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Fernando Altimani costretto a una duplice fatica causa le beghe fra giornali (1) Stampa

Alberto Zanetti Lorenzetti ci racconta una storia di...altri tempi. Stavolta siamo nel 1913, a Milano, parliamo di tentativi di primato e di uno degli antenati della marcia italiana: Fernando Atimani. Ma non solo: l'autore ci porta anche nel mondo dei giornali e dei giornalisti di quell'epoca che, per le loro beghe e gelosie, han mandato in fumo un primato mondiale, costringendo l'atleta a un duplice sforzo. Comunque, s'ha da riconoscere che, beghe o non beghe, la stampa fece il suo mestiere, rilevando irregolarità che in effetti c'erano state. Oggi lo chiamerebbero «giornalismo d'investigazione».

Le foto, da sinistra in senso orario: copertina interna de «Lo Sport Illustrato» del 31 luglio 1913 con un bel primo piano di Altimani; l'atleta in azione assistito dall'allora redattore della «Gazzetta dello Sport» Emilio Colombo (a sinistra) e dal trainer Tagliabue (al centro); infine, l'atleta alla partenza del tentativo di primato del 29 luglio 1913. Stavolta, a giudicare dall'affollamento, si dovrebbe arguire che non manvacano giudici, cronometristi, organizzatori...o magari erano in gran parte gente semplicemente inutile come spesso capita di vedere in campo nelle gare di atletica anche oggi

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I fatti in sintesi. Il marciatore Fernando Altimani  (che, tra l'altro, ha il merito di aver conquistato la prima medaglia olimpica italiana nella marcia, bronzo sui 10 mila metri ai Giochi di Stoccolma 1912) scese in pista, a Milano, il 19 luglio 1913 per un tentativo di primato dell’ora di marcia, cercando di incrementare, a due anni di distanza, la miglior prestazione nazionale stabilita da Donato Pavesi. L’impresa riuscì con un risultato, seppur per pochi metri, da record del mondo non solo da primato nazionale, ma accese una polemica sulla carta stampata con oggetto l’impossibilità di omologare il primato per carenze organizzative. Ciò costrinse il marciatore a effettuare dieci giorni dopo un secondo tentativo che ebbe ancor più successo.

I maggiori protagonisti. Anzitutto Fernando Altimani, l’incolpevole marciatore, quindi «La Gazzetta dello Sport», la Federazione Italiana Sport Atletici, lo «Sport del Popolo», trisettimanale sportivo della «Gazzetta del Popolo» di Torino, i giudici di gara e i cronometristi, Mike Bongiorno e Mario Salinelli. I nomi di altri direttamente o indirettamente coinvolti, riconducono a persone che hanno fatto la storia dello sport e soprattutto del giornalismo sportivo.

Antefatti. «La Gazzetta dello Sport» si trovava in cattive acque e cercava un rilancio: la crisi dell’industria della bicicletta era stata causa di una diminuzione degli introiti della pubblicità, il bilancio era in sofferenza e si facevano sentire anche le conseguenze per la pessima esperienza del Giro d’Italia del 1912, il quarto organizzato dalla “rosea”, disputato con la fallimentare formula della classifica a squadre. Arrivò in soccorso il quotidiano milanese «Il Secolo», che per una cicca di tabacco rilevò la testata sportiva costringendo Eugenio Camillo Costamagna a lasciare la direzione. Fu sostituito da Edgardo Longoni che faceva parte della squadra di giornalisti del «Secolo», ma che rivestiva anche il ruolo di presidente della Federazione Italiana Sport Atletici. (F.I.S.A.). Da poco tempo a Torino il giornale «La Gazzetta del Popolo» aveva dato vita allo «Sport del Popolo», foglio che usciva tre volte alla settimana, dando non poco fastidio al concorrente milanese potendo contare su penne di valore come l'atleta, mezzofondista, Mario Nicola, Giuseppe Ambrosini, Renato Casalbore, Ermete Della Guardia e l’ex direttore della «Gazzetta dello Sport» Costamagna che, con il dente avvelenato per l’abbandono della “rosea”, ebbe un ruolo determinante per la nascita della nuova testata. Furono subito scintille che finirono in carta bollata, a cominciare dalla battaglia per il colore della carta: entrambi i giornali stampavano gli articoli su fondo rosa. La questione finì in tribunale dove la pretesa dei milanesi di avere l’esclusiva cromatica non ebbe fortuna.

