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Armando Sardi e Ennio Preatoni, due più due fa quattro, quattro fa una staffetta PDF Print E-mail
Monday, 12 December 2022 15:11

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Da sinistra: siamo nel 1963, Ennio Preatoni, Armando Sardi e Sergio Ottolina sgambettano sulla pista del Campo Scuole di Brescia. Alle loro spalle si intravedono i capannoni dell'azienda chimica Caffaro, le cui scorie inquinanti, veleni e Dio sa quant'altro sono ancora lì, nel cuore della città della Leonessa. E dopo sessant'anni e sessanta miliardi di chiacchiere inutili nessuno trova una soluzione. Uno dei tanti, enormi scandali di questo Paese dove si sbriciolano le montagne e di pari passo la moralità. "Ahi serva Italia di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di province ma bordello"


Negli ultimi giorni i nomi di due importanti atleti dello sprint italiano, Armando Sardi ed Ennio Preatoni, si sono, casualmente, intrecciati sul nostro spazio Facebook che noi usiamo, seppure con molta moderazione. Abbiamo ricevuto uno di quei messaggi che si usano oggi, tipo faccine e pollicini alzati, talvolta perfino cuoricini quasi fossimo un sito di single solitari.  E a noi è venuto in mente che in archivio abbiamo alcune foto prese al Campo Scuole di via Morosini, a Brescia, che potevamo usufruire in questa occasione. Il primo messaggio di apprezzamento per qualcosa che avevamo pubblicato ce lo ha spedito Armando Sardi, ricordate? il velocista con gli occhiali, quasi sempre scuri, originario di Monza, gran staffettista.

Un paio di riferimenti, fra i tanti che si potrebbero fare. Giochi Olimpici Roma 1960. Il quartetto italiano schierò Armando Sardi – Pier Giorgio Cazzola – Salvatore Giannone – Livio Berruti, un lombardo, un veneto, un napoletano e un piemontese. Batterie, per gli azzurri la seconda, che vinsero davanti ai nigeriani: 40 netti manuale, 40”16 elettrico, nuovo primato italiano, il precedente durava dal 1956 (40”1). Semifinali, ancora la seconda: il quartetto turbo-jet americano vinse indisturbato, gli azzurri secondi (40”2/40”29) per un pelo sui sovietici, il cronometraggio elettrico ufficioso dice un centesimo. Finale: a riprova della teoria di un nostro amico allenatore, il quale sosteneva che il più importante segreto tecnico di una staffetta…è portare il bastoncino al traguardo, gli yankee il bastoncino lo portano sì al traguardo ma avendo cambiato in maniera irregolare. Dunque, Stati Uniti squalificati. Sai quante altre volte succederà a loro…Vinsero i tedeschi della Repubblica Federale, con primato mondiale eguagliato (39”5/39”66), fecero mangiare la polvere a tutti: sovietici secondi (40”1/40”24), inglesi terzi (40”2/40”32). Nel cronometraggio manuale gli azzurri ebbero lo stesso tempo (40”2), nell’elettrico un misero centesimo (40”33) ci separarono, quindi quarti. Dalla cronaca della «Gazzetta dello Sport» si può leggere: “I nostri hanno effettuato cambi buoni, però non mostrandosi irresistibili nella corsa. Per di più Giannone accusava un dolore alla coscia destra, costretto in una grossa fasciatura elastica. Berruti è uscito ultimo sul rettilineo, ed è avanzato sin quasi a pareggiare gli inglesi”.

