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Ut sementem feceris ita metes: Virtus Castenedolo, la semina e il raccolto |
Mieterai a seconda di ciò che avrai seminato, scrisse Marco Tullio Cicerone nel trattato «De oratore». Frase che calza come un guanto ai seminatori della Atletica Virtus Castenedolo, che, come abbiamo avuto occasione di scrivere nelle ultime settimane, hanno festeggiato i cinquant’anni di vita: 1969 – 2019. I risultati della semina sono stati enumerati, in bell’ordine, in un libro che abbiamo presentato qui e altrove, senza tanta enfasi ma con abbondante concretezza: sette centurie e mezzo di giovinette e giovinetti sono passati sotto le inflessibili grinfie di coach Erminio Rozzini e compagnia. Va reso il dovuto merito anche a tutti coloro, e son molti, che hanno prestato la loro opera di istruttori, allenatori, e che per onorare questo impegno si sono documentati, han studiato, prima di mettersi al servizio degli aspiranti atleti. E da quel lavoro son venuti i titoli italiani, le maglie azzurre, le partecipazioni a Giochi Olimpici e campionati mondiali ed europei, son venuti i primati che per un atleta sempre rappresentano il simbolo del progresso. Ecco la parola magica che Bruno Bonomelli ha cercato di inserire nella nostra piccola cultura atletica: in questo sport è insito il concetto di progresso; lanci un giavellotto la prima volta a trenta metri, ma la seconda il tuo obiettivo è farne 31, e poi, 32, e poi via, via, sempre più in là. Progresso come sinonimo di primato, prima di tutto personale, quello che ti dà l’orgoglio intimo, che ti accende la voglia di continuare, di perseverare. Magari poi vengono il primato sociale, sei il più bravo del tuo club, quello della tua provincia, quello della tua Nazione, quello mondiale, il sogno. Insieme alla formazione sportiva, quella civile, sociale. L’insegnamento del concetto di comunità, quella del club, di far parte di una squadra, seppure in uno sport radicalmente individuale come l’atletica. Possiamo affermare che alla Virtus Castenedolo questa opera di formazione l’hanno fatta, magari non sarà riuscita con tutti, ma guardandoci attorno nella sala del Cinema Ideal di Castenedolo, dove si è tenuta la parte pubblica dei festeggiamenti del cinquantesimo, abbiamo visto donne e uomini che hanno trasferito nella loro vita, nella loro professione, lo spirito di quella «virtus». E lì, sotto lo sguardo attento e sorridente di Sara Simeoni, che della cerimonia è stata applauditissima madrina, sono passati i tanti premiati, che noi riassumiamo qui in due piccoli gruppi. I due migliori della stagione 2019: Margherita Regonaschi (giavellotto che va sempre più lontano) e Steven Asamoah (prove multiple, in progresso seppure nella oggettiva difficoltà della disciplina). E poi l’apice dei cinquanta anni, i due eletti come esempio agli altri: Palma Beccalossi, minuta velocista negli anni ‘70, e un commosso Alessandro Beschi, una montagna di uomo che ha lanciato il martello sotto la guida dello scomparso «Yuro» Ragnoli (il suo ricordo commuove chi lo ha conosciuto). Questi quattro citati sono i rappresentanti di tutti, e son tanti. È stata Virtus per cinquant’anni, che sia Virtus per lungo tempo ancora. Le foto che corredano queste righe sono di Jessica Baiguera. |