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Piccole storie di atleti che si sono incontrati...fra le siepi e scavalcando ostacoli Stampa

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Foto non usuali per Franco Boffi. Abbiamo pescato nell'ordinato archivio del Gruppo Sportivo Montegargnano, che da 47 anni (domenica scorsa appunto questa cifra) organizza una corsa podistica a Navazzo, una piccola frazione di Gargnano, sul lago di Garda. Queste immagini riemergono a mostrarci alcuni dei protagonisti di anni felici, 1985 e 1986. Boffi, con la maglia della Pro Patria Milano, fu presente tre volte e sempre da protagonista: secondo nell'84, quinto nell'85, terzo nell'86. A sinistra: Severino Bernardini e Gianni Poli davanti, dietro Boffi e quasi attaccato Davide Bergamini. A destra: stazze diverse, ma la stessa maglia, Gianni Demadonna e Franco Boffi; a lato (n.4) Osvaldo Faustini, dietro di lui si intravvede la testa di Bergamini; sulla sinistra, Alain Capovani e il piccolo bergamasco Fausto Bonzi (ringraziamo il GS Montegargnano)

Qualche giorno fa abbiamo utilizzato la storia del nostro amico francese Luc Vollard per ricordare la finale dei 3000 metri siepi ai Giochi Olimpici di Los Angeles '84, oggi vogliamo dar spazio ai «nostri», proprio nell'ottica di incroci agostici fra atleti italiani e francesi. Siamo nel monumentale Coliseum - costruito per i Giochi del '32 -, il programma prevede tre turni per questa gara: batterie (tre, il 6 agosto), semifinali (l'8) e la finale (il 10). L'Italia manda in pista due atleti: Francesco Panetta e Franco Boffi, che, un mesetto prima, aveva vinto il titolo italiano. Anche i francesi ne schierano due: Joseph Mahmoud, pure lui champion nationale quell'anno, e Pascal Debacker, di lui più giovane, il quale corre la prima serie in maniera gagliarda, vince l'americano Brian Diemer, sesto posto per Debacker, ottavo Panetta, che passa il turno a spese del keniano Kiprotich Rono, fuori. Di ben altra stoffa Julius Korir che, nella seconda serie, fa il bello e cattivo tempo, Mahmoud controlla bene, terzo, e Boffi (settimo) fa quel che deve fare e passa il turno. Prima semifinale (promossi i primi cinque più i migliori due): garone di Debacker, secondo dietro allo spagnolo Domingo Ramón, Boffi prova a lanciare il primo chilometro, ma poi si perde (decimo). Un po' quel che succede a Panetta nella seconda (nono). 

Si prenderanno le loro soddisfazioni negli anni seguenti. Panetta campione del mondo a Roma '87, argento agli Europei '86 e oro nel '90, e un grande tredicesimo posto al mondiale di cross a Varsavia '87, con neve e ghiaccio in terra e un vento gelido polare; leggere i nomi che erano lì con lui, davanti a lui, dietro di lui, è come passare in rassegna il Gotha del fondismo mondiale del tempo. E tanto altro, una delle più belle carriere dell'atletica italiana.

Boffi, nel 1985, vinse il titolo mondiale universitario, a Kobe, in Giappone. Aggiungiamo due dettagli che ci fanno dire che questo lungo giovanotto con un cespuglio di capelli riccioluti non ha raccolto in proporzione del suo valore, ne siamo convinti. Nel 1985, ai mondiali di corsa campestre a Lisbona, fu il migliore degli italiani, ventitreesimo, insieme a gente del valore di Rob de Castella, di Antonio Prieto,di Craig Virgin, Steve Jones, e tanti altri grandi specialisti del cross. E i nostri si chiamavano Bordin, Panetta, Nicosia, Demadonna, Gozzano: furono quarti nella classifica per Nazioni, la prima volta, e se ne contano poche altre. Boffi ha una bella carriera come corridore di cross: sette volte in squadra ai Mondiali prataioli fra il 1983 e il 1991, e sempre diede il suo contributo alla squadra. Così come affrontò i Mondiali di Roma '87 con la determinazione del campione: si battè come un leone nella terza batteria, finì settimo, con l'ultimo tempo disponibile per entrare in finale (i primi quattro delle tre batterie più tre tempi ripescati). Quel 8:21.69 era e rimase il suo primato personale, farlo in una batteria in un Mondiale denota carattere.

