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Roberto L. Quercetani ha dato alle stampe una nuova edizione della storia dell'atletica mondiale PDF Stampa E-mail
Giovedì 18 Dicembre 2014 14:32

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Ci onora presentare ai nostri soci e ai nostri lettori il più recente lavoro di approfondimento storico che porta la firma del nostro presidente onorario, Roberto L. Quercetani. Parliamo della nuova edizione di "Athletics - A History of Modern Track and Field Athletics 1860 - 2013", un aggiornamento di precedenti edizioni, l'ultima delle quali era stata pubblicata nel 2000, seguita poi da una serie di libri singoli sulle varie discipline del nostro sport. Il libro (464 pagine), come tutti i precedenti, è edito dalla editVallardi, con il supporto della International Athletics Foundation (I.A.F.), ed è in lingua inglese. Accanto all'autore un altro nome dalla "rosa" dell'Archivio Storico dell'Atletica Italiana "Bruno Bonomelli": quello del socio fondatore Augusto Frasca, che ha scritto la prefazione a questa nuova edizione della "Quercetaneide". Lo ricordiamo per i più giovani: questo libro ha posto solide radici nella cultura del nostro sport nel 1964, con la prima edizione, anche allora in inglese. Cinquanta anni fa! Ci viene in mente per associazione il titolo di un libro di Ken Follett, "I pilastri della terra". Ebbene, questo libro può essere considerato "un pilastro dell'atletica leggera".

Chi fosse interessato all'acquisto può rivolgersi a Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. , persona che alla Federazione mondiale, nel Principato di Monaco, si occupa delle pubblicazioni. Ricordiamo che i soci A.S.A.I. possono usufruire di uno sconto del 25% sul prezzo di copertina.

Ultimo aggiornamento Venerdì 19 Dicembre 2014 12:22
 
"Atletica Studi" ha segnalato il nostro libro che raccoglie gli atti del Convegno su Bruno Bonomelli PDF Stampa E-mail
Giovedì 11 Dicembre 2014 10:05

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Abbiamo ricevuto in questi giorni il nuovo numero (2013/1-2) della rivista "Atletica Studi", trimestrale di ricerca scientifica e tecnica applicata all'atletica leggera edito dalla F.I.D.A.L. e giunto al 44esimo anno di vita. La nostra attenzione è stata richiamata da una recensione pubblicata a pagina 98: a corredo della copertina del nostro libro, una quindicina di righe ricordano il Convegno da noi organizzato a Brescia, nel novembre 2010, a ricordo dei cento anni della nascita di Bruno Bonomelli. "Tra le varie relazioni, sul Bonomelli tecnico vi figurano - riprendiamo integralmente - interventi di Gabriele Rosa e Enrico Arcelli, che ricordano alcune felici intuizioni (in grande anticipo sui tempi) del compianto professore bresciano a riguardo della preparazione per la maratona".

Ringraziamo la redazione della rivista per questa segnalazione. Ricordiamo a chi fosse interessato a prenderne visione che "Atletica Studi" è disponibile sul sito della Federazione italiana www.fidal.it. Fra gli interventi di grande interesse pubblicati in questo numero la seconda puntata di un lavoro storico del nostro vicepresidente Marco Martini su "Militari brava gente". Sempre nel caso ci fosse qualche appassionato interessato al libro degli atti del Convegno, informiamo che ne abbiamo a disposizione ancora un po' di copie: contributo all'A.S.A.I. di 15,00 Euro (spedizione compresa), i dettagli per il versamento alla voce Benvenuti in ASAI.

Da parte nostra, cogliamo questa opportunità per invitare alla lettura del testo che Martini lesse in occasione del Convegno, dal titolo "Pala, piccone e microscopio", indicazione di un serio metodo di ricerca nel campo della storiografia sportiva. Un piccolo capolavoro, per chi lo vuol capire.

 

«Se la Ricerca invade sempre più l’attività umana,
non si tratta né di fantasia né di moda, né di caso.
Semplicemente l’Uomo, diventato adulto,
si trova irresistibilmente spinto a prendersi carico
dell’evoluzione della vita sulla Terra,
e la Ricerca diventa l’espressione stessa di questo
sforzo evolutivo, non solo per sussistere,
ma per essere di più»

L’11 aprile 1965, in un convegno di studiosi dell’atletica leggera italiana, nel suo intervento Bruno Bonomelli segnalava un clamoroso errore storico comparso sul primo degli annuari pubblicati dalla FIDAL, anno 1931, ad opera di Bruno Zauli. Sottolineava poi come l’abbaglio di Zauli fosse ricopiato pari pari sul secondo annuario apparso a cura della FIDAL, quello del 1950, opera di Pasquale Stassano, e ancora nel 1961 (rivista «Atletica» 27 maggio) in uno scritto del presidente FIDAL Giosuè Poli. E insisteva sulla importanza della ricerca per coloro che credono fermamente nell’idea di progresso3. Non era una critica buttata lì solo a effetto, ma come tutti sanno fu suffragata dai fatti, perché il bresciano fu il primo a compiere studi seri sul passato dell’atletica italiana.