Secondo collegamento con la foto. I tre atleti che sgambettano sulla pista bresciana a beneficio del fotografo sono, da sinistra, il giovane Ennio Preatoni, di Garbagnate, a quei giorni non ancora diciannovenne, Armando Sardi e Sergio Ottolina, altro lumard di Camnago Lentate. Dalla data della foto, giugno ’63 più o meno, trascorrerà un anno per applaudire il nuovo primato italiano della staffetta veloce e il primo tempo di un quartetto italiano sotto i 40 secondi: 39”8. Si schierarono così: Livio Berruti in prima, e poi nello stesso ordine della foto – coincidenza – Preatoni, Sardi, Ottolina. Avvenne a Saarbrücken nell’incontro con la Germania. Il giorno dopo Ottolina fece il primato europeo dei 200 metri: 20”4. Preatoni sarà componente fisso della staffetta 4x100 in altri sei primati nazionali fino al 1972 e al tempo di 39 secondi netti. Ebbe come compagni…di bastoncino due campioni olimpici: prima Livio Berruti e poi Pietro Mennea, che lo sarebbe diventato.

Quante cose può raccontare una foto! Che dedichiamo ad Armando e a Ennio.

Last Updated on Monday, 12 December 2022 17:50
 
Quando il simbolo dell’atletica vintage era la maglia azzurra con scudetto tricolore PDF Print E-mail
Thursday, 08 December 2022 11:29

Alessandria – Asti 50-43, Cogne Aosta – Cogne Imola 51-47. Due notiziette su «Tuttosport» del 5 maggio 1951. E poi ancora: La Virtus Bologna vince il triangolare maschile; Il Battisti Trento supera il COIN Mestre; A.T.A. batte Pirelli; Sconfitti a Vienna i triestini; Gli atleti della Pro Patria battono gli svedesi; Di misura la Colombo superata a Nizza; La squadra di Zagabria supera l’A.T.A. a Trento; Battisti Trento – S.A. Bolzano 54-46; qualche giorno dopo: S.A. Bolzano – Battisti Trento 55-46; Battuti dal Trionfo gli universitari marsigliesi; Vinto dalla Libertas il triangolare di Trieste; Il Trionfo Genovese vince a Lugano 58-36; Il Wiener a Trieste s’impone alla Giovinezza; Virtus Locarno –  Gallaratese 77-73; Marche – Lazio 48-45; L’ATA Trento a Zagabria ha perso di misura; La Ginnastica Triestina supera il Klagenfurter Athletik Club 83-60.

Che è ‘sta roba? vi chiederete. Son titoli di notiziette reperite sui giornali sportivi dell’anno 1951. Nei giorni scorsi ci siamo dedicati ai Campionati internazionali militari di quell’anno e ad alcuni atleti italiani in particolare che avevano ben figurato in quella occasione. Abbiamo quindi sfogliato una ricca raccolta di ritagli di giornale. Abbiamo poi collegato questa banale investigazione ad una lettera che ci aveva inviato tempo fa l’amico Daniele Poto, nella quale scriveva un elogio alla Maglia Azzurra ormai relegata a soli pochi, pochissimi eventi. Dietro? Il vuoto. O son Campionati, che hanno proliferato negli ultimi due decenni, o sono i cosiddetti meeting sempre più pallosi, a parte veramente pochi. Son sempre gli stessi che gareggiano, una specie di «compagnia di giro» superprotetta e ben pagata. Quanti saranno? Un paio di centurie, al massimo, che si spartiscono il bottino.

E gli altri che pur fanno atletica dove finiscono? In circuiti minori con la stessa logica ma molti meno quattrini, senza nessun interesse e divertimento, tanto per gli atleti in campo che per gli spettatori sulle semideserte tribune. Non parliamo poi delle corse su strada, inflazionate, insulse, con atleti che corrono spesso col freno a mano tirato, tanto vince il keniano o etiope o ugandese o nordafricano di turno, l’importante è tirare a casa qualche centinaio di piccioli, arrivederci e grazie. E tutto, pista o strada che sia, nel totale disinteresse della stampa, quella rimasta. Per i  superstiti appassionati di corse salti e lanci, non resta che andare a vedere i risultati sui cosiddetti social o sulle pagine Internet degli organizzatori. Ma state certi che la sera al bar nessuno vi saprà dire chi ha vinto il Giro del Campanile (* vedi nota al fondo), al massimo ti rispondono "un alter negher".

