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Aldo e Richi, era un giorno d'aprile del 1985 correndo sulle strade di Hiroshima PDF Stampa E-mail

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Vi ricordate? Le coincidenze. Ne abbiamo parlato qualche giorno fa, ed eccoci di ritorno, dopo aver effettuato qualche ricerca. Una data: 10 maggio. I nomi di due atleti che in quella data festeggiavano il loro genetlìaco: Aldo Fantoni, bergamasco di Ponteranica, Richard «Richi» Umberg, svizzero di Glarona, Glarus, Glarius, Glaruna, a seconda dei diversi idiomi, cittadina nella regione centro-orientale, che ha una singolarità: secondo il censimento dell'anno 2000 aveva più o meno gli stessi abitanti che aveva nel 1870, chissà oggi. Non coincidono le età: il ragazzo de Bèrghem ne ha fatti 60, Richi ce ne ha dovuti mettere sopra dieci di più. Ma sono affratellati dalla corsa, quella lunga, quella che una volta - quando l'atletica era una cosa seria - fissava il suo vero traguardo alla maratona. Oggi c'è di tutto, di più, purchè però sia «estremo», ai limiti della natura umana. Aldo e Richi furono corridori di maratona, nei loro giorni migliori. Un'altra data: 14 aprile 1985, in una lontana città del Sol Levante che evoca funeste, disumane immagini, Hiroshima. Alla città giapponese fu affidato l'incarico di organizzare la prima edizione di un nuovo evento mondiale di atletica leggera: la Coppa del mondo di maratona, di cui si era parlato già nel 1982. Allora la fantasia creativa galoppava, forse fin troppo, adesso sembra un cavallo bolso. La Coppa fu definitivamente assegnata ad Hiroshima il 16 dicembre 1983 durante la seduta dello I.A.A.F. Council a Manila. Il 1° agosto 1984, in occasione dei Giochi Olimpici di Los Angeles, si ebbe la prima presentazione ufficiale.

La creazione di questa Coppa del mondo era anche un palese tentativo di far rientrare la maratona sotto il controllo della Federazione mondiale, troppo potere avevano assunto, e andavano sempre più assumendo, le organizzazioni private delle grandi città. E quella prima edizione fu un grande successo, indubitabilmente. I giapponesi fecero le cose in grande. Tanto per dirne una: invitarono moltissimi medagliati dei Giochi Olimpici, sette parteciparono alla staffetta della torcia: Kitei Sohn oro a Berlino '36 (con il Giappone allora invasore, ma coreano); Emil Zatopek, oro a Helsinki '52; Alain Mimoun, oro a Melbourne '56; Waldemar Cierpinski, oro a Montrèal '76 e Mosca '80; Frank Shorter, oro a München '72; Kenji Kimihara, argento a Ciudad de México '68; Basil Heatley, argento a Tokyo '64. In tutto e per tutto, una edizione emozionante, su cui posarono la ciliegina le maratonete italiane che vinsero la Coppa. Erano: Maria Curatolo (dodicesima), Laura Fogli (quarta), Rita Marchisio (sesta), Alba Milana (32esima), Emma Scaunich (undicesima). Per la gioia del colonnello (a quei tempi, poi generale) Giampiero Casciotti, capo delegazione della squadra italiana, e di Oscar Barletta, due persone sempre allegre, gioviali, oltre che appassionate.

Torniamo ai nostri due «giovanotti», quasi conterranei, uno ai piedi delle Alpi di qua, l'altro ai piedi delle Alpi di là: insomma razza alpina, resistente. A Hiroshima c'erano tutti e due. Utilizzando la meticolosa precisione del nostro socio Paolo Marabini (de Bèrghem) siamo in grado di buttar lì con indifferenza un «Aldo era alla sesta maratona della sua carriera». Ed è quella che è rimasta segnata nel suo albo d'oro personale: 2 ore 12 minuti 9 secondi, non farà meglio. Fu quindicesimo quel giorno, quarto degli italiani, che erano Orlando Pizzolato (sesto), Massimo Magnani (nono), Gelindo Bordin (dodicesimo), Alessio Faustini (23esimo). Capito l'antifona? Pur correndo da 2:12:0, Aldo aveva davanti tre connazionali. E guardate il resto della compagnia vicino attorno a lui: l'etiope Kebede Balcha, fu secondo ai Mondiali '83 dietro a Robert De Castella (anni dopo chiese asilo politico in Canada dove è morto nel 2018); dietro un altro etiope, Dereje Nedi, settimo ai Giochi Olimpici Mosca '80; Herbert Steffny, tedesco ovest all'epoca, terzo a New York nell'83, terzo agli Europei '86, tre successi alla maratona di Frankfurt, laureato in biologia, autore di parecchi libri di successo sulla corsa, fratello di Manfred, maratoneta pure, due Olimpiadi a México e a München '72, fondatore della versione tedesca della rivista «Spiridon» (ancora attiva).

A Glarona non abbiano un Marabini locale, quindi non sappiamo dire quante maratone avesse fatto prima Richi, sappiamo però che arrivò in Giappone con un best di 2:13:37. Chiuse al 75esimo posto, poco davanti al piccolo giapponese Kunimitsu Ito, secondo dietro a De Castella alla Maratona di Fukuoka del 1981, dove Gianni Poli fu quarto con la nuova miglior prestazione italiana. Un sito web afferma che in carriera Richi ha corso 31 maratone sotto le 2 ore e 20, lo prendiamo per buono perchè non abbiamo elementi diversi. Come atleta sicuramente ha avuto una carriera lunghissima (cinque titoli nazionali sulla distanza), ma forse si è ricavato le più belle soddisfazioni da allenatore e da trainer fisico di alcune grandi campionesse. Franziska Rochat-Moser, vincitrice di una New York City Marathon (1997), morta in un tragico incidente sulle Alpi svizzere. Franziska era sposata a Philippe Rochat, uno dei migliori cuochi del mondo per molti anni con il suo famoso ristorante a Crissier, deceduto nel 2015 mentre andava in bicicletta. Umberg ha allenato la sua propria figlia, Vera, nove volte campionessa svizzera su varie distanze del mezzofondo. Fra le «stelle» dello sport che ha seguito come preparatore atletico anche la tennista Martina Hingis, slovacca naturalizzata svizzera, vincitrice di cinque tornei del Grande Slam (tre Australian Open, Wimbledon, US Open) e in altri sette sconfitta in finale; questo contando solo il singolare, la lista si allunga con successi in doppio (13) e in doppio misto (7).

La foto a colori, ripresa dal libro celebrativo della Coppa a Hiroshima, ci permette di identificare Richard Umberg con il numero 248. Nelle altre due immagini la riproduzione dei risultati ufficiali della gara : evidenziati, 15esimo Aldo Fantoni, 75esimo Richard Umberg (i documenti originali appartengono alla Collezione Ottavio Castellini).