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L'oro della medaglia olimpica non sbiadisce mai: Ugo Frigerio (1) Stampa

Era il 18 agosto 1920... Era il 21 agosto 1920...In quei due giorni la pagina bianca della storia della partecipazione italiana ai Giochi Olimpici dell'Era Moderna assunse sfumature dorate. Un giovanotto milanese, Ugo Frigerio, vinse le prime due medaglie d'oro olimpiche della nostra atletica. Un paio di medaglie, un po' meno preziose, erano state portate a casa in precedenza: d'argento, quella conquistata, negli 800 metri, ai Giochi di Londra, dal genovese Emilio Lunghi, uno dei più grandi atleti che l'Italia possa annoverare. La grandezza di Lunghi fu oscurata dalla vicenda rocambolesca del maratoneta Dorando Pietri, l'uomo che vinse ma perse la vittoria, come fu definito in un titolo del «Corriere della Sera». L'altra, di bronzo, sempre da un marciatore, sempre milanese, Fernando Altimani, a Stoccolma 1912.

Raccontiamo qualche dettaglio di quelle quattro giornate allo Stadio di Beerschot, ad Anversa, che ospitò la settima Olimpiade. Due le gare di marcia: prima un 10 mila metri (17 e 18 agosto) e poi un 3 mila (20 e 21). Prima giornata di quelle citate due serie della gara più lunga. Tutti e due gli italiani nella prima, Frigerio e Donato Pavesi. Vince nettamente il primo con un tempo strepitoso...ma mancava un giro alla corretta distanza, un classico dei giudici di atletica, sai quante ne abbiamo viste di 'ste cazzate...Quarto Pavesi, i primi sei classificati passano in finale, quindi entrambi i nostri. La gara che assegna le medaglie è un monologo di Frigerio, lo dicono i tempi: lui 48:06, lo statunitense Pearman 49:40, arrotondati. Pavesi, tanto per non smentirsi, squalificato, era abbastanza frequente.

Due giorni dopo, i 3 mila, due serie che qualificano, sempre i primi sei. Dominio azzurro: Pavesi nella prima vince con il primato olimpico, Frigerio si afferma nella seconda e abbassa il fresco record di sei secondi. Finale: trionfo di Ugo Frigerio che demolisce il primato olimpico, così come tutti e dodici i partecipanti, normalissimo, la distanza era poco o nulla praticata. Stessa solfa per Pavesi: quarto al traguardo, e poi tolto di classifica, altra tiritera che ha afflitto la marcia a tutti i livelli per decenni.

Marcia, parliamo di quella olimpica degli albori. Le prime distanze in una edizione ufficiale dei Giochi furono un 3500 metri e una dieci miglia, 16 chilometri novanta metri e spiccioli di centimetro. Dove? Londra. Quando? 1908. Chi vinse? Un britannico, tal George Larner, originario di Langley, nel South East England (meglio chiarire perchè con questo nome nel Regno Unito ci sono quattordici località, cittadine, quartieri). Larner, all'epoca era poliziotto a Brighton, i suoi superiori gli concessero il tempo per allenarsi e lui li ricambiò vincendo due titoli olimpici. Nel 1912, a Stoccolma, una sola distanza: i dieci chilometri. Successo di un altro George, Goulding stavolta, canadese, il suo tempo, 46:28.4, fu il primo registrato dalla Federazione internazionale nel suo libro dei primati del mondo della disciplina. Terzo, come ricordato qualche riga fa, Fernando Altimani.

1916, gli unici primati sono quelli delle centinaia di migliaia di morti della Prima Guerra Mondiale, in Francia e in Italia, macelleria di poveracci. I Giochi Olimpici tornano nel 1920, per noi sono i Giochi di Ugo Frigerio. 

(segue)