Ma com’era l’atletica una volta? Atletica vintage la chiama l’amico Daniele. Era una atletica che offriva uno spazio a tutti nella squadra del proprio club, magari una trasferta a Klagenfurt o a Marsiglia, o anche solo un viaggetto Trento-Bolzano o Bolzano-Trento. Si stava insieme, si conoscevano gli atleti di un altro club, si legavano amicizie. Le società affogano oggi in una pletora di garette provinciali e regionali, dove non si diverte nessuno, né chi corre e salta, né chi organizza. E nessuno guarda, a parte gli addetti ai lavori. Per completezza: quell’anno 1951, la Nazionale fu chiamata a sostenere cinque confronti con altrettante Nazioni europee; Belgio – Italia e Germania – Italia con gli uomini, Jugoslavia – Italia, Svizzera – Italia e Italia – Francia con le donne. Oggi gli atleti arrivano, mangiano, dormono, gareggiano, e la mattina dopo spariscono verso aeroporti, stazioni, autostrade. Una volta almeno si fermavano un po’ di più per ritirare la «moneta», oggi ci pensa qualcuno per loro e ormai tutto avviene con bonifico bancario.

Il nostro sito non è, non lo è mai stato, e non vuol essere, spazio di chiacchiere, di dotti editoriali, di dibattiti. Non ci interessa. Sola eccezione in questo caso: ci siamo ricordati della mail di Daniele Poto che tocca questo problema. E ne condividiamo l’ analisi.  Che si riflette poi sulla perdita di valore e di attaccamento, alla Maglia Azzurra. Non un incontro riservato alla squadra nazionale, solo Campionati o campionatini. Ci pare di sentirlo il furbone di turno: eh, ma quella era un’altra atletica. Sì, era proprio un’altra atletica.

* Absit iniuria verbis - Dire Giro del Campanile non è sminuire una corsa podistica. Serve solo un po' di conoscenza del tempo passato. La «Gazzetta dello Sport», quando era davvero al servizio dello sport, aveva promosso una serie di manifestazioni di atletica che aveva denominato le «Popolari della Gazzetta»: una gara veloce, il salto in alto, il lancio del peso che chiamarono «Sfera d'argento», e appunto il «Giro del Campanile», una corsa su strada o nei campi di due chilometri e mezzo. Sai quanti campioncini del mezzofondo son venuti fuori girando attorno al campanile! E come non ricordare una delle più belle corse campestri della nostra storia atletica: la «Sette Campanili» di Cavaria, in provincia di Varese. E i campanili erano davvero sette! Ci dicono che appassionati del luogo l'anno rimessa in vita, bravi!

Sentiamo adesso quello che ha da dirci Daniele Poto.

So che la cattiva versione del vintage può facilmente trasformarsi nell’obsolescenza. Ma per chi non l’ha vissuta vorrei ricordare un elemento identitario discriminatorio tra l’atletica di tempi ormai lontani e quella odierna. Faccio un esempio struttural-istituzionale e ne rintraccio le radici a pagina 624 dell’Annuario FIDAL 2022. È quella che elenca le presenze di sempre degli azzurri al servizio della Nazionale, quando era in vigore il full time e la piena disponibilità stagionale alle gare, fossero Giochi del Mediterraneo, incontri di nazionali, esagonali, il clou “Bruno Zauli” Ebbene, nella lista dei primi 30 uomini e prime 30 donne non c’è alcun azzurro di oggi, neanche quelli di più lungo corso, mettiamo Tamberi o Lingua. Elogio a Chiara Rosa, formichina che fa eccezione. Questo spicchio di storia esclude tristemente il presente e le ragioni tracciano la differenza tra il prima e il dopo. Oggi ci sono atleti che escludono la partecipazione al Golden Gala pur essendo azzurri di prima fila se non adeguatamente stimolati da mamma FIDAL, al pari di stranieri d’Oltreoceano. Altri che hanno perentoriamente chiuso la stagione dopo i Campionati europei, pur in presenza di risultati tutt’altro che esaltanti, per non parlare di quelli che hanno chiuso la stagione al lumicino con una prova mediocre in un meeting internazionale, mentre il resto del mondo correva e lanciava a tutto spiano. 

