Messaggio
Resoconto del Convegno "Bruno Bonomelli Maestro di Atletica" Stampa
Sabato 19 Febbraio 2011 10:59

Maestro, sì, Maestro con la lettera iniziale maiuscola. Questa è la dimensione di Bruno Bonomelli uscita dalla Sala "Piano Nobile", nel cuore di Brescia, della "sua" Brescia, lui originario di Rovato, borgo a pochi chilometri, famoso per le saporite carni di manzo e abitato nei secoli passati da commercianti di altrettanto profumati e golosi formaggi di cui curavano la stagionatura.

Da questa terra venne Bruno Bonomelli e di questa terra conservò i tratti caratteriali: sanguigni, talvolta (spesso? ebbene sia) litigiosi, frutto di una personalità forte, testarda, sempre battagliera.

Ma il Bruno Bonomelli era anche un altro, ben diverso da quello che qualche quaquaraquà ha tentato nel tempo di accreditare. Chi lo frequentava davvero e non solo in qualche inutile conferenza stampa, ne riconosceva i tratti dell’ uomo di grande cultura, di vaste letture, amabile conversatore, ironico, generoso.

Al contrario di tanti pidocchi del nostro mondo dell’atletica, Bruno Bonomelli – Bibis, come spesso firmava i suoi "pezzi" sui vari giornali su cui scrisse per decenni – ha sempre aperto i suoi archivi a chi ne aveva bisogno, ha sempre fatto partecipi gli altri delle sue ricerche, la sua casa era una vera "biblioteca pubblica" senza orari e restrizioni. Magari, con pranzo e cena inclusi. E dove il vino buono non mancava mai ad accompagnare la cucina "tre stelle" della sagace e premurosa signora Rosetta.

Valga una frase sola come sintesi perfetta del personaggio. L’ha scritta Giorgio Reineri in una lettera a un socio dell’ASAI, quel Reineri che prima di tornare negli Stati Uniti, dove trascorre una parte della sua vita, ha voluto essere a Brescia per il Convegno, come era stato presente nel 1994 alla fondazione dell’Archivio Storico. Ha scritto Giorgio: "Ma con tutti i suoi difetti, dov'e' oggi un altro Bruno Bonomelli? Ti guardi attorno, e vedi un deserto di intelligenze, di fantasie, di passioni, di curiosità".

Cinque relatori, cinque modi diversi di tratteggiare la figura di questo gigante dell’atletica italiana. Cinque strumenti diversi per una sinfonia unica.

Con una relazione ricca di ricordi personali e di emozioni condivise, il dott. Gabriele Rosa ha aperto il Convegno dedicato ai cento anni della nascita (1910 – 2010) di Bonomelli, giornalista, storico e scrittore di atletica leggera, "maestro", appunto, come recitava il titolo di questo appuntamento voluto e organizzato dall’Archivio Storico dell’Atletica Italiana (ASAI). Sede del Convegno l’elegante salone "Piano Nobile" di Palazzo Cottinelli, nella centralissima via Marsala, nella Brescia storica.

 

 

 

 


Già il titolo della relazione di Rosa, "Noi, i ragazzi di Bonomelli", indicava il "taglio" che avrebbe dato il relatore, che del maestro rovatese è stato atleta negli anni giovanili, nella bella Iseo, poi seguace del suo personalissimo modo di interpretare l’atletica, ma soprattutto amico per tutta la vita. "Bonomelli è stato determinante nelle scelte professionali della mia vita, orientandole con il suo insegnamento verso lo sport prima, l’atletica poi e il mondo della corsa come approdo conclusivo. Ma soprattutto la sua grande indipendenza difronte all’imperante servilismo, che ha sempre permeato anche lo sport".
Bonomelli è stato ricordato con affetto in tutte le sue molte e talvolta controverse "facce": l’ospite generoso e il piacevole conversatore, il battagliero dirigente e allenatore, il polemista talvolta eccessivo che suscitava antipatie e accese reazioni, il grande viaggiatore (sempre a sue spese e non a rimorchio di altri o di istituzioni sportive, costume largamente diffuso).

