Messaggio
Augusto Maccario, piccolo bruno figlio della Liguria, cameriere nel Principato (2) Stampa

alt

altalt

Pubblichiamo la seconda parte della ricerca firmata Alberto Zanetti Lorenzetti sull'atleta ligure-monegasco, ligure per nascita, monegasco per lavoro, carriera sportiva e...sepoltura, Augusto Maccario. Approfondiremo nei prossimi giorni questa parte della sua vita nel Principato dei Grimaldi. Un pot-pourri di foto dai Giochi Olimpici di Anversa 1920: in quella grande una fase della corsa con l'inglese James Wilson al comando, seminascosto  il francese Joseph Guillemot, con il numero 487 il minuscolo Maccario e con il 275 il prestante finlandese Paavo Nurmi, uno degli atleti che ha lasciato un segno indelebile sulla storia delle Olimpiadi. Abbiamo privilegiato le immagini di Maccario e Nurmi anche nelle atre due foto.

********

Le prime Olimpiadi all’indomani della fine della Grande Guerra approdarono ad Anversa. Era stata accarezzata l’idea di farle disputare a Roma, ma non se ne fece nulla. Il nostro Paese era stato sfiancato dai quattro anni di conflitto – e sicuramente il Belgio lo era anche di più – ma dobbiamo anche tener conto delle tensioni politiche e sociali che stavano attanagliando l’Italia.

Viaggio verso le Fiandre, dunque, dove il 14 agosto ebbe inizio la cerimonia d’apertura della VII edizione dei Giochi, così commentata dalla «Stampa Sportiva»: “Passano gli italiani: ovazioni interminabili sono a loro rivolte. È un applauso di grande simpatia che i Belgi hanno per il nostro Paese. E sfilano i nostri atleti indossanti il bel maglione dal colore del cielo italiano, al grido di «viva re Alberto». Il gruppo dei simpatici atleti è preceduto dal portabandiera, il campione del mondo di scherma, cav. Nedo Nadi, al fianco del quale è l’Italia femminile. Meglio non potrebbe essere rappresentata. Il gagliardetto della squadra di tennis è sorretto dalla signorina Gagliardi Rosetta di Milano, una sport woman au grand complet”. La 25enne era l’unica rappresentante femminile della spedizione azzurra. Prese parte alle prove di singolare e doppio misto di tennis, sport al quale si era dedicata, praticando anche pattinaggio a rotelle artistico, nuoto e scherma. Era la seconda italiana a prendere parte ai Giochi, preceduta dall’amazzone Elvira Guerra alle Olimpiadi disputate a Parigi nel 1900.

Il 19 giugno si disputarono le eliminatorie dei 10.000 metri che non consentirono l’ingresso alla finale di Costante Lussana, ma che registrarono il superamento del turno di un combattivo Augusto Maccario, terzo nella prima batteria, e di Carlo Speroni, quarto nella terza gara eliminatoria. Cosa ne fu poi del bustocco merita di essere chiarito. Anzitutto non è vero che decise di disertare la finale per risparmiarsi in vista della gara dei 5.000 metri, dato che questa si era già disputata nei giorni precedenti. Resterebbe comunque il dubbio se si presentò alla partenza. No, secondo alcune fonti. Si, dicono altri che ne registrano il ritiro dopo cinque chilometri.

Per chiarire la questione è importante la consultazione della cronaca della gara riportata dalla «Gazzetta dello Sport»: “La finale della gara dei 10 km di corsa è stata emozionante fino dall’inizio. (…) L’episodio più interessante per l’Italia è stata la coraggiosa e magnifica prova di Maccario (…). Non appena lo starter ha sparato il colpo di pistola, Wilson parte fulmineo conducendo a forte andatura per tutto il primo giro. Solo Guillemot si getta con prontezza al suo inseguimento, mentre Manhes, Speroni e Maccario si contentano di mantenere le ultime posizioni. (…) Al quarto giro improvvisamente Backmann e Nurmi passano al comando del plotone, mentre al giro successivo, e cioè verso i 4000 metri, Nurmi, Guillemot e Wilson distaccano nettamente gli altri. Dietro l’inglese, Speroni e Maccario avanzano. All’ottavo giro anche Nurmi è lasciato e, mentre Guillemot e Wilson fuggono, egli retrocede minacciato sempre più da Maccario che ha definitivamente lasciato Speroni. Da questo momento in poi la gara assume un interesse impressionante; Maccario e Nurmi cercano di ricongiungersi coi leaders e precisamente al 17. giro Maccario riesce nell’intento prendendo poi la testa e conducendo per duecento metri. La presenza di questi due incomodi avversari fa accelerare l’andatura alla coppia Wilson-Guillemot. Il risultato è che Maccario viene leggermente staccato. (…) Repentinamente Nurmi opera una fuga inaspettata. Wilson rimane distaccato (…). A duecento metri dall’arrivo Guillemot allunga e distacca Nurmi di due metri, ma questi con una ripresa energica nell’ultima curva e nel rettilineo finale non solo raggiunge Guillemot, ma lo passa in tromba”.

Quindi la «Gazzetta dello Sport» conferma che Speroni alla finale fu presente. Da parte sua, Maccario fu autore di una gran bella gara, condotta contro avversari quali il leggendario Paavo Nurmi, il francese Joseph Guillemot – fresco vincitore dell’oro olimpico dei 5.000 metri battendo il finlandese – e il britannico James Wilson, un grande della corsa campestre.

Nel momento in cui Maccario tagliò il traguardo dei 10.000 metri, meglio di lui ai Giochi avevano fatto solo Lunghi nel 1908 con l’argento negli 800 metri, Altimani, terzo nella 10 km a Stoccolma nel 1912, Frigerio, che due giorni prima aveva vinto i 10 km di marcia e, la mattina di quel 20 agosto, Ambrosini, con il bronzo nei 3.000 siepi. Il giorno dopo sarebbe arrivato il secondo oro di Frigerio nella 3 km di marcia. Fu poi la volta di Valerio Arri, che il 22 agosto completò i successi degli azzurri arrivando terzo nella maratona.

Il 16 agosto Maccario aveva preso parte alle batterie dei 5.000 metri, non riuscendo a superare il turno concludendo la gara in sesta posizione. Le cose sarebbero andate meglio il 21 agosto, quando partecipò alla eliminatoria della gara dei 3.000 metri a squadre che permise alla formazione italiana, completata da Ernesto Ambrosini, Carlo Speroni e Carlo Martinenghi, di accedere il giorno dopo alla finale che decretò il quinto posto degli azzurri. Piazzamento che per elementi di valore come Speroni e Martinenghi risultò essere il miglior risultato olimpico delle rispettive carriere.

Al termine dei Giochi, Gustavo Verona, direttore della «Stampa Sportiva», tirò le somme della partecipazione dei nostri atleti, non risparmiando una velenosa critica alla conduzione tecnica: “Dobbiamo essere soddisfatti. Diciamo la verità. Molto e molto. Nessuno, ripeto, avrebbe pensato a tanto. Gli stessi dirigenti, alcuni dei quali furono inferiori al loro mandato, non potevano sperarlo. I nostri atleti hanno ottenuto per volontà personale un risultato insperato e dico per volontà personale poiché pochi dei riusciti seguirono le norme e i consigli dell’allenatore Platt Adams. Egli costò molto denaro al Comitato e rese assai poco”.

Per Maccario il quarto posto olimpico fu il più prestigioso risultato della carriera. Dopo Anversa non ebbe modo di realizzare altre performances di rilievo e dopo soli sette anni, il 16 ottobre 1927, morì, venendo sepolto nel cimitero del Principato di Monaco.