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1963: Ottolina, Preatoni, Sardi, Berruti sulla pista del Campo Scuole di via Morosini PDF Stampa E-mail

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Da sinistra, calzoncini bianchi e torso nudo, l'allenatore Gianni Caldana; seminascosto Ennio Preatoni; di fronte, con gli occhiali, Armando Sardi; maglietta bianca a strisce nere e la scritta Carpano, il campione olimpico Livio Berruti; di spalle, Sergio Ottolina

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Stesso gruppo fotografato da altra angolazione (le quattro foto provengono da una Collezione privata)

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Sopra: Livio Berruti si esibisce in un facile allunghino a beneficio del fotografo. Sotto il podio dei 100 metri dei Campionati italiani che si erano tenuti un paio di settimane prima a Trieste: da sinistra, il giovane Ennio Preatoni (terzo), Armando Sardi  (secondo nei 100 e primo nei 200) e Sergio Ottolina, che indossa la maglia di campione d'Italia, ovvero il dominio dei lombardi nello sprint

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Era d'estate, anno del Signore 1963, cinquantotto anni fa. Era d'agosto. Pista del Campo Scuole di via Morosini, ando' sta? A Brescia, il giornale locale lo indicava nelle sue cronache come «lo stadio di atletica leggera per gli studenti».  Era inserito in un contesto urbano che metteva tristezza. È uno dei tanti campi che furono costruiti negli anni '50 e '60 un po' ovunque in Italia, ossatura su cui furono edificate le sorti dell'atletica italiana per alcuni decenni. Quello bresciano fu inaugurato il 4 maggio 1955 con la finale dei Campionati Studenteschi: c'erano dei ragazzi che rispondevano ai nomi di Gian Piero Cordovani (alto, sfiorò spesso i due metri), Gian Battista Paini (poi ottimo 800centista), Ugo Ranzetti (una presenza costante per settant'anni nello sport bresciano, atletica, rugby, istituzioni sportive, allenatore nazionale), Albertino Bargnani (mezzofondista di buon valore spronato dagli urlacci del suo mèntore Bruno Bonomelli), Vittorio Bonetti (poi allenatore dei lanci, burbero, brontolone, ma galantuomo), Aldo Bonfadini (che si cimentò nel salto in lungo, lui che era un corridore di campestre e di mezzofondo), Angelo Baronchelli, quel giorno secondo nel peso, che il prof. Calvesi tramutò poi in saltatore con l'asta, uno dei migliori in quegli anni. Per citarne solo alcuni. Il terreno  per quell'impianto era stato donato dal Comune al C.O.N.I., ed era situato dietro a una fabbrica chimica (Caffaro) che (lo sapevano tutti, vero? o no?) produceva...facciamo prima: andate a leggere questa illuminante storiella. E la storiella incredibilmente continua ancora oggi.

Intanto noi torniamo al mese di agosto 1963. Gli atleti nazionali erano reduci da un luglio impegnativo: il 13 e 14, a Enschede (Olanda) avevano affrontato il «Sei Nazioni» (era una specie di Unione Europea atletica di allora: Germania, Francia, Belgio, Italia, Olanda, Svizzera) e si erano piazzati terzi dopo Germania e Francia, con vittorie individuali di Roberto Frinolli (4 acca), il pisano Roberto Galli (inatteso, alto) e Silvano Meconi (peso); la 4x100 (Ottolina, Preatoni, Sardi, Giani) terza in 40.6 dopo i soliti tedeschi e francesi. La lettura dei risultati ci suggerisce tre ricordi. Nei 400 ostacoli, quarto fu il belga Wilfried Geeroms, che fu per alcuni anni la «voce» del mai sufficientemente rimpianto Meeting di Rieti di Sandro Giovannelli. Nel «Sei Nazioni» si correva anche la maratona: secondo fu Silvio «Sisso» De Florentiis, figlio di Umberto, ottimo corridore negli anni '30; Silvio è morto a Genova pochi mesi fa. Nel decathlon, terzo fu il tedesco Willi Holdorf che, l'anno dopo ai Giochi di Tokyo, avrebbe vinto il titolo olimpico.

Negli stessi giorni, ad Ascoli Piceno, l'Italia «B» affrontò l'Austria e la Grecia. E anche qui la lettura dei risultati suggerisce degli spunti. Secondo nella gara dei 100 metri il bresciano Enore Sandrini, marito di Donata Govoni, son vissuti a Pontedilegno, estremità settentrionale della Valcamonica, verso il Passo del Tonale; Enore, che vestì i colori dell'Atletica Brescia 1950, è deceduto pochi mesi fa. Parliamo di ostacoli: i 400 li vinse Tito Morale, i 110 Giovanni Cornacchia sul giovane Eddy Ottoz (14.4) che l'estensore della cronaca per il bollettino federale, Ruggero Alcanterini, etichettò come «disallenato»...Quinto? Un nome che per i cultori delle prove multiple è un mito: Konrad Lerch, l'uomo che con pochi altrì amici ideò, nei primi anni '70, il Meeting di Götzis, regione austriaca del Vorarlberg, e che anno dopo anno ha portato ad essere il Sancta Sanctorum delle prove multiple, talvolta superiore perfino ai Giochi Olimpici, come qualità di risultati. Taluni di noi hanno conosciuto Lerch, un gentleman e un organizzatore che puntava sempre alla perfezione.

