Messaggio
L'oro della medaglia olimpica non sbiadisce mai: Alessandro Andrei Stampa

alt   alt

Qui sopra: una bella copertina della rivista «Atletica», dedicata ad Alessandro Andrei. A destra, il risultato ufficiale completo della finale olimpica del lancio del peso al Coliseum di Los Angeles

Era l'11 agosto 1984... Quel giorno...Meglio quel tardo pomeriggio, sera incombente. Le dodici catapulte umane che avevano superato il turno di qualificazione la mattina, tornano in pedana alla ricerca di oro, argento e bronzo.In California, una terra che aveva conosciuto la febbre dell'oro, o corsa all'oro, stavolta non sportivo, un secolo prima, a partire dal 1849, per tanti poveracci una tragica epopea finita nell'alcol, nella miseria, nel delitto, nel suicidio. Il meraviglioso film, muto, prodotto e interpretato di Charlie Chaplin, nel 1925, dice più di tutte le parole; se volete, guardate questo traler. In quel pomeriggio avanzante dell'11 agosto 1984, anche per Alessandro Andrei the dreams became reality, i sogni divennero realtâ. Dopo il decimo posto ai Campionati d'Erupa dell'82. il settimo ai primi campionati del mondo '83, il coronamento di otto anni di carriera (dal 1976). Alessandro veniva da una terra di lanciatori di peso che avevano scritto grand parte dell'albo d'oro italiano: Aurelio Lenzi, di Pistoia, Angiolo Profeti, di Castelfiorentino, Silvano Meconi, di Firenze, come Andrei e come Marco Montelatici, che in quella finale olimpica californiana fu sesto.

Per ricordare quel successo vi lasciamo ad un articolo a mezzo fra il ritratto e la cronaca che, dopo i Giochi, Dino Pistamiglio scrisse per la rivista «Atletica». Dino era caporubrica al quotidiano torinese «Tuttosport», osservatore attento, pignolo, preparatissimo, di lui sempre ci impressionò la capacità di lucida analisi di una giornata di atletica iniziata alle 9 del mattino e finita a sera tarda: ti snocciolava prestazioni, tempi di passaggio, dettagli anche poco appariscenti come se li avesse annotati un attimo prima.

Alessandro

di Dino Pistamiglio

"Alessandro Andrei stringeva il fascio di rose rosse come se tenesse la mano di una ragazza dolce; il viso era ormai rilassato. Tutti i riti del dopo gara, dall'antidoping alle interviste, erano ormai esauriti. Restava ancora da abbracciare Roberto Piga, il suo allenatore, l'uomo col quale aveva intessuto, per più anni, un lungo discorso di passione e di lavoro con il lancio del peso.

"Un italiano, un toscano, un fiorentino di venticinque anni era campione olimpico del peso. Forse uno dei titoli più inattesi nella storia del nostro Paese, che ci descrive estrosi, veloci, resistenti ma raramente uomini forti.

"Trentasei anni dopo l'oro di Consolini nel disco a Londra, toccava a un altro lanciatore di casa nostra centrare il titolo più sognato da uno sportivo. C'era grande emozione, anche se Andrei teneva il pallino del discorso con distenzione, pronto alla battuta, al commento ironico ("Cosa faccio quando ho finito di allenarmi? Mi riposo dalle fatiche dell'allenamento...").

"Era la serata di Alessandro Andrei e Gabriella Dorio, quel sabato 11 agosto, che resterà impresso nella nostra memoria come il ricordo giusto di questo giovanottone. In un anno Alessandro il grande ha compiuto un salto di qualità che spaventa, portandosi da un valido 20.35 a misure tipo 21.50 che l'hanno proiettato, già alla vigilia olimpica, come un possibile protagonista. Maledetti e grandi toscani, l'hanno scritto in tanti, ma Andrei nel sorriso sempre contenuto, nelle affermazioni sincere e ragionate, pare quasi non avere le caratteristiche della sua città.

"Il personaggio forse non piacerà al pubblico di casa nostra, abituato alle dichiarazioni separate e alle polemiche da caffè, con il primo interlocutore uno che insulta l'altro, come forma abituale di dialogo.

"A noi invece garba, anche se frequenta forse una delle specialità più difficili dell'atletica, con quel gran contorno di lavoro in palestra, ore e ore di sollevamento pesi che spaventano e hanno rotto più di un campione.

"In un anno Alessandro da Scandicci è diventato olimpionico; ha riscattato tanti anni di battute sul rendimento agonistico dei pesisti della sua città, che hanno fatto cose grosse da Profeti a Meconi, ma che si sono anche persi nelle competizioni internazionali. Lui invece, nel grande prato verde del Coliseum, quel sabato 11 agosto, ci è sembrato sempre controllato, sempre sicuro, sempre consapevole di quel che si verificava sulla pedana del peso.

"Spara Carter, spara Wolf, spara Laut, ma il migliore è stato, fin dal primo lancio di prova, questo ragazzone che con la palla da 16 libbre quest'anno ci ha divertito un mondo, sparando lontano, in direzione Los Angeles".