La diminutio è quella del passaggio da un’atletica comunitaria con un senso collettivo di proiezione nazionale all’individualismo mercenario. Colpa dei calendari, di una mentalità, della stessa Federazione? Certo se un Tamberi o uno Jacobs, alfieri e capitani del movimento, viaggiano e raggiungono la sede del grande evento per conto loro con un proprio staff che prescinde da quello federale si capisce che il centro decisionale si è spostato e dagli stessi non si può pretendere piena adesione. Vittorio Visini (62 presenze) capeggia un elenco che è un bel tuffarsi nel passato. Nell’elenco ci sono Damilano, Evangelisti, Mennea, Pamich, Donato, Lievore, Berruti, Mei tra gli uomini; Masullo, Simeoni, Dorio, Perrone, Pigni. Concedetecelo, era quella l’atletica che ci piaceva, non quella degli strizzacervelli, dei fisioterapisti d’essai, dei social media manager, delle mamme mediaticamente sovraesposte.

Last Updated on Thursday, 08 December 2022 18:48
 
Campionati Internazionali Militari 1951: quattro ori, tre argenti, due bronzi PDF Print E-mail
Sunday, 04 December 2022 19:12

Ultimo capitolo della nostra ricostruzione di quella edizione dei Campionati Internazionali Militari sotto l'egida del C.I.S.M. Dopo esserci intrattenuti sui quattro atleti che diedero altrettanti successi alla squadra italiana, concludiamo con la pubblicazione dei risultati completi dei nostri giovanotti con le stellette. Di ogni atleta, oltre nome e cognome, al piazzamento e al risultato, abbiamo cercato di fornire la data di nascita completa (di quattro non siamo riusciti a trovarla), e la società di appartenenza al momento del Campionato. Il Gruppo Sportivo Fiamme Gialle di Roma aveva, ovviamente, il maggior numero di atleti presenti. Una eccezione fu Giuseppe Tosi, che apparteneva al Corpo dei Corazzieri, inquadrati all'epoca come 3° Squadrone Carabinieri a Cavallo. I dati anagrafici sono riportati una volta sola nel caso l'atleta figuri in più discipline o in più turni.

Roma, Stadio delle Terme, 22 – 23 settembre 1951

100 metri (23)Prima batteria: 4. Dario Valla (19.7.1929, SEF Virtus Bologna) 11.8; seconda batteria: 1. Gesualdo Penna (27.5.1924, Polimeni Reggio Calabria) 11.0. Finale: 3. Penna 11.1

200 metri (22)Seconda batteria: 2. Valla 22.9; terza batteria: 1. Penna 22.7. Finale: 1. Penna 22.0, 6. Valla23.6

400 metri (23)Prima batteria: 3. Renato Berti (…, Fiamme Gialle Roma) 51.4; terza batteria: 1. Gianni Rocca (13.6.1929, Pro Patria Milano) 49.3. Finale: 3. Rocca 49.3

800 metri (23)Nessun partecipante italiano

1500 metri (22)Finale: 13. Gaetano Zambon (7.7.1930, CUS Roma) 4:22.2

5000 metri (23)Finale: 6. Giacomo Peppicelli (27.3.1928, S.S. Testaccina Roma) 15:16.8, 11. Zambon 16:19.4

110 metri con ostacoli (23) Prima batteria: 6. Umberto Bordignon (11.3.1930, COIN Mestre) 16.8; seconda batteria: 6. Mario Castignone (29.10.1929, Gancia Torino) 16.0

