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Silvano Meconi, l'uomo, l'atleta: chi lo conobbe da vicino, lo ricorderà sempre così PDF Print E-mail

Quello che vi proponiamo oggi è un minuscolo esempio del modello che vorremmo fosse sempre il nostro Archivio Storico e il nostro sito per comunicare: un tramite fra tempi diversi, persone diverse, esperienze diverse. Convinti come siamo che prendere in mano uno dei tanti libri che raccolgono in bell'ordine le classifiche di grandi manifestazioni ed esercitarsi a enumerare vittorie, risultati, tempi di passaggio, è sì lodevole ma del tutto sterile. È sufficiente la lettura di quegli ordini d'arrivo per trarre tutte le informazioni che andiamo cercando. Ci pare molto più interessante scoprire lati umani di atleti che non abbiamo potuto conoscere personalmente: conosciamo i loro risultati, i loro titoli, il loro primati, ma come erano nella vita fuori dalla pista o da una pedana? Ecco, questo non lo racconta quasi mai nessuno, anzi diciamo meglio, mai senza il quasi. Fatti salvi sempre e comunque, risultati, liste, piazzamenti, titoli.

Per questo abbiamo apprezzato molto le reazioni che abbiamo ricevuto da Carmelo Rado, da Gianfranco Carabelli, da Giuliano Gelmi, dopo la lettura di una nostra carrellata sulla carriera iniziale di Silvano Meconi, carrellata nel solco della tradizione asettica basata su risultati, primati, gare, titoli. Ma il vero arricchimento è venuto da Giuliano Gelmi che ci ha raccontato una debolezza dell'omone toscano che forse nessuno conosce. Ci ha scritto l'amico Giuliano:

"Per onorare la memoria di Silvano ricordo due storielle molto semplici. Luglio 1955, la Nazionale italiana deve andare ad Atene per l'incontro Grecia-Italia. Credo che per Silvano fosse il battesimo dell’aria, intendo prendere un aereo. Sul quadrimotore turboelica che ci portava nella capitale greca, Meconi aveva così paura che tenne il naso spiccicato al finestrino per buona parte del volo. In un ragazzone di 118 kg era quasi impensabile tanta tensione.

"L’altra storiella. Tornavo verso casa, camminando sul marciapiedi in via Vitruvio, a Milano, quando passando davanti ad una latteria mi scappò l’occhio e, meravigliato, vidi Silvano a un tavolino che consumava, mi pare, cappuccio e brioche. Entrai, e istintivamente mi scappò di dire: che sciocco, non potevi telefonarmi ? C’era un' importante riunione all’Arena quel giorno, io correvo in casa, lui era arrivato in treno da Firenze. Lo pregai di venire a casa mia per un pasto degno di lui. Telefonai alla Tanina (la nostra tata che mi aveva visto nascere): vengo a casa con un amico prepara almeno tre bistecche, lui non pesa 56 kg come me! Dopo il pranzetto, andammo all’Arena per coronare l’evento. Silvano era troppo simpatico e mattacchione!!".

Sul carattere gioviale e burlone di Meconi, concordano con Giuliano anche Meo Rado e Gianfranco Carabelli, il primo avendo partecipato a decine di gare insieme a lui, magari nella stessa specialità, fosse il peso o il disco. Vien da dire: grande grosso e toscano!

Amici che ci seguite, in numero crescente, pare...non esitate, mandateci storie di vostri genitori, zii, nonne, che si sono cimentati in atletica. Ripetiamo, «storie», «storielle», son il sale e il pepe per condire risultati e classifiche.