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Trekkenfield numero 96: vivisezionati gli Assoluti, c'è del buono e del meno buono Print
Monday, 05 July 2021 07:16

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Sarà stata l'aria di Rovereto, sarà stato l'elegante palcoscenico del bello stadio a misura di atletica, sarà stata l'accurata regia della settantaseienne società organizzatrice e la austroungarica signorilità dei suoi dirigenti, sarà stato il prosecchino bello fresco distribuito generosamente,...che serà...serà, ma il clima che si respirava domenica sera 27 giugno era di una - per noi - eccessiva euforia.  Parliamo dei recenti Campionati italiani assoluti. Noi non ci occupiamo di attualità, come sapete, le nostre finalità sono diverse. L'unica concessione è la pubblicazione integrale di «Trekkenfild», foglio online che Daniele Perboni e Walter Brambilla sfornano con lodevole continuità e tempestività. Non entriamo nel merito del loro lavoro, ognuno fa il suo.

Ciò da cui non possiamo esimerci è di confrontare il presente con quanto accadde ieri, perfino con l'altro ieri, e rispolverare uno dei pilastri del pensiero di Bruno Bonomelli, dal quale abbiamo sempre sentito affermare che l'atletica italiana non ha mai conosciuto il valore di  un principio basilare: il progresso, l'idea del progredire, che dovrebbe essere alla base dell'esistenza del nostro sport. Che cosa intendiamo dire? Che non si può far finta che siano stati conseguiti grandi risultati nel 2021 quando in parecchie specialità siamo ai livelli degli anni '90, e ancora indietro '80, '70, addirittura '60. Oh, voi - a dire noi - sempre esagerati. Sicuri? Nel peso donne sia lode imperitura - lo diciamo con grande rispetto - per Chiara Rosa alla ventinovesima maglia tricolore, ma per il resto siamo rimasti ai tempi (1959-1960) di Paola Paternoster: l'anno olimpico 1960 chiuse la stagione con 13.85, sarebbe stata sesta nella finale 2021, con il 14.38 del 1959 addirittura quinta. Angela Anzellotti, da Gussago, provincia di Brescia, lanciava la boccia di ferro a 16.64 nel 1976, quaranticinque anni fa.

E il martello uomini? Bravissimo Marco Lingua, 43 anni, forte come un toro diceva il nostro amico Claudio Enrico Baldini una ventina d'anni fa, ma 74 metri, roba da anni '80, ma non lui sia chiaro, il livello della disciplina. Lui è ancora il più bravo? Onore a lui. Tre soli omoni oltre i 72 metri, poi il precipizio, si è andati in finale con 58 metri, il nostro amico Nick Cabra, a Brescia, faceva molto meglio trentacinque anni fa. Entusiasmo alle stelle per Dariya Darkach, 14.47, brava, perfino limite per partecipare ai Giochi Olimpici (li chiamano ancora così...), il che vuol dire che anche a livello internazionale questa disciplina è in coma. Ma, mentre un tale ci decantava le grazie muliebri della giovin donna ukrainian-born, noi pensavamo che cinque anni fa ella saltava 14.16, ci son voluti cinque anni per arrivare a 14.47, trentuno centimetri in cinque anni. Sapete quanto ha saltato la terza di questa gara? 13.21, buono per la medaglia.

Ad evitare malintesi: per noi gli atleti son bravi sempre e comunque. Di loro abbiamo il massimo rispetto. Tirano il martello a 58 metri? Saltano 13.21 nel triplo? Quella è la farina del loro sacco, è quanto possono dare. Se potessero, farebbero meglio, e sarebbero molto più contenti anche loro.

Che famo? Continuiamo? Potremmo, ma non ci interessa. Se non se ne occupano quelli che avrebbero il dovere di farlo e titolo professionale per offrire delle riflessioni, dovremmo forse occuparcene noi? No. Ma per favore, vi chiediamo solo di non prenderci per i fondelli cercando di farci vedere lucciole per lanterne. Non c'entra «Trekkenfild», non c'entrano Brambilla-Perboni. Noi torniamo al nostro passato, prossimo o remoto che sia, con un solo rimpianto: non cambia mai nulla. Quasi nulla. Lo predicava già Bonomelli settanta-ottanta anni fa, ma dicevano che era un rompicoglioni.

Last Updated on Monday, 05 July 2021 16:39