Dopo l’introduzione iniziale di Alberto Zanetti Lorenzetti, vicepresidente dell’ASAI, e il coinvolgente ritratto fatto da Gabriele Rosa, è stata la volta di Sergio Giuntini, storico dello sport, con una approfonditissima relazione sullo sport negli anni ’50, gli anni della Guerra Fredda, che anche sulle piste di atletica e negli stadi contrapponevano i due grandi blocchi mondiali (Est – Ovest). Giuntini ha ricordato ai presenti la "cornice" nella quale Bruno Bonomelli decise di presenziare al Festival Mondiale della Gioventù, nel 1953 a Bucarest, ovviamente organizzato dal blocco comunista. Con il piglio dello storico preparatissimo, Giuntini ha fornito un ritratto dell’epoca che ha tenuta avvinta l’attenzione dei partecipanti. Episodi inediti, figure di grandi campioni del tempo, curiosità giornalistiche e bibliografiche. E, soprattutto, niente di "rifritto", di già sentito, ma tutto giocato, per questa particolare occasione sulla originalità della ricerca storica e documentale.

Con il prof. Enrico Arcelli si è tornati al Bonomelli allenatore di atletica, di mezzofondo e fondo, al grande appassionato di maratona, alle sue intuizioni sulla distribuzione dello sforzo nella corsa di maratona: anche in questo la sua voce fu "controcorrente" in quegli anni, ma con fondamenti tecnici che si sono rivelati, con il tempo, azzeccati. Arcelli – co-autore con Bonomelli di uno dei pochi libri italiani sulla corsa campestre, anzi forse l’unico con questo respiro storico – ha inserito ricordi personali: il Bonomelli puntiglioso e "odiato" misuratore delle distanze delle varie maratone, lo statistico attento della disciplina, ma anche il buongustaio, il conversatore amabile. Parlando di maratona, piace ricordare che in sala, insieme a atleti "bonomelliani" del passato (Giorgio Gandini, venuto espressamente da Bergamo, ad esempio, Giulio Salamina, e altri), ha presenziato anche quel Gianni Poli, tra l’altro vincitore della New York City Marathon del 1986, del quale Bonomelli intravide le grandi qualità sin da giovanottello, e ne scrisse con gran dispitto delle cornacchie locali.


Veramente inedita la quarta relazione. Uno dei "pallini" di Bruno Bonomelli fu la ricerca della localizzazione degli impianti sportivi nella città di Brescia e lo studio delle motivazioni di quelle scelte urbanistiche non sempre azzeccatissime. Un eccezionale contributo storico-urbanistico è stato portato dall’architetto Massimo De Paoli, docente universitario a Brescia, figlio di quel Gigi De Paoli, notissimo centravanti degli Anni ’60, Brescia e Juventus, fra le altre sue squadre. Un contributo su questo argomento, che, da solo, avrebbe meritato un Convegno. Il rigore della vasta ricerca si è sposato con l’entusiamo dell’architetto De Paoli, che, avendo avuto l’occasione di avere tra le mani alcune "carte" di Bonomelli, ne era rimasto emotivamente affascinato.

Ultima relazione quella del prof. Marco Martini, che, senza ombra di dubbio, può essere considerato l’erede "naturale" di Bruno Bonomelli quanto a studi storici sull’atletica italiana. Martini ha ricordato la grande generosità di Bonomelli nell’aprire la sua biblioteca e le sue "carte" a chiunque volesse approfondire la ricerca storica. Approfondimenti che sono quasi sempre mancati nella storia della atletica italiana e dello sport in generale, affidati, troppo sovente, a "rifritture" continue di argomenti triti e ritriti. E Martini, con pacatezza ma con altrettanta chiarezza, non ha risparmiato nessuno, con bordate gentili ma devastanti. Una relazione controcorrente da parte dell’unico vero ricercatore e studioso di atletica italiana e non solo. Martini non ha la voce tonante di Bruno Bonomelli, ma la sua relazione ha avuto spigoli taglienti contro un diffuso andazzo pseudoculturale sia di ieri sia di oggi. Un intervento che fa onore al relatore, che non si scopre certo oggi per dirittura morale e impegno culturale.