La settimana dopo la folta famiglia atletica si trasferì a Trieste che, scrisse Alfonso Castelli su «Atletica», «era tutta una sinfonia di tricolore»: i Campionati nazionali erano stati assegnati alla bella città di Italo Svevo nel contesto delle celebrazioni del centenario della gloriosa Società Ginnastica Triestina. Quella edizione viene ricordata (da chi? mah...) per un evento che i «moderni» definirebbero storica, visto l'abuso che oggidì si fa dell'aggettivo e anche del sostantivo. Francesco Bianchi, mezzofondista di piccola taglia, pose il suo nome dopo quello di Mario Lanzi (due strutture fisiche all'opposto, Lanzi sembrava Maciste al confronto) nella tavoletta della progressione del primato nazionale degli 800 metri: 1:49.0 nel 1939, 1:48.7 Bianchi nel 1963. C'erano voluti ventiquattro anni per un progresso di tre decimi. Adesso limitiamoci alle vicende dei nostri quattro velocisti visti nelle foto bresciane. Ottolina: batteria, semifinale e finale nei 100, primo davanti a Sardi e allo junior Preatoni; poi corse la batteria dei 400, quella della staffetta 4x100 e la finale con il suo club, Gallaratese, gli altri erano Giani, Monetti (quell'Attilio Monetti che per almeno tre decenni abbiamo ascoltato fornire informazioni al commentatore nelle telecronache RAI) e Vincenzi: 41.7 le FF.OO. Padova, 41.8 il team lombardo. Sergio rinunciò quindi alla finale dei 400, e vorrei vedere...I titoli dello sprint andarono quindi a Ottolina e a Sardi, i 200 con largo margine su Giani. Unico assente Livio Berruti, che quell'anno vestiva la casacca del club Carpano, praticamente lui.

Finiti i Campionati, dopo qualche giorno, i velocisti si ritrovarono a Brescia, per la rifinitura del lavoro in vista dell'incontro (14 agosto) con gli inglesi al White City Stadium. Dirigeva gli allenamenti Gianni Caldana, l'ostacolista-velocista-lunghista che insieme a Mariani, Ragni e Gonnelli formarono la staffetta seconda ai Giochi Olimpici di Berlino '36, Caldana corse la seconda frazione contro un grande sprinter americano e altrettanto grande uomo come Ralph Metcalfe, immortalato in una foto nel gigantesco stadio berlinese il giorno dell'apertura dei Giochi, con 110 mila persone (dicono) in piedi con il braccio teso inneggiando ad un omino con i baffetti; lui, Ralph, pure in piedi, con le braccia lungo i fianchi. Questo vuol dire essere uomini. Nelle convocazioni dei velocisti c'era pure il finanziere Pasquale Giannattasio. Gli azzurri si ritrovarono a Milano, all'Hotel Andreola, il 13 agosto, un volo BE (British Europe) li portò a Londra: capitano Livio Berruti. La squadra incassò una brutta sberla: perse per venti punti (96 a 76). Vittorie individuali: Ottolina (200), Bello (400), Galli (alto), Scaglia (asta), Meconi (peso) e Rodeghiero (giavellotto). La 4x100 (Ottolina, Preatoni, Sardi, Berruti) fu seconda (40.4) a ridossso degli inglesi (40.3). Scrisse tal Alberto Cansai, a noi ignoto, su «Atletica»:" Ottolina ha compiuto una bella frazione...Preatoni ha tenuto testa brillantemente a Ron Jones...Sardi con una curva eccellente ha aumentato...e, all'ultimo cambio, Berruti ha preso il testimone con quasi due metri di vantaggio. Purtroppo l'olimpionico è troppo giù di condizione e per di più era irrigidito dal freddo, il che ha permesso al modesto Young di riprenderlo e batterlo sul traguardo".

Si conclude qui la nostra storiella che è nata dalla convergenza di tre accadimenti. Il primo: pochi giorni fa il nome di Armando Sardi è comparso fra coloro che si sono iscritti al Gruppo ASAI su Facebook. A stretto giro di posta arrivano alcune linee scritte da Lyana Calvesi Ottoz che dà il benvenuto al suo amico Armando, chiamandolo affettuosamente «Sardela», evidentemente un soprannome che si davano fra atleti. Infine, un nostro socio si è ricordato di possedere delle foto scattate a Brescia nell'agosto del 1963 in occasione di un raduno di velocisti in vista dell'incontro Inghilterra-Italia. Uno+uno+uno, e ne è uscita questa storiella.