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Salvatore Massara, "Pensavamo fosse morto da tempo, e invece è ancora vivo" PDF Print E-mail

Solo la scanzonata ironia napoletana poteva partorire un necrologio come quello che riportiamo nel titolo. Fu dedicato a Salvatore Massara, alla sua scomparsa, nel settembre 2004, poco dopo i Giochi Olimpici di Atene, dai suoi colleghi del quotidiano "Il Mattino" di Napoli. Qualche tempo addietro ficcanasando in antiche carte, trovammo la cronaca della finale del "Trofeo Pavesi" di marcia, a Lucca, anno 1950. Primo proprio lui, Salvatore Massara. Atleta, giornalista, persona e personaggio, ci è venuto desiderio di ricordarlo, perchè, a nostro giudizio, fa parte del gran libro della storia italica del nostro sport che è scritto anche da galantuomini come Salvatore.. E abbiamo commissionato il ricordo a un nostro socio fondatore che lo ha conosciuto molto da vicino per tanti motivi: Augusto Frasca. Oggi presentiamo il suo elegante testo, ricco di notizie ma, soprattutto, di umanità. Ringraziamo lui, e vi invitiamo alla lettura.

Prima di lasciare spazio al testo di Frasca, scorrete questo collage di fotografie, riproduzione di una delle due pagine che lui stesso volle inserire nel suo ultimo libro "I sentieri d'Olimpia", stampato a Roma nel marzo del 2004, cinque mesi prima della sua dipartita. Grande appassionato di foto, aveva il vezzo di farsi immortalare accanto ai grandi campioni. Se ingrandite con un doppio click vedrete una passerella di "giganti" del nostro sport. Una recensione del libro citato è disponibile a questo indirizzo https://www.collezioneottaviocastellini.com/ultime-acquisizioni.

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Generoso, fecondo, instancabile testimone di atletica. Da mesi destinato ad una conclusione traumatica dell' esistenza per una serie irrecuperabile e mal gestita di cedimenti fisici, all' indomani della morte, amici e colleghi del "Mattino", quotidiano d' una vita a far data dal 1960, momento in cui Gino Palumbo gli affidò la rubrica, pubblicarono una vignetta, rimasta storica, emblematica del personaggio: "Pensavamo fosse morto da tempo, e invece è ancora vivo". 

Calabrese di Vibo Valentia, due terzi di vita trascorsi a Napoli, scomparso settantaduenne nel settembre del duemila e quattro nella sua residenza partenopea, di Salvatore Massara esistono incancellabili tracce lasciate al ricordo di chi ne incrociò il cammino, migliaia di articoli dai due emisferi in mezzo secolo d'attività e tre pubblicazioni: "Atletica, regina dei Giochi", "L'Atletica femminile in Italia e nel mondo" e "I sentieri di Olimpia", le prime due edite negli anni Sessanta, la terza data alle stampe poco prima della morte. Nell'infanzia – la madre Maria Di Rienzo prima abruzzese ad accostarsi alla pratica medica, un fratello, Massimo, una sorella, Giuseppina – Salvatore aveva seguito le sorti del padre Francesco Saverio, impegnato a metà anni Trenta in Etiopia da ufficiale della Milizia Volontaria, prigioniero nel 1941 degli inglesi e destinato dopo l'8 settembre '43 al campo di concentramento WWZ di Eldoret a seguito del rifiuto di collaborare con le forze alleate.

Massara fu agonista nella marcia, affermandosi diciottenne, con le maglie della Polimeni Reggio Calabria, nella finale nazionale del Trofeo Pavesi 1950 e nei campionati del Centro Sportivo Italiano, portando poi a termine, nel 1953, traverso le strade lombarde aperte nella buia notte di Gallarate, la "Cento chilometri", una scommessa romantica, un azzardo tecnico, un'avventura destinata a lasciar scrivere di come tutti indistintamente, l'olimpionico o il dilettante della domenica, ancora lontani dalla fine del calvario, storditi esenza fiato tornino bambini con la voglia di piangere. Prima scelta, dopo la maturità, la vita militare con l'ammissione nel 1953 all'Accademia di Modena e, al compimento del corso, nel 1956, nella Scuola applicazioni d'artiglieria di Torino, periodo in cui fornì suggerimenti e materiali di ricerca al capitano Vittorio Battan – compagno d'Accademia di Giampiero Casciotti, vicepresidente federale nelle lunghe stagioni della presidenza Nebiolo – primo a presentarsi sull'atletica nella neonata Lascia e raddoppia, superando di getto le domande iniziali, raggiungendo 320.000 lire di vincita ma fallendo, al raddoppio, la risposta su chi, dopo Robert Garrett, Atene 1896, avesse vinto nella stessa edizione dei Giochi peso e disco. Solo più avanti, a trasmissione archiviata, si saprà il nome dell'incaricato alla maligna confezione dei quiz proposti da Mike Bongiorno: Carlo Monti, l'uomo, il velocista, la medaglia degli europei del '46, dell'Olimpiade londinese e delle infinite battaglie all'Arena contro spaccatütt Orazio Mariani, glorioso staffettista, alle spalle di Owens, Metcalfe, Draper e Wykoff, nell'unica medaglia d'argento olimpica italiana nella storia della specialità.

La possibilità di un'assunzione alla Rai, successivamente smarrita fra le trappole clientelari dell'azienda di Stato, convinse Massara all'abbandono delle stellette, sostituite poco avanti dall'ingresso nei ruoli ispettivi dell'Isveimer, l'Istituto per lo sviluppo economico dell'Italia meridionale. Che fu la sua professione, fino alla pensione, il giornalismo essendo sempre vissuto come un diporto, costante, assiduo, irrinunciabile, quasi quotidiano, ma sempre, economicamente, diporto. Cinefilo di rara padronanza, divoratore di narrativa americana, del lavoro giornalistico Salvatore Massara conservava gran parte degli stereotipi, ma aveva il vantaggio dell'ironia, in cui la componente partenopea manteneva intatta, anche quando feroce, la sua peculiarità. Memorabili, su tutti, sulle tribune stampa di mezzo mondo, i finti litigi con Vanni Lòriga, inviato del quotidiano romano, cui lo legavano, in ugual misura, immutabili, affetto e rispetto. Toccò numerose testate oltre il Mattino, Corriere sport e Gazzetta, Corriere sera e Repubblica, e fu sempre fedele alle abituali incursioni nella federale Atletica e in Atletica Leggera, il mensile nato e allevato come un figlio nella fucina vigevanese di Dante Merlo. Per quanti lo conobbero, per oltre mezzo secolo, ad Helsinki e a Los Angeles, a Sarajevo come a Belfast, a Montréal come nella familiare Scuola di Formia, fu tra i più singolari esponenti di una formidabile comunità professionale applicata all'atletica, quella comunità che, ancor prima della ineluttabilità delle stagioni, pigrizie e cadute culturali avrebbero progressivamente e inarrestabilmente disperso.

Salvatore Massara era nato il 26 agosto 1932, morendo il 26 settembre 2004. Quercia di III grado, massima onorificenza assegnata dalla Federazione italiana di atletica, l'anno dopo la scomparsa Napoli gli ha intitolato, al Vomero, la pista dello stadio Arturo Collana.