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Giovanni e Giordano Cottur, una storia familiare che racconta non solo di biciclette Stampa

Primi anni del '900, Trieste, Impero Asburgico. In questo clima ci introduce oggi Alberto Zanetti Lorenzetti con la prima parte di una ricerca su un atleta di quei tempi: Giovanni Cottur, il cui cognome venne scritto in varie forme, Kotur, Cotur, o, infine, con la doppia «t». Una storia interessante, come tutte quelle scovate dal nostro socio. Una storia che ebbe poi un seguito con quella del figlio, Giordano, che fu un fior di ciclista subito dopo il 1945. Qui Alberto si occupa principalmente di Giovanni Cottur.

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Due rare immagini di Giovanni Cottur datate 1911, tratte dalla pubblicazione «Lettura Sportiva». Nei medaglioni, oltre a Cottur (scritto come Cotur) c'è anche Umberto Zilio, un ottimo podista a quei tempi in Emilia Romagna

Cottur padre e Cottur figlio. Indubbiamente quest’ultimo è molto più conosciuto per i meriti sportivi ciclistici che lo videro fra i protagonisti dell’epopea legata ai nomi di Gino Bartali e Fausto Coppi. In tre occasioni (1940, 1948 e 1949) fu terzo al Giro d’Italia, manifestazione nella quale per 14 volte indossò la maglia rosa e vinse cinque tappe, fra le quali la prima tappa del Giro della rinascita del 1946, edizione che lo ebbe prim’attore anche nella Rovigo-Trieste essendo stato il primo atleta giunto al traguardo nel capoluogo giuliano dopo l’imboscata filo-titina che aveva fermato la carovana a Pieris.

Ma la nostra attenzione è particolarmente rivolta a Cottur padre: nacque a Trieste, ma la data è incerta, essendovi il dubbio fra il 28 marzo e il 9 aprile 1889. Figlio di Giuseppe Fogar, Giovanni prese il cognome della madre Marja Kotur, cameriera dalmata originaria della regione di Zara. Già al momento dei primi successi sportivi venne citato come Cottur, segno che era già in uso la “italianizzazione” dei cognomi, evidentemente su base volontaria e quindi pratica ben diversa da quella imposta alcuni anni dopo dal regime fascista.

Negli anni della gioventù perse un occhio e, cosa comune a molti atleti, gli giovò l’essere garzone di un fornaio che lo spediva, a piedi o in bicicletta, a far consegne. Cominciò con il ciclismo diventando nel 1909 campione friulano (era tesserato per il Club Ciclistico Gradisca), per poi iniziare anche l’attività podistica con i colori del Circolo Sportivo Olimpia di Trieste, storico sodalizio nato nel 1909 ad opera di Giulio Romanelli, Aldo Mayer Grego e Gustavo Levi, tesserando atleti impegnati nel velocipedismo e nel podismo.

Era un periodo in cui il vivace mondo sportivo triestino altro non era che lo specchio della complessa società locale, e nel quale le società italiane erano guardate con sospetto dall’autorità austro-ungarica, sempre attenta a cogliere eventuali manifestazioni irredentistiche. Il podismo, praticamente relegato ad una attività strettamente locale per via delle frequenti difficoltà ad ottenere le autorizzazioni per gareggiare in Italia, viveva principalmente sulla rivalità fra il Circolo Sportivo Olimpia, il C.S. Internazionale, l’Edera Sportiva e lo Sport Pedestre Triestino. Il ristretto ambito in cui operavano gli atleti creava una situazione di sofferenza che riguardava anche gli altri sport. Solo ginnastica e canottaggio – forse per il fatto di essere riuscite ad affiliarsi alle Federazioni italiane o più presumibilmente per il livello agonistico raggiunto – si erano messe in grado di intensificare i rapporti sportivi con l’Italia. A questo bisogna aggiungere un certo disinteresse della stampa locale verso le corse, per cui ai pochi dati provenienti dai giornali triestini ed italiani è stato possibile fruire di preziose notizie provenienti dalla interessante pubblicazione di Giuliana Fantuz “Giordano Cottur, il padre, il figlio e la bicicletta”.

All’inizio del 1910 Cottur si dimostrò essere il più quotato fondista triestino imponendosi a Umberto Bertola, del C.S. Internazionale, che fu battuto in volata il 20 febbraio nel cross country organizzato a Trieste. Era l’inizio di una interessante serie di duelli sportivi che vide da allora il Bertola sempre relegato in seconda posizione nelle gare di cross, su strada (come nella Barcola-Miramare del 1912) e nella distanza dei 10.000 metri.

Le trasferte fuori confine che dettero modo a Cottur di farsi conoscere iniziarono il 3 dicembre 1911, quando vinse con il tempo di 3.12’00” la maratona di Fadalto di Belluno. Seguirono i successi riportati nel 1912 alla Traversata di Mestre e al Giro di Udine. I 10.000 metri corsi a fine stagione a Trieste testimoniarono la sua maturazione, per cui annotiamo che al 34’ netti cronometrato il 29 settembre (34’00”6 in fonte austriaca, 34’00”3/5 secondo Marco Martini) si aggiunse nel corso del Trofeo delle Cinque Provincie, disputato il 13 ottobre 1912, il tempo di 31’41”4/5, risultato inattendibile probabilmente per errore di misurazione del percorso, come del resto per le altre gare della stessa manifestazione. In entrambe le occasioni ebbe ragione di Bertola. Nell’edizione del 31 marzo 1913 il quotidiano «Il Piccolo», annunciando la sua vittoria su Giovanni Cernigoi e Bruno Steffilongo nel cross country di 5 km valido per il Campionato federale disputato nel viale del Boschetto, precisò che Cottur si era aggiudicato la manifestazione – una delle più importanti proposte dal calendario agonistico giuliano -  anche nei tre anni precedenti.

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