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Fernando Altimani costretto a una duplice fatica causa le beghe fra giornali (2) PDF Print E-mail

Pubblichiamo la seconda parte della ricerca di Alberto Zanetti Lorenzetti sui due tentativi di primato sull'ora di marcia effettuati da Fernando Altimani nel luglio del 1913. Primati che, come ci spiega il nostro ricercatore, non andarono a buon fine per impicci burocratici, per altro reali secondo le regole della Federazione internazionale di allora. Impicci dei quali l'atleta non era minimamente colpevole. Ci sarà infine una terza parte che pubblicheremo nei prossimi giorni con il «cartellone» dei protagonisti di questa non esaltante vicenda di oltre cento anni fa.

Le foto: un primo piano di Altimani con la divisa di granatiere, siamo in piena Grande Guerra, 1915; accanto: lo specchietto in ottone che gli salvò la vita fermando la pallottola all'altezza del cuore, oggetto che teneva nella tasca sinistra della giubba militare

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Secondo atto. Nello stesso impianto (il campo dell’Unione Sportiva Milanese, situato in via Stelvio, alla Bovisa) e stavolta alla presenza di circa cinquecento persone, il 29 luglio, la prova venne ripetuta alla presenza della giuria, di un giudice di marcia e di ben quattro cronometristi (nel verbale della giuria ne vennero indicati solo due, ma Vittorio Varale – presente alla manifestazione – cita i nomi di tutti e quattro). Per evitare ritardi non si procedette alla rituale misurazione del percorso, rimandando alle precedenti omologazioni eseguite. Dopo la partenza Altimani, che poteva contare sull’aiuto di alcuni marciatori che allora venivano definiti “allenatori” e che oggi chiamiamo “lepri”, apparve più rigido rispetto a dieci giorni prima. Ciò nonostante, e malgrado dolori muscolari sopraggiunti verso il 45esimo minuto, il marciatore milanese riuscì a fare ancora meglio, aggiungendo 118 metri alla precedente impresa, avendo percorso 13.403 metri e 7 centimetri. Venne annunciato che secondo i tempi di passaggio rilevati, erano caduti i precedenti primati dal primo al decimo chilometro e dalle 5 alle 8 miglia. Un trionfo totale che nei festeggiamenti coinvolse tutti, giornalisti rivali fra loro compresi. Il giornale torinese lo «Sport del Popolo»  decise di regalare ad Altimani una medaglia d’oro “segno d’ammirazione, indipendentemente dalla campagna che all’infuori della sua persona stiamo sostenendo”.

Ripercussioni. Stando ai dettagli del racconto di Varale tutto pareva in regola, ma la IAAF non omologò mai il risultato, inserendolo solo tra le “performances notevoli”. Evidentemente l’aver rispettato il numero dei cronometristi presenti non era stato sufficiente per soddisfare tutte le regole internazionali, anche perché alla fine il verbale venne firmato solo da due degli addetti al cronometraggio. L’astio e il risentimento fra i giornali rivali proseguì per lungo tempo. Già all’indomani del conseguimento del secondo primato la «Gazzetta dello Sport» annunciò il record di Altimani in prima pagina con un titolo a tre colonne: “Come Altimani ha risposto ad una subdola campagna denigratrice”. Le tabelle e l’articolo di Arturo Balestrieri occupavano più di metà foglio. Poi fu la volta dello «Sport Illustrato » (quindicinale della «Gazzetta») che dedicò un’intera pagina, sempre a firma di Arturo Balestrieri, con un significativo commento presente nella didascalia delle fotografie: “Contro il frastuono pettegolo di una campagna diffamatrice ha protestato Fernando Altimani battendo dopo dieci giorni appena il suo stesso record del mondo dell’ora di marcia di 118 metri”. Evidente il messaggio lanciato dai milanesi: è tutta una persecuzione contro Altimani; responsabilità di altri non ve ne sono. La medesima testata e lo stesso autore sette anni dopo tornarono sulla vicenda del primo record: “Da un giornale sportivo torinese – ora cessato – che non riuscì ad avere l’importante notizia fu suscitata una fiera discussione che tendeva ad impugnare la validità della prova dell’Altimani perché compiuta senza preavvisi e senza annunci ufficiali. Si volle vestire di argomentazioni da azzeccagarbugli il disappunto per uno scacco giornalistico”. Solo nel 1927 la “rosea” attraverso il suo settimanale «La Domenica Sportiva» ammise, in modo più o meno esplicito, che i torinesi non avevano poi tutti i torti. Nell’articolo siglato da Luigi Ferrario si legge: “Occorre sapere che per attaccarsi ai records del mondo, bisogna attenersi a talune prescrizioni (…). Occorre inoltre che al tentativo assistano tre cronometristi (…). Per la marcia occorre ad esempio che si trovino presenti tre giudici di marcia ed uno starter ufficiale, tutte persone che devono naturalmente essere riconosciute dalla Federazione ed il tentativo stesso deve inoltre venire prima autorizzato dalla Federazione”, ammettendo quindi che il 19 luglio 1913 il numero dei cronometristi presenti non era adeguato, così come l’autorizzazione, che sicuramente la Federazione aveva concesso, non era stata resa pubblica.

L’impresa di Altimani resta comunque uno dei più importanti episodi dell’atletica italiana. Durante la Grande Guerra il marciatore nei combattimenti presso Oslavia venne colpito da alcune schegge di un proiettile shrapnel che lo raggiunsero alle gambe, ma soprattutto fu salvato da uno specchietto di ottone presente nella tasca sinistra della divisa che fermò una frammento di proiettile all’altezza del cuore. Riprese a marciare alla cessazione delle ostilità, ottenendo risultati che gli permisero di candidarsi alla partecipazione dei Giochi di Anversa; ma la concorrenza di Donato Pavesi e Ugo Frigerio e il ritiro nell’ultima gara delle selezioni portarono alla sua esclusione e alla fine di una luminosa carriera agonistica. Appese la scarpe al chiodo, Altimani fu imprenditore di successo dedicandosi alla fotoincisione di immagini per libri e giornali.

Il 29 novembre 1956 era uno dei tanti giovedì in cui gli italiani si radunavano davanti al televisore per vedere la trasmissione «Lascia o raddoppia?». Per la seconda volta si presentava l’esperto di atletica leggera alle Olimpiadi, il 35enne Mario Sanarelli, agente pubblicitario cinematografico. Mike Bongiorno gli chiese il tempo impiegato da Altimani per vincere il bronzo a Stoccolma, e la risposta fu corretta: 47’37”6. La settimana seguente Altimani fu invitato alla trasmissione dove partecipò ad un siparietto con il concorrente e il presentatore. Questa volta gli spettatori non erano i cinquecento del campo dell’Unione Sportiva Milanese, ma qualche milione. Scelse per conto di Sanarelli la busta che aveva al suo interno il quesito sul tempo che diede la vittoria a Sheppard nei 1500 metri disputati a Londra nel 1908. Rispondendo 4’03”4/5 il concorrente si mise in tasca 1 milione e 280mila lire. Non sappiamo se  esiste un legame diretto con questo passaggio televisivo del campione di marcia, ma qualche mese dopo Vittorio Varale scrisse per il settimanale «Il Campione» un lungo articolo su Altimani e il record ripetuto.

(fine seconda parte - segue)