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Stanotte abbiamo avuto una visione : atletica a Milano al nuovo Palasport PDF Stampa E-mail

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Sottotitolo: Informale inaugurazione del mastodontico impianto sportivo.

Miracolo a Milano? Titolo di un film del 1951, regia di Vittorio De Sica, soggetto di Cesare Zavattini, il personaggio chiave Emma Gramatica, affiancata da Paolo Stoppa e da tanti altri, fra i quali il pugile Erminio Spalla, che fu campione europeo dei pesi massimi, anzi il primo a conquistare un titolo continentale. Oppure allucinazioni? O cattiva digestione? No, semplice rilettura di un articolo di «Bibis», uno dei vari pseudonimi che utilizzava Bruno Bonomelli per firmare i suoi numerosi articoli, la sua produzione giornalistica fu vastissima, tra Unità, Sport Italia, La Verità, Giornale di Brescia, Bresciaoggi, e forse qualche altro ancora. Questo lo abbiamo scovato facendo passare una raccolta di suoi scritti, che egli raccoglieva in libroni, ritagliandoli e incollandoli su pagine bianche precedentemente rilegate. Ci sono decine di quadernoni nella sua vastissima eredità. Questo che vi riproponiamo oggi fu pubblicato sul quotidiano «BresciaOggi» l’11 gennaio 1976. È, a nostro giudizio, un documento singolare, forse unico, che dobbiamo al fiuto giornalistico dello scrittore bresciano, il quale viaggiò a Milano, da Brescia, per presenziare ad un test non ufficiale del nuovo tanto atteso impianto coperto, il famoso Palasport, il cui tetto cedette, nella notte del 17 gennaio 1985, a seguito della gigantesca nevicata iniziata qualche giorno prima, completamente distrutto, mai più ricostruito, in barba ai tanti annunci di amministratori tromboni. Una prova a porte chiuse (era il 10 gennaio) in vista della apertura ufficiale qualche giorno dopo (il 17) con i Campionati giovanili, juniores e allievi insieme.

Rileggetevi la prosa, mai piatta, banale, scolastica, di Bonomelli, sempre ironico, scanzonato, pungente, il che faceva girare i cabasisi a tanti ominicchi. E lui - voce di chi lo ha conosciuto - si divertiva un mondo.

Milano, 10 gen. – Inaugurazione informale e a porte chiuse del nuovo mastodontico, ma ugualmente funzionale, palazzo dello sport di Milano. Applicazione integrale dell’art. 425 del C.P. perché l’atletica italiana è minore e le sue pudende non possono essere esibite, e un’altra prova dell’incapacità organizzativa del Coni italico che arriva sempre quando l’autobus è passato? Ai posteri l’ardua sentenza. Presente nel gruppetto sparuto degli spettatori anche il nuovo assessore milanese allo sport, compagno Accetti. Interrogato intorno alla materia del suo ufficio risponde con una battuta: “Sono assessore di qualcosa che a Milano non esiste”.

Presente anche il mentore di Mennea, il prof. Vittori, perché di lui si tratta: critica il giornale l’«Unità» e non tralascia occasione di dichiarare ai giornalisti che la Fidal lo ha pregato di non occuparsi della preparazione del magro e cavilloso velocista di Barletta. Il prof. Vittori conclude lapidariamente: “Con febbraio io rompo ogni rapporto tecnico con Mennea. Coloro che affermano di poter allenare anche loro e con facilità la «freccia del Sud» non hanno capito niente della scienza applicata allo sport”.

Intanto gli atleti impegnati sulle pedane e sulla pista in tartan, dal moderato rimbombo, recitano la loro parte. Inutile aspettarsi prestazioni di grande risonanza non diciamo mondiale, ma nemmeno nazionale. Il presidente regionale signor Bruno, alla fine delle competizioni si è ben guardato dal distribuire le classifiche ai numerosi giornalisti presenti e imprecanti. Trafiggendo il denso nebbione Bruno se ne è andato al «comitato» per batterle a macchina. Saranno pronte e distribuite domani. Ma noi ce le siamo copiate eludendo, nella sala della regia, la sua occhialuta sorveglianza e ve le proponiamo.

Gli apparecchi elettronici hanno funzionato abbastanza bene; Mennea ha ottenuto 6”80 in batteria. In finale si è dato da fare parecchio per superare il suo antagonista Benedetti. È apparso comunque chiaro che su questa distanza così breve la postulante «freccia di Barletta» non reagisce in partenza come si dovrebbe. Ha eguagliato il suo personale che era appunto 6”74. Ricordiamo, non inutilmente, che il primato italiano dei 60 metri è del precipitoso bergamasco Guerini, in 6”68.

Extra, come appendice di pura curiosità pseudostatistica, aggiungiamo che Mennea, pochi giorni dopo, il 24 gennaio, incontrò «Charlie» Guerini a Genova e lo precedette: 6.69 contro 6.71. Poi, il 4 febbraio, sempre a Zêna, eguagliò il primato: 6.68. Aggiuntine alle prove dentro il Palasport per pochi: Carlo Grippo si esibì sugli 800 (1:50.35) sopravanzando il futuro consigliere nazionale FIDAL Alessandro Castelli (1:51.16); alto: primo Bianchi 2.08, e c’era anche il bresciano Maurizio Tanghetti (1.98); terza nei 60 donne la giovane Marisa Masullo (8.08, 7.98 in batteria); la mezzofondista, di Cassano d'Adda, Alma Pescalli vinse i 400 (58.39). Test per tutti, senza troppo impegno, anche se Grippo stava quasi per fare la miglior prestazione italiana indoor degli 800..

Quello della «caccia al risultato cartaceo», a quei tempi era la consuetudine. È restata famosa la favola metropolitana che narrava che, alla richiesta di un giornalista di avere i risultati al termine di una riunione, un giudice, o dirigente che fosse, rispose: “Ma cosa vuole? Che fretta c’è? I risultati li leggerà domani sui giornali!”. Favoletta? Mica tanto…La foto del tetto squarciato del Palasport viene dall'Archivio del «Corriere della Sera», che ringraziamo.