Ora, la domanda è: possiamo dare ragione a Bonomelli sulla relazione tra ricerca e progresso umano? Soffermiamoci su un dato incontestabile: 150 anni fa i ricercatori erano pochissimi, e per lo più ritenuti degli «eccentrici»; oggi sono migliaia, sia nel campo storico sia in quello sperimentale, e molte volte anche associati e organizzati tra di loro. È grazie a questi individui che oggi l’Uomo è in grado di conoscere molto meglio di 150 anni fa il Fenomeno in cui si trova avvolto, e per la prima volta è potenzialmente in grado di indirizzarlo nel senso giusto. Se riuscirà a farlo o meno, dipende da quali saranno gli interessi che prevarranno. Gli studiosi possono, tramite le loro ricerche, segnalare i problemi e proporre le soluzioni, ma non gestiscono il potere. In un’èra scientifica come quella in cui viviamo, la ricerca è diventata comunque un tale elemento chiave da aver fatto il suo ingresso persino in un ambito che molti ritengono immutabile, quello spirituale. C’è infatti chi l’ha proposta come principale mezzo ascetico moderno, esprimendosi nei seguenti termini: una volta scoperto dalla Scienza che la vita è nata per evoluzione e che diviene sempre più cosciente dei meccanismi che la regolano, in questa evoluzione verso un Qualcuno in cui tutto trova significato e compimento, io avvicino me stesso e l’umanità intera a questa Persona Suprema verso cui tutto tende e in cui tutto si va raccogliendo, non più imitando il modello etnocentrico propostomi dalla tradizione ma, al contrario, gettandomi alla ricerca degli elementi che ancora non sono stati valorizzati (Pierre Teilhard de Chardin, Mircea Eliade).

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Ultimo aggiornamento Giovedì 11 Dicembre 2014 13:40
 
Carmelo Rado, 62 anni di pedana e di atletica inseguendo le traiettorie di un disco volante PDF Stampa E-mail
Lunedì 08 Dicembre 2014 14:58

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In occasione dell’ultima gara del calendario regionale piemontese, un pentathlon-lanci organizzato a Santhià (VC) dal G.S. Ermenegildo Zegna, si è cimentato anche Carmelo Rado, settimo ai Giochi Olimpici di Roma 1960 e pluriprimatista mondiale masters. Rado, nato ad Oderzo (TV) il 4 agosto 1933 e trasferitosi a Villarboit (VC) con la famiglia nel 1942, iniziò la sua attività sportiva nel 1952 con l’U.S. La Vandea di Gattinara (VC) e passò l’anno successivo all’Unione Giovane Biella, società in cui già militava il lunghista “azzurro” Giampiero Druetto; con questi colori Rado raggiunse la misura di 54.96, riuscendo anche a prevalere in più occasioni su Adolfo Consolini . Trasferitosi per lavoro in Sudafrica, ottenne il suo “massimo” personale a Standerton con 58.45, l'1 dicembre 1969, quand’era tesserato per la Pol. Libertas Doppieri di Novara. Pochi giorni dopo, a Milano, sarebbe morto Consolini (20 dicembre).

Al suo rientro in Italia ha continuato a gareggiare con immutata serietà ed entusiasmo nelle categorie masters ottenendo svariati allori italiani, europei e mondiali nelle diverse specialità di lancio e stabilendo numerosi primati. Nell’ultima gara di Santhià, pur avendo conseguito un’ampia affermazione, non è riuscito a stabilire il record mondiale M80 del pentathlon-lanci, come era nei suoi intendimenti per festeggiare degnamente il ritorno nella terra della sua gioventù, e non ha fatto nulla per nascondere il suo disappunto……Poi però un buon banchetto e in un clima molto allegro e poco convenzionale lo hanno rimesso di buon umore. Al termine della premiazione, Bruno Cerutti (referente masters per il Piemonte, oltre che attivo socio A.S.A.I., a sinistra nella foto), e Mario Armano (delegato C.O.N.I. di Novara, già “oro” nel bob a 4 ai Giochi Olimpici di Grenoble 1968, a destra) hanno consegnato  a Rado una targa personalizzata a riconoscimento dei 62 anni di “ineguagliabile attività sportiva”. L’inossidabile Carmelo ha mostrato di apprezzare ed ha manifestato il desiderio di tornare (acciacchi permettendo) per realizzare un risultato tecnico più soddisfacente.

Ultimo aggiornamento Martedì 09 Dicembre 2014 12:47
 
Camillo Onesti, milanese di Porta Ticinese con il cuore diviso fra la montagna e la sua "Stramilano" PDF Stampa E-mail
Mercoledì 19 Novembre 2014 15:27

Se ne è andato a 88 anni, dopo un'esistenza vissuta intensamente, a tutta. Perché Camillo Onesti aveva l'argento vivo addosso. Da atleta, amatore più che agonista - cominciò con i cross scolastici, poi passò alla bicicletta, quindi alla montagna e alle scalate - ma soprattutto da dirigente: geniale, entusiasta, innovatore, il buon senso fatto persona.