400 metri con ostacoli (22)Prima batteria: 4. Ernesto Emanuelli (11.5.1927, Fiamme Gialle Roma) 57.8; seconda batteria: 6. Antonino Scuto (…, CUS Catania) 59.4

Salto in alto (22)Finale: 5. Ferdinando Lovati (24.2.1930, Fiamme Gialle Roma) 1.75, 12. Scuto 1.60

Salto con l’asta (23) Finale1. Giulio Chiesa (23.4.1928, Fiamme Gialle Roma) 4.20

Salto in lungo (22)Finale: 8. Alberto Achille (…, Fiamme Gialle Roma) 6.48, (Nella classifica appare un cognome sconosciuto, Pozzuoli, che non corrisponde a nessun atleta dell’epoca; secondo le ricerche di Marco Martini potrebbe trattarsi di Achille che quell’anno compare nelle liste di Bruno Bonomelli con 6.49), 15. Bordignon 5.90

Salto triplo (23)  Finale2. Ferdinando Simi (16.1.1930, Fiamme Gialle Roma) 14.13, 15. Bordignon 11.83

Getto del peso (23)Finale: 6. Giuseppe Dalla Fontana (25.10.1924, Fiamme Gialle Roma) 13.68, 9. Antonio Mainardi (14.9.1922, Fiamme Gialle Roma) 13.13

Lancio del disco (23)Finale: 1. Giuseppe Tosi (25.5.1916, CUS Roma) 49.83 (altra fonte 49.88), 8. Ruggero Castagnetti (6.7.1920, Fiamme Gialle Roma) 39.69

Lancio del martello (22)Finale:1. Castagnetti 48.64, 2. Silvano Giovannetti (22.5.1929, La Patria Carpi) 48.22

Tiro del giavellotto (22)Finale: 8. Arnaldo Rinaldi (20.1.1922, CUS Ambrosiana Milano) 51.30, 12. Mainardi 49.30

Staffetta 4 x 100 metri (23) – Prima batteria: 2. Italia 42.3. Finale: 2. Italia (Valla, Celestino Marassi/…, Fiamme Gialle Roma, Michele Mondelli/23.5.1928, Fiamme Gialle Roma, Penna) 42.7

Staffetta 4 x 400 metri (22)Seconda batteria: 2. Italia 3:41.4. Finale: 4. Italia (Luigi Caldani/1934, Fiamme Gialle Roma, Berti, Mario Marchini/1930, Fiamme Gialle Roma, Rocca) 3:22.4 (altra fonte 3:22.8)

Last Updated on Sunday, 04 December 2022 21:05
 
Mondiali Militari 1951: primo 4.20 italiano nell'asta del finanziere Giulio Chiesa PDF Print E-mail
Wednesday, 30 November 2022 00:00

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Un primo piano di Giulio Chiesa e in azione nello scavalcamento dell'asticella. Si noti la rigidità dell'asta che allora era di metallo

Con un salto cronologico di tredici anni cerchiamo di creare una connessione fra due atleti e lo stesso plastico gesto che praticavano: il salto con l'asta. I due poli del nostro raccontino di oggi sono Giulio Chiesa e Renato Dionisi, del quale abbiamo ricordato qualche giorno fa gli esordi con un prezioso «cammeo» scritto da Giulio Signori. Due Ere atletiche completamente diverse, seppure l'intervallo temporale non sia grande. Ma in quegli anni cambiò tutto. L'Era di Giulio Chiesa era quella dell'asta rigida, di metallo, alluminio normalmente, che aveva preso il posto del bamboo che faceva tanto Tarzan. E proprio «Tarzan» fu il nomignolo che affibbiarono a Don Bragg, il prestante statunitense che vinse il titolo olimpico a Roma nel ’60 e che riuscì, primo uomo al mondo, a superare 4 metri e 80 centimetri. A livello internazionale, l’evoluzione dell’attrezzo viene fissata in queste pietre miliari: anni '40 - ’50 passaggio dal bamboo all’alluminio, fine anni ’50 compaiono le aste in acciaio, 1961 sulle riviste americane vengono pubblicate fotografie di saltatori riversi indietro e sfottuti dai giornalisti che pensavano a salti clamorosamente falliti. E invece era la nascita degli attrezzi in un nuovo materiale sintetico: il fiberglass. E fu l’Era nella quale entrò, meglio fu catapultato, Renato Dionisi.

