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In quel tempo, ne è trascorso tanto da allora, gli atleti russi si chiamavano sovietici PDF Print E-mail

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Due foto dal bollettino «Atletica»: Siamo allo Stadio Olimpico nella prima delle due giornate del meeting Preolimpico. A sinistra, l'arrivo della seconda batteria dei 100 con Livio Berruti che si protende verso il filo di lana, 10"4, primato italiano eguagliato, per Livio il primo della carriera. Il sovietico Leonid Bartenev si era girato a vedere dov'era il rivale. Leonid vinse la finale. A destra, i due atleti si complimentano. Si noti la compostezza del gesto di Livio Berruti, che quell'anno vestiva i colori della Lancia Torino

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Pochi giorni fa, la Federazione russa di atletica (quella che ormai da anni è sotto il bombardamento incessante dei provvedimenti punitivi della Federazione mondiale che pare non avere nessuna intenzione di allentare la morsa, delitto ovviamente il doping, giusto, per carità, ma tutti gli altri invece sono...tutti vergini...) ha dato notizia della morte di uno dei migliori velocisti dell'atletica falce e martello: Leonid Vladimirovich Bartenev. Era il 17 novembre. Notizia  ripresa dal quotidiano on line Inside The Game, la miglior pubblicazione mondiale per rimanere aggiornati su quanto avviene nel mondo dello sport, sia esso olimpico, non olimpico, federale, individuale, organizzativo, politico, economico. Tante notizie ogni giorno, pochi e centrati commenti, l'esatto contrario del malvezzo italico: tutti opinionisti o per lo meno editorialisti., alcuni esperti in articolesse. Per chi fosse interessato e biascica un po' di inglese questo è il linki: https://www.insidethegames.biz/.

La notizia della morte dello scattista ha attirato la curiosità di un nostro socio, che ce l'ha segnalata, con corredo di approfondimento. Che c'azzecca Bartenev con l'atletica italiana? C'azzecca, c'azzecca...state a sentire, se avete tempo e voglia. Leonid Bartenev, ucraino di nascita, 1933, anni terribili  per quella sventurata popolazione sotto il tallone vendicativo di «Baffone» Stalin che odiava gli ucraini. Leonid veniva dalla zona di Poltava (che viene ricordata per una decisiva battaglia - 1709 - vinta dalle armate di Pietro il Grande su quelle svedesi) ma passò il resto della vita a Kiev. Il suo nome appare nelle liste mondiali 1955, con 10"4; erano parecchi i buoni velocisti targati U.R.S.S. a quel tempo: Konovalov, Tokarev, Babiyak, Sukharev, Ignatev. Un dato significativo: in quelle liste su 91 atleti censiti, 27 erano sovietici. Buoni forse non tanto per allori individuali ma per mettere in piedi una eccellente staffetta. E infatti ai Giochi di Melbourne '56 arrivò la medaglia d'argento per la loro 4x100: Bartenev-Tokarev-Konovalov-Sukharev vinsero la loro batteria (la terza) in 40"77 sul quartetto azzurro Galbiati-Ghiselli-Gnocchi-Lombardo (41"07); in semifinale (la seconda) ancora primi in 40"36 davanti  nettamente ai tedeschi e agli inglesi; e infine gran risultato in finale, secondi in 39"93, dietro agli americani volanti, 39"60, nuovo primato del mondo. L'Italia fu quarta dopo i tedeschi, mancando il podio per nove centesimi (40"34 contro 40"43, stesso tempo manuale come si usava all'epoca 40"3).

Con un quartetto rinnovato al cinquanta per cento, quattro anni dopo, sulla pista dell'Olimpico romano, i sovietici rinfrescarono il loro argento. Erano Kosanov, Bartenev, Konovalov e Ozolin. Secondi (40"39) in batteria (la prima) dietro ai britannici; terzi (40"30) in semifinale (la seconda) dopo Stati Uniti e Italia (40"29) che mise in campo Sardi-Cazzola-Giannone-Berruti. In finale, i «polli» americani ne combinarono una delle loro e vennero squalificati, Giochi nerissimi per gli sprinter yankee che persero i 100 e i 200 e furono out nella 4x100. Vinse la Germania (39"66, 39"5 manuale quindi primato mondiale uguagliato, ma gli USA avevano corso in 39"60 quattro anni prima, incongruenze di questo sport che poi vanta la precisione come sua prerogativa...), sovietici secondi (40"24), azzurri quarti (40"33), un centesimo peggio dei britannici. Il tempo della finale per Berruti e soci fu il peggiore dei tre turni; avessero corso nel tempo della batteria (40"16) l'argento sarebbe stato loro.

Andiamo adesso a ritroso. Leggendo della dipartita di Bartenev, il nostro socio si è ricordato di due foto apparse su «Atletica», settimanale della Federazione, una sul numero di fine ottobre del 1957, l'altra sulla prima pagina del primo numero del 1958. Protagonisti Livio Berruti e Leonid Bartenev, i quali si erano trovati gomito a gomito sulla pista romana, sabato 12 ottobre, nel meeting internazionale denominato all'epoca in maniera orripilante «Preolimpiaca». 100 metri, seconda batteria: vinse il Livio torinese, tempo 10"4, primato italiano eguagliato. Questo fu il primo primato nazionale nella carriera di Livio Berruti. Il primo 10"4 nella progressione del record italiano fu firmato dal milanesissimo Orazio Mariani nel 1938: Stadio di Colombes, Parigi, secondi Campionati europei, 3 settembre, ore 16,45 circa, seconda semifinale, Orazio e l'olandese van Beveren finiscono insieme, 10"4. In finale  Mariani secondo dopo un altro «figlio dei tulipani» Martinus Osendarp, van Beveren quarto. Nel 1956 si erano aggiunti altri due 10"4: Luigi Gnocchi e Franco Galbiati, sempre a Roma, Campionati italiani. Nella finale del 12 ottobre 1957 Berruti cedette di poco a Bartenev che rifece 10"4, Livio 10"5.

Le due giornate romane devono essere ricordate soprattutto per il primato mondiale stabilito da Volodymyr Petrovych Kuts (scritto talvolta anche Kuc), altro ucraino, sui 5 mila metri: 13'35"0. Campione olimpico, pure europeo, Kuts era al quarto primato mondiale stabilito sulla distanza. Migliorò il tempo dell'inglese Gordon Pirie, «Mister Puff Puff» come lo chiamavano i suoi connazionali (nel 1999 fu pubblicata la sua biografia che porta proprio questo titolo «The Impossible Hero: A Biografy of Gordon "Puff Puff" Pirie»). A sua volta, il record di Kuts fu migliorato, ma solo circa otto anni dopo, dall'australiano Ron Clarke, specialista in primati meno in agonismo. Sapete chi fu il migliore degli italiani in quella gara dominata dal sovietico? Il bresciano Franco Volpi, quarto, in 14'38"1, tutti gli altri parecchio più indietro. A chiudere la fila il finanziere Vincenzo Leone, che sarà l'allenatore di Franco Fava. Giovanni Scavo, altro giovane da cui si aspettavano grandi progressi, accarezzò ancora una volta il granitico primato di Lanzi sugli 800 (1'49"0, nel 1939): 1'49"3; aveva fatto meglio (1'49"2)  il 21 giugno a Parigi nel Meeting Pierre Bourdan, organizzato dallo Stade Française. Scavo era stato terzo nella scia di Moens (1'47"7) e del magiaro Szentgáli (1'48"9).