La giornata di studi bonomelliani è stata chiusa dall’intervento di Ottavio Castellini, presidente dell’ASAI. Un amalgama di molti ricordi personali: le piacevolissime serate della casa di via Sanson, i viaggi, le soste alla Casa del Popolo di Reggio Emilia per far cena quando si tornava da Roma o da Firenze, le feroci baruffe (che avevano, sì, a volte avevano ragioni che sfuggivano agli osservatori esterni pronti al giudizio superficiale sul caratteraccio dell’uomo), la scoperta delle sue carte, di quei suoi inimitabili annuari degli Anni ’40 e ’50 (che si pagava di tasca sua, senza ricorrere alla mungitura sistematica degli enti sportivi ufficiali, vezzo di ieri, di oggi, di domani), le ricerche in varie biblioteche dove la sua vociona era una imbarazzante mina vagante nel silenzio, l’avventura di cercare di pubblicare qualcosa insieme (Castellini ha compilato con Bonomelli parecchi lavori storico-statistici, in particolare sull’atletica bresciana, e ha sempre pensato direttamente alla realizzazione pratica dei volumetti). Ma anche l’amarezza di giudizi mortificanti a causa di un impegno diretto per un insignificante incarico come presidente della Federazione bresciana di atletica. Bonomelli considerava "traditori" tutti coloro che si impegnavano "dentro" la struttura federale, accusa lanciata anche contro gli amici suoi (Rosa, e appunto Castellini). "E oggi devo dire qui – ha confessato – che aveva ragione lui: da dentro non si cambia proprio un bel niente ma si viene fagocitati".

Castellini ha affidato la conclusione del Convegno ad una frase tratta da "Il giorno della civetta" di Leonardo Sciascia. Lo scrittore siciliano fa dire ad uno dei suoi personaggi che l’umanità si divide in cinque categorie: "Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà…. Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini…E invece no, scende ancora più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più in giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito…E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre".

"Di fronte alla crescita esponenziale di alcune di queste categorie, mi sento di affermare con forza, che oggi, in questo salone, noi abbiamo ricordato un uomo, uno dei pochissimi di questo nostro fatiscente mondo sportivo", è stata la chiusa di Castellini, il quale ha, al contempo, annunciato che l’ASAI curerà la pubblicazione degli atti del Convegno nel corso del 2011.

 

RINGRAZIAMENTI

Gli organizzatori del Convegno, Alberto Zanetti Lorenzetti e Ottavio Castellini, a nome di tutti i soci dell’ASAI, esprimono il loro vivo ringraziamento:

 

a Gabriele Rosa, Sergio Giuntini, Enrico Arcelli, Massimo De Paoli e Marco Martini, relatori al Convegno;

 

 

a Martino Gerevini, come sempre amico e professionista vicino alla ASAI in tutte le sue iniziative;

 

 

al signor Emanuele Beschi, della società "Piano Nobile", per l’ospitalità;

 

 

a Aurelio Forti, per il suo amichevole e concreto apporto alla riuscita del Convegno;

 

 

a Luciano Affò, per i bei servizi televisivi;

 

 

alla redazione sportiva del "Giornale di Brescia" per l’attenzione dedicata al Convegno;

 

 

alle televisioni bresciane, alle riviste e siti internet che hanno ospitato i nostri comunicati e i successivi servizi.

 

 

Servizio trasmesso dalle televisioni bresciane

Foto di Elio Forti

Ultimo aggiornamento Mercoledì 23 Febbraio 2011 10:35