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1953: leggi Bonomelli e capisci che in settant'anni qualcosa è cambiato...in peggio PDF Stampa E-mail

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Con il titolo «Dordoni ammazzarecord» un settimanale sportivo dedicò una intera pagina, oltre alla copertina, alla impresa del marciatore piacentino allo Stadio delle Terme, a Roma, quando abbassò il primato nazionale sui 50 chilometri e, di passaggio, alcuni altri. Era l'ottobre del 1953. In questa foto, Bruno Zauli, presidente della Federazione di atletica, incita il campione olimpico che, dall'espressione del volto, stava soffrendo non poco. Dordoni infatti, dicono le cronache, causa l'ingestione di una bevanda fredda, ebbe un violento attacco intestinale.

Data: 2 gennaio 1953. Giornale quotidiano: L’Unità. Titolo: Con l’appoggio della stampa si puntellano certi cadreghini. Autore: Bruno Bonomelli. Nella nostra modesta ricerca, appena iniziata, sull’anno 1953 e sugli eventi atletici di quell’anno, ci siamo soffermati su questo articolo di Bonomelli, allora collaboratore del quotidiano del Partito Comunista. Di seguito trascriviamo il testo del giornalista bresciano, accompagnandolo da una avvertenza: è un documento che va collocato nel suo tempo e come tale va letto. Ognuno poi ha la libertà – che certo non proviene da noi – di interpretare lo scritto come meglio crede. Bonomelli ha sempre suscitato con i suoi scritti, con i suoi atteggiamenti, forti giudizi in totale contrasto. Era, e restò sempre, una voce fuori dal coro, sicuramente non uno del gregge. Nel quale belavano in molti…Ognuno la pensi, dunque, come vuole.

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Il 30 ottobre si riunì in Roma il Consiglio nazionale uscente del CONI. Il presidente del CONI avvocato Onesti, di recente insignito della Croce di Cavaliere dell’Ordine della Repubblica di Haiti «Onore e Merito», lesse la relazione del Consiglio che si apprestava a uscire dalla porta e che comunque rientrò ben presto, sia pure dalla finestra. Essa fu ovviamente approvata per acclamazione. La relazione tronfia e gonfia di bolsa retorica, si guarda bene dall’esaminare o indagare se per caso lo sport italiano debba risolvere qualche suo problema particolare. Tutto è invece dato per risolto nel migliore dei mondi possibili (l’Italia) anche lo sport non può andare che per il meglio. Spirito di Voltaire esci dal sepolcro e vieni ad ammirare gli epigoni del tuo dottor Pangloss. Nessun giornale sportivo, nessuno dico, ha trovato modo e tempo di commentare la famosa relazione, che pur veniva diramata alla fine del quadriennio olimpico, finito per noi con il solenne fiasco di Helsinki. Bontà sua la relazione si accorge ad un certo punto che «l’Olimpiade è diventata un avvenimento realmente mondiale». Ora siccome l’Italia «ha chiesto ufficialmente anche le Olimpiadi estive del 1960» la relazione, assai umoristicamente, asserisce che questa richiesta non è «platonica» e che l’assegnazione dovrebbe esserci data «quale testimonianza del clima favorevole che l’idea olimpica trova sul suolo italiano, in ogni sua espressione tecnica ed organizzativa». Asserzione umoristica abbiamo affermato.

Infatti cosa significa la sigla C.O.N.I.? Tutti lo sanno: Comitato Olimpico Nazionale Italiano. Ripetiamo: OLIMPICO. E checchè ne dicano i vari Onesti, Zauli, Brera, Carlini, Chierici e Roghi, Olimpico è aggettivo che viene da Olimpia.

Ebbene, per aiutare lo spirito olimpico che ha fatto l’operoso CONI invece di risolvere, con gli svariati miliardi accumulati, il grave problema delle attrezzature sportive, che ancora oggi sono in Italia assolutamente inadeguate anche alla più modesta bisogna? Lo dice la stessa relazione: il CONI ha costruito il circuito auto-motociclistico di Imola. In parole povere il CONI si è dato agli affari; altro che spirito olimpico!

