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Vi raccontiamo Donato Pavesi, un campione rimasto senza medaglia (6) Stampa

Ci avviamo, pian pianino, a prendere congedo da Donato Pavesi e da Alberto Zanetti Lorenzetti che ne ha raccolto e documentato le gesta sportive in un arco di tempo di oltre due decenni. Un lungo racconto che potremmo titolare «Pavesiade», o, se più vi piace «L'Odissea di Donato». Nel testo che presentiamo oggi, il sesto, Alberto ci conduce attraverso le tante gare del marciatore di San Donato Milanese: parliamo degli anni 1923 - 1926, che hanno al centro i Giochi Olimpici di Colombes Parigi, nei quali il garibaldino atleta, sempre focoso e all'attacco, accarezzò il sogno di una medaglia olimpica, ma il sudafricano Cecil Charles McMaster, nato a Port Elizabeth (data controversa: 5 giugno 1895 o 10 giugno 1900? - 11 settembre 1981, a Germiston) gliela soffiò per nove secondi. L'atleta del Sudafrica (in verità a quel tempo si chiamava Unione Sudafricana, dal 1909, dopo l'unificazione dei vari territori come dominion all'interno del Commonwealth) aveva già un bottino (un po' amaro) di due quarti posti nell'Olimpiade precedente del 1920. Buona lettura di questa sesta puntata, ancora una e poi prenderemo congedo da Donato Pavesi.

La foto orizzontale si riferisce alle prime battute della finale dei 10 mila metri di marcia ai Giochi Olimpici 1924 allo Stadio di Colombes, periferia di Parigi: era il 13 luglio. Conduce spavaldo Donato Pavesi; dietro di lui, con il numero 44, fazzoletto bianco al collo, l'inglese Gordon Goodwin, all'interno Ugo Frigerio; alle loro spalle, completo scuro, il sudafricano Cecil McMaster, e quinto (ma alla fine sarà solamente nono su dieci classificati) lo statunitense Harvey Hinkel. Nelle due foto verticali, a sinistra un Donato un po' inedito: senza il famoso berrettino a spicchi bianchi e neri tipico dei fantini; a destra, durante una edizione della classica inglese London - Brighton (distanza variabile a seconda del tracciato fra le 52 e le 59 miglia): ne vinse due edizioni (1921 e 1923, fu terzo nel 1922 e ancora secondo nel 1926, quando dovette cedere nel finale al britannico Baker, primo nel 1924-25-26-28)

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A caccia di primati di ogni genere

Avevamo lasciato Pavesi a Brescia verso la fine del 1922, lo ritroviamo nella città lombarda dove conquistò la prima vittoria del 1923, staccando di 30 secondi Ettore Gariboldi in un Criterium nazionale di 12,5 chilometri organizzato il 9 aprile con partenza e arrivo nel sobborgo di Urago Mella. Il successivo fine settimana piegò la resistenza di Umek nella Milano-Antegnate, per poi dedicarsi a un nuovo tentativo di primato. Il 29 aprile indossò le scarpette da marciatore e si mise… a ballare. Nella sala dell’Eldorado fra one-step, fox-trot, hesitation e un po’ di jazz era iniziata la caccia al record – una febbre che aveva contagiato anche Milano – del Club Giovinezza, che voleva battere il “primato mondiale” delle trentasei ore stabilito dal Club Danilo a Porta Venezia. Scesero in pista cinque concorrenti con ballerine che si alternavano ad accompagnarli. L’obiettivo fu centrato, non da Donato – che comunque si comportò bene giungendo secondo – ma dalla vecchia volpe della specialità Emilio Cremonesì che ballò per 51 ore e 10 minuti percorrendo poco più di 123 chilometri. La piazza d’onore del campione di marcia fu ottenuta grazie alla resistenza alla danza per 27 ore, minuto più, minuto meno, coprendo la distanza di 74 chilometri e mezzo. Indubbiamente il vincitore era di un altro pianeta, ma vennero stracciati concorrenti ben più giovani, come il pugile di colore Jean “Giovannino” Joup.

Lo Sport Club Italia organizzò una manifestazione all’impianto di viale Lombardia l’11 maggio. La presenza dei vari Frigerio, Pavesi, Negri e una gara femminile furono un sicuro richiamo per il pubblico. Mossiere della 10 chilometri – vinta da Frigerio – fu il campione europeo di pugilato Van der Veer, che il 20 maggio avrebbe combattuto all’Arena, perdendo, contro Erminio Spalla. Scrisse il «Corriere della Sera»: “Sul finire della riunione è avvenuto un incidente. La tribuna centrale che ospitava Van der Veer, forse troppo carica di persone o forse commossa di contenere un peso… massimo della qualità dell’olandese si è sprofondata; qualche grido, ma fortunatamente nessuna conseguenza rimarchevole”. Triste destino degli impianti sportivi milanesi: il 15 giugno 1930 crollò una tribuna del Campo Virgilo Fossati durante l’incontro fra Inter e Genoa – vicenda che portò al limite della bancarotta la società nerazzurra – e, per conseguenza della nevicata del 17 gennaio 1985, oltre ad essere gravemente lesionato il velodromo Vigorelli, venne irrimediabilmente danneggiato il Palasport di San Siro.

Nell’ormai consueta trasferta londinese di primavera il 19 maggio, sempre nell’impianto di Stamford Bridge, fornì una buona prova nella gara ad handicap, anche se squalificato all’ultimo giro. La vittoria andò a Frigerio, e Franco Giongo non fu da meno nella corsa delle 120 yards. Due giorni dopo Blasi vinse la 14 miglia. Nella gara di marcia sulla stessa distanza, Pavesi si ritirò dopo essere stato al comando fino al decimo miglio, consegnando la vittoria a Poynton e il secondo posto a Umek. Frigerio si impose nella gara dei 10.000 metri ad handicap. 