Rimaniamo nei patrii confini. Il salto con l’aiuto di un palo trovò spazio nei concorsi ginnici nell’ultimo quarto di secolo XIX, come riferiscono le ricerche dei nostri soci Claudio Enrico Baldini e Marco Martini. Una parvenza di salto simile all’attuale si vide nei primi anni del Novecento, sempre però legato alla ginnastica, come del resto tutte le altre discipline di salto e di lancio. Saltiamo a piè pari tutta la parte protostorica e riprendiamo da quando apparve sulla scena, nella prima metà degli anni ’20, un giovanottone toscano, di Sesto Fiorentino, che aveva iniziato con il salto triplo: Danilo Innocenti, il quale, centimetro dopo centimetro, portò il primato nazionale da 3,61 a 4,01. Fu il primo atleta nostro a superare i 4 metri, e avvenne in una occasione importante, i Giochi Olimpici di Berlino 1936. Salvo errori od omissioni, ci pare l’unico astista ad aver fatto il primato nazionale nella massima manifestazione atletica (nell’alto, come un flash,  ci appare il nome di Giacomo Crosa a México ’68).

Dalla Toscana alla Sardegna. Finì a 4,01 l’ascesa di Innocenti e iniziò quella di Mario Romeo, un sardo, nato a Carloforte, località di origine ligure-genovese grazie ad una folta colonia di cittadini di Pegli che a metà del Cinquecento colà si trasferirono. Il nome di Mario Romeo era apparso nelle liste dei primi 10 nazionali già nel 1934, ma poi non fece progressi per tre stagioni, vivacchiò fino a quando, nel 1938, il suo meccanismo si sbloccò e, durante i Campionati italiani, al Comunale di Bologna, prese il posto di Innocenti nell’albo dei primati: 4,03. Il suo regno durò a lungo, nonostante le inevitabili pause imposte dalla scellerata guerra nella quale l’Italia era stata trascinata. Nel 1942 durante l’incontro Svizzera – Italia, a Zurigo, salì con estrema disinvoltura fino a 4,17.

Dovettero passare nove anni per vedere l’atleta che ci accompagnerà oggi: Giulio Chiesa. Così riannodiamo anche la narrazione dei Campionati Internazionali Militari del 1951, ospitati allo Stadio delle Terme a Roma, cui abbiamo dedicato alcune puntate. Già abbiamo raccontato degli altri tre vincitori italiani di quell’evento: Gesualdo Penna, Ruggero Castagnetti e Giuseppe Tosi. Il quarto fu Giulio Chiesa, ligure di nascita, di La Spezia. Entrò nell’élite nazionale (primi 10) nel 1949, con Romeo sempre al vertice. E anche a Piacenza era germogliato il talento di un estroverso giovanotto di gran fisico, che impressionò perfino Cornelius Warmerdam che lo ebbe «in cura» per alcuni mesi in California: Edmondo Ballotta. Chiesa andò a Roma, al gruppo sportivo delle Fiamme Gialle, dove le prese in cura Tommaso Sorba, il vero creatore del club atletico dei finanzieri. Sorba negli anni ’30 fu buon saltatore con l’asta (3,70 nel 1938). Chiesa, dotato di ottima struttura fisica, era molto veloce e assimilò presto gli insegnamenti del suo allenatore. Nel 1951 vinse il suo primo titolo, all’Arena Civica di Milano, a fine settembre, pochi giorni dopo aver conquistato il successo ai Mondiali militari, in una gara di non gran contenuto tecnico che egli vinse con uno scarto di quaranta centimetri sul secondo, il francese Chevillard, ma, soprattutto, superando, primo italiano, l’altezza di 4,20.