Diamo ora una rapida scorsa all’elenco dei contributi concessi alle Federazioni sportive nazionali nel 1951: atletica leggera 120 milioni di lire; ginnastica 51 milioni; scherma 61 milioni; nuoto 63 milioni; canottaggio 55 milioni. Di contro stanno i 684 milioni, o giù di lì, che, di diritto, spettano al calcio, che assolutamente sport olimpico non è, almeno per il 90 per cento.

La verità è che per puntellare i loro cadreghini, gli attuali dirigenti dello sport italiano cercano l’appoggio della stampa che sfrutta lo sport con scopi puramente commerciali. Ecco il perché di certe sovvenzioni che altrimenti riuscirebbero incomprensibili. Una lega basata sullo spirito olimpionico quella degli alti papaveri e dei giornali prezzolati? Non vi fa ridere questo?

Ora, in un paese in cui si sottraggono ingenti mezzi agli sport olimpionici, si può dire che si curi «lo spirito olimpionico»?

Intendiamoci bene: io non ho nulla contro gli sport da spettacolo; ognuno in questo bel mondo capitalistico fa i propri affarucci. Basta però che questo «fare» non sottragga ad altri ciò che spetta loro di diritto.

I dirigenti del CONI credono di aver risolto il problema delle attrezzature sportive in Italia forse perché nella prossima primavera verrà inaugurato «l’imponente costruzione» dello Stadio Olimpico di Roma, nel quale «c’è il cuore dell’Italia Sportiva». Ed il dottor Zauli vi si fa sorprendere dal direttore della «Gazzetta dello Sport», mentre con lo sguardo «indugia, come una carezza, sugli spalti». Se questa non è retorica, e della più bolsa, lascio giudicare il lettore. Ora è bene si sappia che, se si svolgessero a Roma le Olimpiadi del 1960, questo «imponente Stadio» rischierebbe di rimanere semivuoto nel corso della settimana di atletica. E che questa non sia falsa profezia lo prova il fatto che già in Italia nel 1934, nel corso dei primi campionati europei di atletica, lo stadio Comunale di Torino si riempì soltanto nella giornata finale, perché furono mobilitate a tale scopo, in divisa ben s’intende, tutte le organizzazioni del defunto partito fascista. Fu un tale schiaffo all’atletica che ancora ne parlano giornali, riviste e opuscoli specializzati di ogni parte del mondo. Né ora la situazione nei riguardi dell’atletica sembra essersi corretta, nel giardino d’Europa.

Le Forze del CONI anzi stanno mobilitandosi per dimostrare al mondo, nel 1960, che gli sport dilettantistici debbono lasciare ormai il passo alla pura speculazione calcistica. Ho sott’occhio a tale proposito le illuminate parole che il signor Barassi, presidente della F.I.G.C., ha pronunciato a Roma nel corso dell’Assemblea delle società calcistiche. Egli ha tuonato: “Spero che prima del 1960 sia risolta la dibattuta questione del dilettantismo, onde far onore alle Olimpiadi italiane perché l’Italia possa presentare una formazione adeguata al livello tecnico di questo torneo”.

In sostanza queste parole significano che nel 1960 il signor Barassi dimostrerà al mondo intero che il vero sport che va incrementato e curato è quello dei calciatori professionisti. La prova di ciò sta che dopo aver discusso intorno alla «Proposta per la costituzione di una Lega Nazionale Dilettanti», su evidente imbeccata del signor Barassi, venne approvata una dichiarazione che suona esattamente così:” L’Assemblea non ravvisa la necessità della costituzione di una Lega Nazionale Dilettanti”. Come si vede mai fu dato ammirare maggior coerenza.

Concludendo dirò che né megalomani né ipocriti hanno diritto di organizzare una Olimpiade. Chiunque è stato ad Helsinki onestamente non può che riconoscere questo.