Messaggio
Do you speak English? No, ma vinciamo lo stesso anche se parliamo italiano (1) Stampa

Stavolta, amici del nostro sito e della nostra lillipuziana struttura, vi accompagnamo al di là della Manica, sapete? quel braccio di mare (560 chilometri di lunghezza, 34 chilometri la distanza minima fra le bianche scogliere di Dover e la costa francese del Pas de Calais), acque che Sir Winston (vedasi il film «L'ora più buia», uscito nel 2017) riuscì, con l'aiuto dei suoi connazionali, fossero pescatori o appassionati di barca a vela, a mettere in acqua migliaia di piccole, medie, grandi imbarcazioni per cercare di portare in salvo i militi inglesi, e anche belgi e francesi, inchiodati su una spiaggia francese dai nazisti invasati dalle urla di un imbianchino. Era la fine di maggio e l'inizio di giugno del 1940. È conosciuta come Operazione Dynamo, durò otto-nove giorni, sotto il fuoco rabbioso dell'artiglieria tedesca e dei bombardamenti incessanti della Luftwaffe, per la gioia dei costruttori d'armi e di bombe amici del suddetto imbianchino. Furono sottratti alle grinfie naziste circa 340 mila uomini fra britannici e francesi. Lo definirono «il miracolo di Dunkerque».

Bene, dopo la lezioncina di storia degna di un bigino pre-esame per quelli che non hanno studiato molto durante l'anno, vi facciamo attraversare l' English Channel in tutta sicurezza. La barca che ci porterà sul suolo di Albione (come scrisse Ugo Frigerio nel suo libro, ligio alla definizione mussoliniana in voga allora di Inghilterra come «perfida Albione», espressione peraltro scopiazzata dal Cav. - ma allora è una mania degli italiani 'sto Cav. ricorrente? - da un marchese francese di origine spagnola che la coniò nel Settecento) avrà al timone Augusto Frasca, socio fondatore e attualmente vicepresidente dell'A.S.A.I. Non conosciamo la sua perizia nel governare una barca, ma siamo certi della sua abilità nel mettere in bella fila le parole. Frasca ci guiderà alla scoperta (o riscoperta, per quelli che hanno nozioni di atletica un tantino più raffinate) degli atleti italiani che hanno iscritto il loro nome nell'albo d'oro dei Campionati inglesi, quelli sotto l'egida della Amateur Athletic Association, fondata nel 1880. Accanto a Frasca si è subito schierato un altro socio fondatore, Alberto Zanetti Lorenzetti, che ha provveduto a fornirci un eccellente supporto documentale e iconografico a corredo dei testi.

Di seguito potete leggere la parte iniziale di questa interessante ricerca, che ci racconta la prima partecipazione italiana ai Campionati inglesi, quella del marciatore Ugo Frigerio, nel 1922.

Qui sotto: riproduzione dell' articolo che «La Gazzetta dello Sport» di lunedì 3 luglio 1922 dedicò all'evento. La corrispondenza da Londra era «di apertura» della prima pagina (nel linguaggio giornalistico della impaginazione degli articoli) 

alt

"Mi si aspetta a Londra per i Campionati Inglesi: andiamo un po' a vedere la terra d'Albione. Per poco non ci siamo arrivati ammanettati assieme a Brusotti. A Copenaghen avevamo incaricato un connazionale di procurarci il biglietto supplementare da unire ai due che già tenevamo; ma, o che il connazionale non trovò più noi, oppure noi perdemmo lui. Sul piroscafo nessuno parla l'italiano e noi non conosciamo altre lingue all'infuori della nostra. La mancanza del famoso biglietto supplementare fa andare in bestia il Capitano e il Commissario di bordo. Alle domande che ci rivolgono un po' con le buone e un po' con le cattive rispondiamo sempre che non comprendiamo… Conclusione: ci fanno piantonare in cabina. Dopo un po' siamo nuovamente chiamati alla presenza di quei due Signori, che ora ci sembrano un po' più calmi. Finalmente, a forza di segni da spiritati, riusciamo a capire che vogliono proprio quel biglietto che non possediamo, in mancanza di quello ci fanno intendere che accettano anche l'equivalente in contanti. Meno male! Paghiamo subito ed evitiamo l'arresto.