Chiesa ebbe una intensa stagione agonista, che abbiamo provato a ricostruire:

metri 4,00             Roma, Stadio delle Terme, 3 maggio (primato laziale)

metri 3,90             Roma, Stadio delle Terme, 12 maggio (riunione regionale)

metri 4,05             Roma, Stadio delle Terme, 20 maggio (fase regionale CdS) (tentò 4,20)

metri 4,00             Firenze, Stadio Comunale, 9 giugno (semifinale CdS)

metri 4,10             Torino, Stadio Comunale, 23 giugno (finale CdS) (tentò 4,20)

metri 3,60             Milano, Arena Civica, 30 giugno (riunione internazionale)

metri 4,00             Bologna, Stadio Comunale, 1° luglio (tentò 4,20, sfiorato)

metri 3,35             Londra, White City Stadium, 14 luglio (Campionati Inglesi, qualificazione)

metri 3,886           Londra, White City Stadium, 14 luglio (Campionati Inglesi, finale)

metri 4,00             Bruxelles, Stadio Heysel, 29 luglio (incontro Belgio – Italia)

metri 0,00             Roma, Stadio delle Terme, 19 agosto (fallì la misura d’entrata a 3,60)

metri 4,10             Stoccarda, Neckarstadion, 2 settembre (incontro Germania – Italia)

metri 3,80             Roma, Stadio delle Terme, 15 settembre (Campionati regionali laziali)

metri 4,20             Roma, Stadio delle Terme, 23 settembre (Campionati Internazionali Militari)

metri 3,90             Milano, Arena Civica, 30 settembre (Campionati italiani)

Conclusa la lunga parentesi sportiva (raggiunse il suo massimo nel 1956 con 4,35, fu scelto per i Giochi Olimpici a Melbourne dove si classificò nono a pari con il sovietico Vladimir Bulatov, vinse il terzo titolo italiano nel 1959 e riuscì ancora a saltare 4,30 nel 1960), Giulio Chiesa ebbe una grande carriera militare nella Guardia di Finanza, fino al grado di generale. Era nato a La Spezia il 23 aprile 1928, è deceduto a Roma il 13 luglio 2010.

Last Updated on Sunday, 04 December 2022 19:02
 
Secondo voi, la RAI sbaglierebbe il cognome di un calciatore che gioca in Serie Z? PDF Print E-mail
Sunday, 27 November 2022 17:52

Domanda retorica. Ma la RAI, di tutto di più e di peggio, può sparare un titolo sulla pagina di RAIPLAY in cui scrive:«Marcel Jacob e la moglie...». Non contento il titolista ripete lo svarione:«Ballerini per una notte: il campione olimpico Marcel Jacob e la moglie...». Notare tra l'altro, oltre all'errore nel nome del campione olimpico ed europeo dei 100 metri, anche il piattume che ripete titolo e sottotitolo esattamente uguali. Un qualsiasi caporedattore in un giornaletto di provincia ti prenderebbe a calci nel deretano. A meno che il velocista non abbia deciso di modificare il suo cognome, dovrebbe ancora chiamarsi Marcel Jacobs...ma alla RAI non era giunta la notizia...Dal che si potrebbe, forzando il commento, dedurre che Giochi Olimpici e atletica non son proprio al centro dell'attenzione della nostra televisione di Stato. Basta poi sentire certi commenti (meglio, non commenti) durante alcune competizioni: il top della impreparazione e insipienza.

Last Updated on Sunday, 27 November 2022 18:10
 
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