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Rovereto: sulla sabbia della pedana del lungo resiste l'impronta di Nenad Stekic Stampa
Lunedì 07 Settembre 2020 16:47

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 Nenad Stekic, in una foto di quella gara a Rovereto, mentre si prepara alla rincorsa. Riproduzione della pagina originale dei risultati della gara di salto in lungo: si noti l'accuratezza del dattilografo che ha storpiato il cognome in «Stekuc». Idem per «Rosseau»

 

Che anno, quell'anno! 1978, ve lo ricordate? Milano Campionati d'Europa indoor, Yashchenko superò 2.35 e Sara Simeoni vinse il titolo nella stessa disciplina; Pietro Mennea alle prese con i difficili equilibrii tecnici e tattici di due giri di pista indoor (400 metri) ce la mise davvero tutta quella volta; medaglie per Baffino Buttari e per Rita Bottiglieri; vicinissimo al podio, due miseri centimetri ma il metro è rigido, Carlo Arrighi che se ne è andato prima di tanti di noi. Questo quando fuori, a Milan,el faseva fred. Poi l'estate. A Brescia, nel campicello detto Campo Scuole dell'epoca eroica dello sport scolastico, campicello che navigava su un mare di PCB (policlorobifenili, micidiali), il 4 agosto, Sara Simeoni divenne la donna più alta del mondo (2.01). Giusto il tempo di raggiungere Praga, la bella misteriosa Città d'oro, culla di musici che fan volare la fantasia alla ricerca di un Nuovo Mondo, di processi angoscianti e di tante belle leggende, per seguire, intirizziti dal freddo, un duplice Mennea , ancora Sara con i suoi famosi calzettoni disneiani - poi regalati ci ha detto recentemente Erminio Azzaro -, un Venanzio Ortis anche lui d' oro e d' argento.

Che anno, quell'anno! Primo Nebiolo trovò le chiavi che cercava da tempo e aprì le porte della Città Proibita: i nostri ragazzi e ragazze andarono alla scoperta della Cina che era uscita da un paio d'anni dalla follia collettiva della Rivoluzione Culturale voluta da Mao Zedong, morto, con il mostro sociopolitico che aveva ideato, nel 1976. E di passaggio verso l'Impero di Kublaikan, il «Meeting delle Otto Nazioni» a Tokyo. Quasi nello stesso tempo gli organizzzatori della U.S. Quercia Rovereto allestirono il loro meeting, 14esima edizione del «Palio», primo Trofeo Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto. Pista in Rubkor, pedane in Sportflex, solo gare per maschietti.

Le due riviste (sì due, 1978 due riviste mensili di atletica, 2020 zero, anche per noi la nostra piccola disastrosa Rivoluzione Culturale!) dell'epoca dedicarono picca spazio al meeting. Una delle due non fece meglio di 19 righe. La oculata attenzione di Roberto L. Quercetani individuò il vero, grande risultato di quella edizione. Scrisse il Maestro nella sua rubrica «Atletica-Mondo» sulla rivista federale:

"A Nenad Stekic, primatista europeo del lungo (...) è bruciata non poco la sconfitta patita agli Europei di fronte all'eterno rivale Jacques Rousseau (8.12 contro 8.18)...". Appunto: lo jugoslavo aveva perso contro il francese d'Oltremare (nato a Pointe-à-Pitre, Guadalupa) e non gli era andata giù.

"Dopo gli Europei il 27enne Stekic si è tuffato nella mischia dei meeting ad invito..." Fra i 5 e il 23 settembre Stekic disputò otto meeting in Germania e in Italia. Monetizzare aiuta a dimenticare le delusioni. Inoltre, in tre occasioni, aveva anche menato sonoramente il transalpino.

"Stekic, venuto in Italia in viaggio di nozze, ha avuto la sua grande giornata a Rovereto, dove ha ritrovato il miglior Rousseau. Ne è venuto fuori il più gran duello fra lunghisti mai visto su suolo italiano...". Poi Quercetani riporta le due serie di salti, che i nostri lettori possono leggere sulla pagina dei risultati originali che pubblichiamo.

"La «media» di Stekic a Rovereto - 8.17! - è la più alta sin qui ottenuta da un europeo su sei salti validi. Il precedente record apparteneva dal 1974 a Valeri Podluzhni con 8.09...".

Nenad aveva una «battuta» che pareva uno sparo, una frustata, secca seppur leggera. Un grande lunghista. A ben pensarci, a quei tempi era secondo al mondo, aveva davanti un tale che di cognome faceva Beamon, e di nome Bob. Son passati 42 anni, ma l'8.32 del giovanotto serbo di Belgrado è lì, inamovibile, nell'albo d'oro del «Palio».

Terzo, a rispettosa distanza, un giovanotto bresciano di gran talento mai totalmente espresso, peccato: Maurizio Maffi, di Palazzolo sull'Oglio, allenato da Bruno Mahoni, tipo un po' bizzarro ma che c'azzeccava. Visto che ci siamo: furono parecchi i bresciani indigeni o importati presenti sotto la quercia. Ricordiamo Mario Zoppi, cremonese allenato da Giuseppe Italia, ci cui si può dire «la corsa campestre è il mio mestiere», nei 1500 vinti da Chicco Leporati, poi allenatore di Stefano Mei; stessa gara Alberto Cova, ottavo. Altri nomi: Roberto Filippini, bel decatleta non realizzato; Alfredo Bonetti, nei 5000, il quale ha collezionato gerle piene di primati Master; in quella gara su un altro pianeta (roba da 13:30.0, gli altri a una cinquantina di secondi) Ilie Floroiu, che sarebbe asceso alla presidenza della Federazione rumena con la volontà di far ordine e pulizia, missione fallita, e se ne è andò insalutato, meglio insultato, ospite, ed era una persona per bene. Alto: Maurizio Tanghetti, poi imprenditore; in quella gara tre a 2.21: l'olandese Wielart, Bruno Bruni e il teutonico Karl Trainhardt. Nell'altro esercizio di scalare il cielo a forza di braccia, vinse un italiano emigrato, Tracanelli, gran talento, da Udine alla terra di Asterix. Quinto un nome che dice qualcosa ai moderni: Gianni Stecchi. Era il padre.

E infine lui, il più atteso, il suo nome era: Pietro Mennea, quattro zampate, 20.48. In quella stagione corse quindici volte in meno di 20.70. Ordinaria amministrazione.

Era il 16 settembre 1978, un lunedì, Santa Sofia Martire.

Ultimo aggiornamento Martedì 08 Settembre 2020 06:33