Il 26 maggio fu la volta della partecipazione alla Londra-Brighton. Donato, che aveva condotto per 45 chilometri, entrò in crisi, e a 6 miglia dall’arrivo Baker gli era ormai dietro di soli 200 metri, ma riuscì a reagire e ad allontanare il pericolo. Con questo ulteriore successo è difficile smentire che in quegli anni il miglior atleta sulle lunghe distanze fosse lui. A riprova di ciò il 6 luglio, sempre a Londra, si impossessò del primato italiano delle 15 miglia, percorse in 2 ore 1’31”3/5, e delle 20 miglia, concluse in 2 ore 51’05”4/5. L’11 novembre nella «Cento Chilometri» dovette cedere il passo a Umek. Dopo un avvio brillante, ebbe un cedimento verso metà gara. Ne approfittò il triestino, che dimostrandosi il più regolare tagliò primo il traguardo al Velodromo Milanese, resistendo al ritorno di Pavesi.

La medaglia olimpica sfiorata

All’inizio del 1924 si aggiudicò la 15 chilometri di Crescenzago, davanti a Brunelli, e il Meeting di Pasqua su Gaetano Volpi. Nelle gare preolimpiche collezionò una serie di piazzamenti che gli consentirono di essere ammesso nella lista degli azzurri da inviare ai Giochi, dove il programma della marcia era costituito dalla sola gara dei 10 chilometri. Furono convocati altri due milanesi, Ugo Frigerio e Luigi Bosatra, e un ligure, Armando Valente. Nella prima eliminatoria Pavesi si qualificò agevolmente alla finale staccato di soli 5 secondi dall’inglese Goodwin, mentre Bosatra faticò un po’ di più giungendo quarto. Nell’altra batteria Frigerio vinse abbastanza agevolmente e il quarto posto di Valente permise di avere tutti gli azzurri presenti alla finale. Il 13 luglio fu il giorno del trionfo per Frigerio, che ottenne il terzo successo olimpico, dominando la gara con il tempo di 47’49”0 e rifilando un distacco di 48”9 a Goodwin. Pavesi, quarto, fu preceduto al traguardo di 9 secondi dal sudafricano McMaster. Gli altri azzurri, Valente e Bosatra, conclusero al settimo e ottavo posto.

Quello che ormai era definito un anziano campione, il 20 luglio andò a vincere una 10 chilometri a Francoforte, una gara sui 15 chilometri a Milano il 31 agosto battendo Volpi, e il 14 settembre a Firenze al Campionato di maratona di marcia mise in fila alle sue spalle Brunelli, Giani e Rivolta. Seguì il successo nella maratona irpina, il 28 settembre, prevalendo su Umek, e al Giro di Padova il 5 ottobre davanti a Brunelli. Giani e Rivolta vennero sconfitti rispettivamente nella Milano-Antegnate del 4 novembre e nella 25 chilometri di Busto Arsizio il 16 dello stesso mese. Niente male per un vecchietto.

Il 23 novembre la presenza di Karl Hähnel, marciatore che avrebbe occupato il quarto posto alle Olimpiadi del 1932, diede una caratura internazionale alla «Cento Chilometri». Per il tedesco si trattava di una rivincita, essendo stato da poco battuto da Pavesi nella Berlino-Potsdam. La classifica finale decretò il primo posto di Hähnel e il secondo di Donato. Umek fu lo sfortunato protagonista della gara, ma entrò in crisi nelle fasi finali lasciando campo libero al tedesco, ritirandosi in vista del traguardo, permettendo a Pavesi di guadagnare la piazza d’onore.

Si prese la soddisfazione nel corso del 1925 di battere un po’ tutti i marciatori, emergenti e non: il 29 marzo nei 19 chilometri della Coppa Malvezzi superò Umberto Olivoni, al Meeting di Pasqua del 12 aprile fu la volta di Brunelli, poi toccò a Rivolta a Torino il 19 luglio. Il Campionato della maratona di marcia fu organizzato il 20 settembre a Macerata. Fu l’ultimo tricolore vinto da Pavesi, che all’arrivo precedette Brunelli, Callegari e Rivolta. Due settimane dopo, percorrendo i 54 chilometri della Milano-Antegnate distaccò Carlo Giani.

Nel frattempo aveva subito una squalifica di tre mesi, ma venne comunque invitato gareggiare nella «Cento Chilometri» per la pressione sugli organizzatori di tifosi e avversari. Il provvedimento gli impedì di figurare ufficialmente al secondo posto, ottenuto dopo esser stato protagonista della gara con Giani, il vincitore che era stato per lungo tempo in testa, poi vittima di una crisi che gli fece perdere posizioni, infine autore di un brillante recupero che lo portò alla vittoria. Per quanto riguarda la squalifica, erano sotto inchiesta anche Frigerio e Bosatra, rei di aver partecipato in settembre a una gara non approvata dalla Federazione a Villa d’Este, sul lago di Como. Il Comitato Regionale Lombardo aveva poi dichiarato infondati gli addebiti ai tre marciatori, ma permaneva la sospensione di Pavesi a causa del regolamento di disciplina militare della sua società, essendo in quell’anno tesserato per la Milizia Portuaria di Genova. Il 6 dicembre il Congresso della Federazione revocò il provvedimento di squalifica. Questa vicenda è stata ampiamente trattata nell’ultimo dei libri scritti da Carlo Monti “1909-2009: i Cento Anni della Cento km di Marcia”.

(segue)