Torniamo a Joseph Mahmoud dal quale abbiamo preso l'abbrivio per raccontarvi un po' di storie. Intanto per dire che fu quarto alla prima edizione dei Mondiali, Helsinki '83, pelin pelino dal terzo, solo 47 centesimi dal britanno Colin Reitz. Poi non riuscì più a partecipare ad un Campionato del mondo. Inoltre non era un corridore di cross, strano per uno specialista dei 3000 siepi. E gli inizi? Vestì la sua prima magliettina con il coq sul petto nel 1974, a Digne, incontro giovanile Francia-Italia, Bulgaria-Italia, Italia-Bulgaria. Era il 18 agosto. Volete qualche nome di ragazzini della serie «saranno famosi»? Sandro Bellucci (primo sui 10 km di marcia), Carlo Grippo (terzo sugli 800), Venanzio Ortis (primo nei 1500), Giuseppe Gerbi (quarto sui 3000), cui aggiungere Orlandone Bianchini e Massimo Botti (martello e disco), Giordano Ferrari (alto), Giovanni Bongiorni nella 4x4 (oggi stimato allenatore e fortunato padre di una signorina, Anna, che va forte: 11.30 e 23.31 nello sprint).

Ancora, stavolta a cavallo della Bassa Padana. Asta: al quarto posto spunta il nome di Ettore Colla, piacentino di Roveleto di Cadeo, pochi chilometri fuori dalla città, famiglia benestante di imprenditori caseari; lui dotatissimo ma estroverso, lo allenava Edmondo Ballotta, non uno qualsiasi, in una altalena di rapporti del tipo «ti alleno - basta, non ti alleno più». Saliamo a Nord, provincia di Brescia. Dietro a Bellucci, Vittorio Canini, un gran bel marciatore. Sulla pedana del lungo, distese le sue lunghe leve Maurizio Maffi, di Palazzolo sull'Oglio, allenato da un personaggio fatto a modo suo come Bruno Mahony. Maurizio quel giorno smosse la sabbia a 7 metri e 55 centimetri, che, ci crediate o no, oggi Anno del Signore 2020, è ancora la seconda prestazione bresciana dopo 46 anni! Che venga avanti il progresso se è presente! Maffi quattro anni dopo fece anche meglio ma vestiva la canottiera di una società non bresciana: 7.75 a Pavia nel 1978. In effetti è il miglior risultati ottenuto da un atleta di nascita bresciana. Ma su questo tema si son sempre fatti un sacco di casini, ognuno va per la sua tangente.

Ritorniamo a frugare fra le siepi. Vinse il giovanotto venuto da una terra di Berberi. Dietro, uno ragazzo cresciuto...nell'ombelico d'Italia, Rieti. Mitico il club, l'Alco Rieti di Sandro Giovannelli e Andrea Milardi. Nome e cognome: Antonio Patacchiola, classe 1955. Si era ben comportato nei cross: nono al Campionato allievi (primo Ortis), poi ancora ottavo alla «Cinque Mulini  dei giovani» (sempre Ortis primo su Gianni Demadonna). Poi la pista: Campionati nazionali, primo Matteo Lo Russo, secondo l'Antonio; incontro Italia - Jugoslavia, stessa storia, che si inverte a Digne: il francese davanti nettamente, secondo Patacchiola, lontanissimo Lo Russo. Chiude la stagione con un miglior crono sui 2000 siepi di 5:45.4, il tempo dei Nazionali a Torino.

Ci fu un secondo episodio agonistico nel quale Mahmoud, rappresentando la Francia, incrociò gli italiani. Quattro anni dopo, il 12 agosto1978, a Pisa, un Italia - Francia Under 23, che poi si sarebbero chiamati «promesse», per i francofoni «espoirs». Mahmoud beccò duro da Giuspìn Gerbi: 8:39.0 a 8:49.3. Il minuto torinese due anni più tardi, a Giochi falcidiati di Mosca, otterrà un bel sesto posto olimpico. A Pisa, contribui anche con il suo piazzamento (secondo) sui 5000 al sonoro successo dei giovanotti nostri: 270 a 162. Sulla pista dello Stadio Garibaldi ritroviamo parecchi di quattro anni prima: Giovanni Bongiorni  (400 e 4x4), Massimo Botti che rivinse il disco, un Bianchini ancora cresciuto di stazza vinse il marteau, e eccolo di nuovo, il Maurizio Maffi di cui sopra, secondo con 7.69.

Punto. Con questo ci congediamo da chi ha avuto la pazienza di seguirci, ma noi siamo di quelli che pensano che non esistono solo i campioni olimpici - che incensiamo hora et semper -  ma che le pagine del libro dell'atletica sono state compilate da tantissimi portatori d'acqua, a volte anche modesti. Ma pur sempre preziosi.