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Sergio Giuntini ci racconta la storia di Paola Pigni: una donna in corsa contro tutti i pregiudizi PDF Stampa E-mail

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Qualche giorno fa, abbiamo informato, in un breve stringato comunicato, che due nostri soci, il segretario del nostro Archivio Storico, Alberto Zanetti Lorenzetti, e  Sergio Giuntini, avrebbero presentato relazioni al Convegno di storici dello sport che si sarebbe tenuto nel fine settimana a Bologna. Come, ovviamente, avvenuto. Ci fa molto piacere proporre agli utenti di questo spazio la ampia e documentatissima relazione di Giuntini che ci presenta uno dei "personaggi" che ha scritto parecchie pagine della storia dell'atletica italiana femminile, pagine che riemergono in questo lavoro con tutto il loro valore storico, tecnico e umano. Paola Pigni lo merita.

Nelle foto a corredo: nelle due più grandi a sinistra Paola Pigni in gara sugli 800 metri nell'incontro Italia - Romania del 1° luglio 1973, a Reggio Emilia. Si riconosce la giovanissima Gabriella Dorio, che sarà la sua erede fino al titolo olimpico del 1984. Nelle altre due foto, pure sovrapposte, la Pigni con la sovietica Lyudmila Bragina, che nel 1972 ai Giochi Olimpici di Monaco migliorò tre volte il primato mondiale dei 1500 metri: in batteria, in semifinale e in finale e conquistò la medaglia d'oro; la Pigni fu terza.

Le identiche prevenzioni fisiologiche, moralistiche e religiose con le quali s’era cercato di frenare - tra Otto e Novecento - l’uso della bicicletta da parte della donna, (1) furono all’origine delle remore nutrite nei riguardi delle corse podistiche muliebri di durata. Resistenze potentemente rafforzate da un episodio che segnò per molto tempo lo sviluppo di queste pratiche atletiche femminili.

800 metri e Maratona vietati alle donne

Ci si riferisce alla gara degli 800 metri disputata nell’ambito dell’Olimpiade di Amsterdam. La prova, in cui gareggiò pure l’italiana Giovanna Marchini venendo eliminata nella seconda batteria, fu vinta a ritmo di record mondiale dalla tedesca Lina Radtke in 2’16”8. Ma a destare impressione non fu tanto questo eccellente primato quanto, piuttosto, le condizioni d’affaticamento mostrate da alcune atlete al termine della competizione. Uno stress determinato dal fatto che gli organizzatori fecero sostenere, con scarso acume, eliminatorie e finale a distanza di solo 24 ore, il 1° e il 2 agosto 1928, causando delle logiche difficoltà di recupero alle concorrenti qualificatesi per la prova decisiva. Ciò che fece eco, dunque, fu un’ondata di reazioni negative nell’opinione pubblica e sulla stampa; (2) scalpore che indusse il Daily Mail britannico a  scrivere che "queste ragazze diventeranno vecchie troppo presto". (3)

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