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Il vero vincitore è il calabrese Salvatore Massara, un ragazzo che... PDF Print E-mail

 

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Abbiamo ricevuto da uno dei moltissimi che studiano la storia dell'atletica italiana questo ritaglio con una noticina di accompagnamento che inizia così:" Ravanando fra antiche e poco sudate carte, ho trovato questo articolo che mi ha fatto ricordare una persona che ha speso gran parte della sua vita con l'atletica nel cuore. Ve lo giro, nel caso voleste farne qualcosa". La prima cosa che abbiamo fatto è stata di andare a consultare il vocabolario Sabatini Coletti, ma del verbo "ravanare" non abbiamo trovato traccia; abbiamo letto di ravanello o rapanello, ravaneto (si usa per le cave di marmo o di pietra), perfino rave party (festa notturna clandestina, dove di tanto in tanto ci lascia le penne qualcuno), ma di "ravanare" neppure l'ombra. Comunque, il significato, sicuramente dialettale, è chiaro: consultare, scavare, diciamo "tartufare", altro modo di dire ma forse più chiaro.

Con le indicazioni ricevute e con poco sforzo, abbiamo rintracciato l'originale del ritaglio che ci hanno mandato: Atletica, quindicinale della Federazione italiana di atletica leggera, numero 8, 20 aprile 1950, pagina 3. A firma Ferruccio Porta, giudice di marcia che, anni dopo, fu componente della giuria internazionale ai Giochi della XVII Olimpiade Roma 1960, il resoconto della finale nazionale del IV Trofeo Pavesi, che si tenne sulla pista di Lucca, domenica 16 aprile 1950. Protagonista, e vincitore, di quella gara un ragazzo diciottenne che veniva da Vibo Valentia: Salvatore Massara. Chi fu costui? Ve lo racconterà, se avrete tempo e voglia di leggere, un nostro socio che conosce bene la lingua italiana, e che, inoltre, ha conosciuto molto da vicino il soggetto delle nostre attenzioni.

A chi intanto volesse leggere il testo della rivista federale dell'epoca suggeriamo di posizionarsi sul ritaglio, cliccare e ingrandire. Un po' sbiadito ma si legge.