Camillo Onesti

Nato il 6 aprile 1926 a Porta Ticinese, a due passi dal centro di Milano, ha legato il suo nome alla Nazionale femminile di sci di fondo, di cui è stato stimato e vincente direttore tecnico per 16 anni, sino al 2000: gli anni d'oro, in cui la sua bravura non fu tanto quella di conquistare le prime medaglie pesanti della storia azzurra al femminile, ma soprattutto far convivere due campionesse non facili da gestire, e tutt'altro che amiche, come Manuela Di Centa e Stefania Belmondo. Tuttavia Camillo Onesti è stato anche l'artefice, insieme a Francesco Alzati e all'ideatore Renato Cepparo, del grande successo della "Stramilano", la non competitiva più popolare del mondo. In quegli anni le grandi maratone erano ancora di là da venire. Anzi, semmai fu proprio la "Stramilano" ad accendere la miccia. Nata alle 20.57 di martedì 14 marzo 1972, quando 5000 persone - 3500 regolarmente iscritte più 1500 abusive - scattarono da Prato Centamaro, in via Suzzani, per dar vita alla prima edizione, la madre di tutte le corse podistiche di massa sarebbe diventata di lì a pochi anni la corsa dei 50.000. Un evento - l'unico - in grado di fermare per una domenica di primavera la metropoli lombarda, abitualmente refrattaria a fenomeni sportivi  così diffusi in tante altre grandi città europee - e di mettere tutti in pantaloncini e maglietta: dalla massaia al bancario, dallo studente universitario al barista. E, davanti all'uomo comune, i grandi campioni dell'atletica: dagli etiopi Yifter e Kedir all'australiano De Castella, dai big azzurri Cova, Panetta e Bordin ai grandi keniani Ngugi, Tanui e Tergat, quest'ultimo capace di vincere sei volte consecutive la "Stramilano" agonistica e di centrare proprio nella corsa organizzata dal G.S. Fior di Roccia (di cui Onesti è stato presidente per oltre 20 anni) uno stratosferico record del mondo sulla mezza maratona: 59:17 nel 1998, cinque anni dopo quello realizzato nella stessa corsa dal connazionale Moses Tanui.

In quelle imprese, così come nel successo mai scalfito della non competitiva, la mano di Camillo Onesti si è sentita sempre, sino all'ultima edizione. E se la "Stramilano" continuerà a sopravvivere, molto merito sarà anche di questo dirigente illuminato, per nulla geloso di trasmettere ai giovani la sua esperienza e il suo entusiasmo.

Ultimo aggiornamento Giovedì 20 Novembre 2014 13:00
 
Nella foto del nostro quiz di novembre un bel pezzo di storia del lancio del disco in Italia PDF Stampa E-mail
Martedì 18 Novembre 2014 08:57

"Questa fotografia, fatta a Bologna nel 1934, rappresenta un po'...la cronologia illustrata del primato italiano di lancio del disco". Questa la dicitura originale a corredo della foto che abbiamo pubblicato nei primi giorni di novembre come quiz storico. Quando abbiamo proposto l'immagine pensavamo a cinque nomi, ma poi chi ci ha dato la foto non era assolutamente certo su chi fosse la prima persona a destra, così abbiamo ridotto a quattro. In ogni caso nessuno ha risposto in maniera completa, solo una signora ha riconosciuto Giorgio Oberveger.

Passiamo in rassegna questi nostri atleti, chiarendo che non abbiamo tenuto conto delle indicazioni fornite sul primato italiano come riportate nella didascalia; e neppure di alcune fantasiose ricostruzioni successive... ci siamo invece attenuti alla progressione del record così come ricostruita da Marco Martini, una garanzia per noi. Il secondo da destra è Giuseppe Tugnoli, bolognese, 41.69 nel 1914 e 42.21 nel 1922, ma aveva davanti il pistoiese Aurelio Lenzi (43.65 nel 1913). Record che fu superato dal tarchiato veronese Albino Pighi, terzo da destra, con la maglia della gloriosa I.C. Bentegodi Verona, che raggiunse 43.90 nel 1925. Ci fu un intermezzo con un nuovo primato del pavese Camillo Zemi (44.25), che Pighi (44.44) si riprese nella stessa stagione (1927). Un primato che resistette sei anni: si arriva così al quarto personaggio da destra, Benvenuto Mignani, della Virtus Bologna, il primo discobolo italiano a toccare i 45.00 metri il 28 ottobre 1933, a Vienna, durante l'incontro delle Nazionali di Austria e Italia. Giusto il tempo di gioire per Mignani, perchè 28 giorni dopo inizierà il lungo "regno" di Giorgio Oberveger con i suoi nove primati , da 46.43 a 51.49. E una medaglia di bronzo ai Giochi Olimpici di Berlino '36, a soli 13 centimetri dall'argento. Lo avete riconosciuto, vero?

Ultimo aggiornamento Mercoledì 19 Novembre 2014 08:32
 
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