"Sbarco a Londra accolto con una cordialità fraterna da parte dei gentilissimi sportivi inglesi, e da tutti coloro cui vengo presentato. Ecco il giorno fissato per la grande gara dei Campionati. Dopo l'Olimpiade non ricordo d'aver visto uno stadio così gremito di spettatori come quello di Londra. Decisamente l'Inghilterra è il paese degli sport per eccellenza. Una folla impressionante, disciplinata e così compostamente vivace e allegra che, a mirarla, c'era da compiacersi per il grandioso e armonico spettacolo che dava di sé. Entrano in campo i marciatori. Non siamo in molti, ma è risaputo che quando si ha a che fare con una squadra, come quella capeggiata dal terribile e prodissimo Larner*, recordman mondiale, c'è da pensarci due volte e da mettercela tutta. Si corre su due miglia. La giornata non è cattiva, in complesso, e io sono in ottima forma. La gara si svolge corretta e animatissima, seguita dall'ansia evidente del pubblico che adora il suo imbattuto campione. Larner è già anzianotto d'età e anzianissimo di competizioni e di fulgide vittorie internazionali, e la sua celebrità è tutt'altro che una montatura, come il suo indiscusso valore è tutt'altro che trascurabile per chiunque: la sua tenacia e la sua forza sono sorprendenti. Quando riesco a sorpassarlo, lo vedo serrare i pugni sorridente, quasi volesse dirmi: "non è ancora finita"; e mi insegue risoluto e con maestria, tanto che mi sta sempre alle calcagna col fermo proposito di sopravanzarmi, e riunendo tutte le sue vecchie e gloriose energie piantarmi in asso. Allungo di scatto e subito accentuo il vantaggio sul mio inseguitore che non s'aspettava la repentina sferzata. Un primo scroscio di applausi saluta la mia decisa presa di posizione, tanto più che Larner in quel momento deve aver lasciato sfuggire un gesto di sorpresa; proseguo quindi più coraggioso, stimolato dalla schietta dimostrazione di simpatia del pubblico, il quale vorrebbe ugualmente ridare nuova forza al suo campione prediletto. A un tratto, quasi senza avvedermene, rompo veemente il filo del traguardo, mentre una poderosa e prolungata ovazione accoglie il mio impetuoso arrivo. Giunge intanto anche Larner.  Il vinto campione del mondo vuol dimostrarmi pubblicamente la sua incondizionata stima e ammirazione indossandomi personalmente il pijama. L'atto cavalleresco elettrizza d'un colpo la folla spettatrice, che scoppia in un uragano d'applausi all'indirizzo di entrambi. E poi venite a contarmi che la freddezza degli inglesi è proverbiale. Se davo retta a loro, ai loro inviti e alla loro benevolenza, ancora sarei là, e avrei messo su casa tra le brume di Albione".

Troppo sapida la ricostruzione del primo successo di un italiano ai Campionati inglesi dell'Amateur Athletic Association per privare i lettori della generosa scrittura del marciatore che due anni prima, diciannovenne, sorprendendo il mondo dell'atletica, si era affermato sul traguardo dei 3 e dei 10 chilometri ai Giochi di Anversa, lasciando successivamente traccia viva della sua carriera in un libro biografico dal titolo, rivelatore dello spirito del tempo, Marciando nel nome dell'Italia. Quel viaggio vincente oltre Manica – in una manifestazione che prima dell'esordio torinese nel 1934 dei Campionati europei costituì un'autentica rassegna continentale, mantenendone successivamente, e a lungo, più d'una peculiarità – non fu l'unico di Ugo Frigerio. Il fanciullo di Anversa, ancora dominatore sulla distanza più lunga, ventitreenne, ai Giochi di Parigi, e prima del terzo posto sulla cinquanta chilometri di Los Angeles, tornò a Londra nel 1931, trionfando sulle 7 miglia e chiudendo in pratica un fenomenale cursus honorum.

Nota dell'autore - George Edward Larner (7.3.1875) firmò, tra il 1904 e il 1908, i primati mondiali dell'ora e sulle distanze dalle 2 alle 10 miglia. All'epoca di Londra 1922, Larner aveva dunque 47 anni.

Note aggiuntive, a cura della redazione - Si rileva qualche discrepanza fra il racconto di Frigerio e la cronaca riportata da «La Gazzetta dello Sport», che non cita mai Larner fra i protagonisti della gara. Teniamo per buona la versione dell'atleta italiano, desumendo che l'inglese chiuse la gara nelle retrovie. Secondo fu Charles Dowson, che aveva vinto i titoli AAA delle 2 e delle 7 miglia nel 1920. Anno in cui fu selezionato per i Giochi Olimpici di Anversa; prese parte alla prova sui tre chilometri, e chiuse al sesto posto, quasi insieme a Donato Pavesi che però dopo la gara fu squalificato. Dopo Dowson, Bobby Bridge (1883-1953), protagonista negli anni 1912-13-14, nonostante una menomazione grave: il suo braccio sinistro aveva dovuto essere amputato al gomito. E nonostante questo, finita l'attività sportiva, esercitò la professione di dentista. Nella cronaca del quotidiano milanese viene citato anche Ross: si tratta di Harold Ross, vincitore anche di due edizioni della «Cento Chilometri».

(segue)