio (3)
L'oro della medaglia olimpica non sbiadisce mai: Ugo Frigerio (3) PDF Print E-mail

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Due documenti d'epoca: a sinistra, la copertina del libro di Ugo Frigerio, edito nel 1934, nel quale racconta la sua vita non solo di atleta. A destra, una copertina della «Domenica del Corriere», disegnata dal famosissimo Achille Beltrame, del luglio 1922, quindi a mezza strada fra i due Giochi Olimpici di Anversa e Parigi e delle tre medaglie d'oro, unico atleta italiano - parliamo di atletica leggera - ad aver conquistato tre ori olimpici

Era il 18 agosto 1920... Era il 21 agosto 1920...Stavolta non sarà un estraneo, un giornalista seppur bravo, a raccontarci come andò, ma lasciamo la parola direttamente al protagonista. Più che la parola, lo scritto: abbiamo preso spezzoni del racconto che Ugo Frigerio fece nelle pagine del suo libro «Marciando nel nome dell'Italia», pubblicato nel 1934. Niente altro, solo leggere.

Notarelle del redattore - Nel primo dei ricordi dedicati a Frigerio parlammo anche di marcia in generale, con piccole annotazioni. Per esempio scrivemmo che la marcia fece la sua apparizione nel programma olimpico a Londra nel 1908. Eh no, caro Archivio Storico, documentati meglio! La prima gara di marcia fu disputata ad Atene nel 1906, la distanza era di 1500 metri e vinse lo statunitense Bonhag. Ci inchiniamo a tanta sapienza, ma non facciamo ammenda. Il tipo che ha voluto fare la punta al...diciamo agli spilli, ignora che i Giochi del 1906, erano giochi di Casa Grecia che, meritoriamente, aveva voluto festeggiare i dieci anni della rinascita della Olimpiade. Ma quei giochi non fanno parte di quelli che conosciamo come Giochi Olimpici. Infatti furono chiamati «Intercalated Games», Giochi di mezzo, una pura e semplice rievocazione decennale, ma non furono assegnati titoli olimpici. 

Abbiamo invece reperito in uno dei tanti libri olimpici, una notizietta singolare, forse una favola metropolitana, delle tante che ammantano i personaggi sportivi. Del poliziotto di Brighton, George Larner che vinse le due gare a Londra nel 1908, si narra che avesse una abitudine un po' singolare per i suoi allenamenti. Pare che, quando le circostanze lo permettevano, si spogliava completamente e marciava in un parco quando non era aperto al pubblico, specialmente se era una giornata di pioggia.  Va a sapere...resta che ha vinto due titoli olimpici, riconosciuti.

Ma ce n'è un'altra carinissima. George Goulding, un canadese di nascita britannica, prese parte ai Giochi di Londra nel 1908: quarto nei 3500 metri di marcia e ventiduesimo nella maratona, maratona avete capito bene. Quattro anni dopo, a Stoccolma, ci riprovò e vinse i diecimila metri di marcia (terzo il nostro Altimani, ricordate?). Dopo la vittoria inviò un laconico telegramma a sua moglie:«Vinsi - George». La quale moglie, pochi giorni dopo, diede alla luce un pargoletto, cui fu posto nome George Beverly Olympic Goulding. Alla faccia di quelli, che decenni dopo, pensavano di essere orginali a mettere nome Olimpia, o Olimpico, ai propri figli, con gran diletto dei giornalisti che ne hanno fatto oggetto di interviste, in esclusiva, of course.

 

Due volte olimpionico

di Ugo Frigerio

"Camminai velocissimo, in rigidissima disciplina, e ordinatamente vinsi...

"Lo Stadio Olimpico si presenta...nella sua paurosa imponenza...fra i dodici concorrenti rimasti nella fila dopo la eliminatoria, e che ora dovevano disputare la finale sui diecimila metri, io rappresentavo l'Italia con Donato Pavesi. Non erroneamente la partenza fu sibito battezzata fantastica...la velocità iniziale è semplicemente sbalorditiva...basti dire che il primo chilometro è divorato in 4'28". L'americano Pearmann prende il comando subito dopo il primo giro, e lo segue l'australiano Parker...Pavesi è terzo. Per conto mio non abbandono il passo regolare e il ritmo usuale, anche quando al terzo chilometro mi vedo distanziato d'un centinaio di metri...Il gruppo di testa s'avvede di dover presto cedere, se tenta di proseguire con simile passo...Riprendo a guadagnare sensibilmente terreno senza interrompere la regolarità cronometrica del passo...Raggiungo così Pavesi e lo lascio alle spalle. Pearmann ha pensato di distaccare Parker, e rimane in testa; per ora avvicino soltanto quest'ultimo e lo vado tastando...Legno duro: c'è poso da fare con la semplice accetta, occorre una scura di tempra; e siamo al sesto chilometro. Bando ai complimenti! Attacco risolutamente l'australiano e lo sorpasso, dopo aver misurate le sue forze. Non c'è tempo da perdere. Marcio quindi all'assalto di Pearmann con l'intenzione di avvicinarlo subito e obbligarlo ad una estenuante difesa....L'atleta americano è fortissimo, e ha risorse da vendere...egli resta al suo posto e io al mio, così per due giri...dopo altri due giri spasmodici per Pearmann, passo all'offensiva di fondo, attaccando arditamente l'avversario...che sorpasso. Sono in testa a tutti e la folla che gremisce lo stadio è con me...filo rapido e contento...ormai, salvo qualche brutto incidente, la vittoria dovrebbe marciare al mio fianco. Provo una sensazione di benessere e un'inspegabile freschezza di forze; all'ultimo giro ne registro mezzo di vantaggio su Pearmann. Ancora poco più di cento passi e romperò il filo del traguardo. Eccolo! Sono pieno di gioia...sorrido a tutti, mentre la vittoria mi sorride. Alzo le braccia...il filo di lana è strappato...Viva l'Italia! Non ne potevo più dalla voglia di gridare a tutti i venti il nome della Patria vittoriosa...m'accorsiche prima ancora di attendere il responso della giuria, il boy scout incaricato di innalzare la bandiera della Nazione dell'atleta vittorioso aveva già fatto garrire al vento l'amato tricolore. Fu per me un attimo di indicibile orgoglio.

"Dopo qualche giorno di riposo, ripresi la lotta, gareggiando nuovamente nello stesso Stadio e per il medesimo titolo di campione olimpionico. Vinsi infatti, senza fatica, anzi con insperata facilità, la batteria e la finale della marcia su tre chilometri".