Home News Homepage Quando l'atletica italiana cercava un riparo per l'inverno (prima parte)
Quando l'atletica italiana cercava un riparo per l'inverno (prima parte) PDF Print E-mail

Non occorre una memoria di ferro per ricordare che giorni orsono abbiamo accennato che quest’anno fanno cinquanta dalla prima edizione dei Campionati italiani in pista coperta, che si tennero il 22 e 23 marzo 1970, sulla appena acquistata, e montata, pista, all’interno del Palazzo della Fiera di Genova. Fu una decisione repentina, quasi inattesa, anche se desiderata. Di atletica invernale si parlava da tempo, ma molte e forti erano le remore, secondo le convinzioni…dell’epoca della pietra.

Leggete qualche brano dello scritto di Dante Merlo in apertura del numero di marzo 1970 della rivista «Atletica Leggera»:

Sia per l’attività «indoor» che per il dibattito in sede tecnica siamo passati dallo zero assoluto all’alto livello in quattro e quattr’otto…salutiamo i «salti» compiuti con un piacere un po’ incredulo. Costretti per un sacco di anni a subire le cortine fumogene regolarmente lanciate dai vecchi dirigenti davanti alle novità in ossequio alla teoria del gradualismo, non ci par vero che in così breve lasso di tempo si sia recuperato tanto terreno.

“Non è inutile ricordare che i vecchi dirigenti ebbero sempre in uggia le attività invernali come le corse campestri e le riunioni al coperto. Per queste ultime poi nutrivano un’avversione che rasentava la persecuzione*…Con tutto questo la base non rinunciò al tentativo di far breccia in quel muro…Nel contesto di quella pressione rientrano le riunioni a programma ridotto o con soli salti allestite a Brescia, a Udine, a Piacenza, a Bologna, in palestre, palazzi dello sport o delle fiere…Soltanto lo scorso anno…si ebbe la prima riunione al coperto di una certa dimensione al palazzo dello sport di Reggio Emilia.

* Dissentiamo dalla affermazione che le gare al coperto furono perseguitate. Semmai vorremmo ricordare che una vera e propria crociata fu scatenata contro la corsa campestre, quando, con una decisione del Consiglio Direttivo federale, si impedì la partecipazione degli atleti di Prima Serie alle gare di cross e si disputarono campionati nazionali solamente per i Terza Serie e i non tesserati. Per le gare al coperto questo non è mai avvenuto. Ci voleva organizzare, lo faceva: pensiamo a Sandro Calvesi che fine anni '40 - primi '50 organizzava garette a Brescia nel maneggio della Cavallerizza Bettoni.

“L’esame di Genova del primo completo esperimento «indoor» italiano è stato invece superato con ottimi voti. Buona volontà e coraggio alleati hanno consentito un’impresa che soltanto una settimana prima…sembrava impossibile. La pista infatti, ricevuta in ritardo dagli organizzatori genovesi perché ordinata in ritardo dalla Fidal, è stata montata all’ultimo momento”.

Il mensile della Federazione «Atletica» aveva dato notizia dei Campionati al coperto nel suo numero di gennaio, dedicando all’evento bel cinque pagine, dalla quinta alla nona, corredando il testo con fotografie, tabelle delle migliori prestazioni al coperto. Facciamo notare che allora si parlava di «migliori prestazioni» e non di «primati». Leggiamo alcuni brani di quello scritto:

Genova avrà i primi campionati «indoor» della nostra atletica. È questa la più interessante novità per il nostro sport che così si affaccia agli «anni 70» della sua maturità.

“Il problema dell’attività «indoor» era stato per decenni, in Italia, semplicemente accantonato. Si diceva che la stagione all’aperto, per cause climatiche già molto lunga e logorante, era più che sufficiente ad offrire agli atleti ogni possibile occasione di cimento. Come giustificazione tecnica si poneva la probabile lacerazione delle nostre esigue forze di prima linea. Tutto questo mentre all’estero, escludendo pure gli USA dove l’attività al coperto è nata insieme all’atletica stessa, si seguivano ben altre strade. Ed a onor del vero con ben altro successo. La Federazione ha affrontato ora il problema con coraggio. Gli esperimenti fatti negli anni passati meritavano bene un seguito ed una ufficializzazione. Gli organi federali si sono quindi messi al lavoro. Il primo ostacolo che hanno dovuto superare riguardava proprio la mancanza di un impianto completo. Molti palazzi dello sport da noi potrebbero tranquillamente contenere piste «indoor», ma molto più difficile risulta al momento convincere le varie amministrazioni alla loro dotazione in questo senso. Così la Federazione ha provveduto all’acquisto di un impianto completo smontabile, che per la prima volta sarà usato proprio a Genova, al Palazzo della Fiera, per i primi campionati nazionali in sala”.

Per oggi ci fermiamo qui per non farla troppo lunga, ma vi racconteremo il resto a puntate nei prossimi giorni.

Un’ultima annotazione. Il 14 e 15 marzo, quindi una settimana prima dei nostri primi Campionati nazionali, la Stadthalle di Vienna, al Prater, aveva ospitato i primi Campionati d’Europa al coperto. Negli anni precedenti, erano stati disputati dei «Giochi» continentali, che non assegnavano titoli. A Vienna la partecipazione italiana raccolse ben poco. “Amaro responso”, commentò Dante Merlo. Ancor più esplicito Ruggero Alcanterini sulle pagine federali. “Sarebbe pressoché impossibile individuare aspetti positivi nella partecipazione azzurra alla prima edizione ufficiale dei Campionati Europei Indoor e noi non vogliamo ricorrere ad artifici di sorta per rovesciare una frittata che allo Stadio del Prater, sia pure tra valzer e luci sfolgoranti, è riuscita decisamente male…Questa onesta riflessione, però, non deve suonare come amaro rimpianto o squillo d’allarme: è soltanto una onesta riflessione…”.

A Vienna andarono nove atleti italiani: Claudio Cialdi (60m, sesto in batteria, la terza); Sergio Liani (60m ostacoli, quinto in batteria, la seconda); Aldo Righi (asta, non classificato); Giuseppe Gentile (triplo, settimo); Carlo Arrighi (lungo, dodicesimo); Umberto Risi (3000m, quinto in batteria, la seconda); Cecilia Molinari (60m, quinta in semifinale, la seconda); Donata Govoni (terza in batteria, la seconda); Mariella Baucia (lungo, diciassettesima).

(segue)