Ai primi di luglio, Altimani chiese aiuto per poter mettere in piedi un tentativo di primato ottenendo l’appoggio della «Gazzetta dello Sport», che si diede da fare per organizzare l’evento, ma ponendo l’obbligo che il tutto avvenisse all’oscuro dei concorrenti della carta stampata. E così fu.

Primo atto. Il 13 luglio il campo dell’Unione Sportiva Milanese, situato in via Stelvio, alla Bovisa, aveva le tribune completamente vuote e gli unici presenti erano gli addetti ai lavori strettamente necessari per una gara di marcia. Pur senza l’incitamento del pubblico, Altimani riuscì a produrre un’impresa maiuscola, percorrendo in sessanta minuti 13 chilometri 284 metri e 22 centimetri. Non solo era riuscito a superare di gran lunga Donato Pavesi, che il 16 aprile 1911 aveva fatto registrare la misura di 12.406 metri, ma addirittura fece meglio anche del George E. Larner (*), autore del primato mondiale in vigore, grazie ai 13.275 metri percorsi il 30 settembre 1905, nell’impianto londinese di Stamford Bridge, come ratificato in seguito anche dalla Federazione internazionale (I.A.A.F.), in un primo momento infatti apparve la località di Brighton ma poi fu rettificata.

Tutto questo permise alla «Gazzetta dello Sport» uno scoop al quale dette il massimo rilievo ma, come insegna la legge della dinamica “ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”. Ai torinesi l’esclusiva avuta dal giornale sportivo milanese bruciò parecchio e si misero a cercare il pelo nell’uovo, e di peli ne trovarono più di uno. Vennero a sapere che il presidente della giuria aveva dovuto assentarsi durante la gara per urgenti problemi di lavoro rientrando in tempo per firmare i verbali della manifestazione. Non solo. I cronometristi presenti non erano tre, come previsto per poter procedere all’omologazione, ma come riportato dalla stessa «Gazzetta dello Sport», c’era solo il signor Achille Macoratti. Anche il «Corriere della Sera» fece le sue considerazioni ed esternò i propri dubbi: “Secondo il verbale della giuria che ha controllato il tentativo di Altimani, sarebbe stato battuto il record assoluto mondiale, perché l’Altimani nell’ora avrebbe coperto la distanza di km 13.284,22. (…) Il verbale però dichiara che il nuovo record mondiale è stato stabilito calcolando lo sviluppo della pista in m. 375; invece una misurazione di questa fatta prima del tentativo stesso avrebbe accusato uno sviluppo di soli m. 374. Ora, per sapere se realmente il record è stato battuto, occorre che la Federazione proceda ad una esatta ed ufficiale misurazione della pista. Il tentativo avvenne al crepuscolo, alla presenza di pochi intimi. E’ da augurarsi che, in altra occasione, anche la stampa sia chiamata ad assistere e a dar valore a tali avvenimenti”. Tutte queste irregolarità portavano a invalidare il primato dell’ora e tutti i numerosi record intermedi stabiliti da Altimani che, ormai vittima di una polemica senza esclusione di colpi fra i giornali italiani, alla quale si aggiunse lo scetticismo della stampa d’oltralpe, decise di procedere ad un nuovo tentativo, nonostante che la Federazione italiana avesse immediatamente convalidato il primato. Ne derivò la notizia pubblicata sul «Corriere della Sera»: “Si annunzia che in seguito alle polemiche sorte intorno alla clandestina effettuazione del predetto record, l’Altimani ritenterà pubblicamente la prova martedì prossimo, dalle 19 alle 20”.

(*) - Nota - George Edward Larner (7.3.1875 - 4.3.1949) vinse due titoli olimpici ai Giochi di Londra 1908. Per quella edizione furono adottate distanze strane, una in miglia e non in metri, gli inglesi non mancano mai di un tocco di sciovinismo. Le due gare, entrambe da disputarsi in pista, eravamo al White City Stadium, lunghezza della pista metri 536, 45, furono una bizzarra 3500 metri e una dieci miglia (1609 metri virgola qualcosa). Le date: 13, 14, 15 e 17 luglio, con batterie e finali, prima la gara più corta. Larner era un poliziotto trentatrenne, un «bobby», di Brighton, il quale si era messo in pensione per prepararsi ai Giochi Olimpici nella sua Londra. E riportò a casa due medaglie d'oro. Da quello che abbiamo letto era un tipo un po' singolare. Parlando del suo allenamento disse che "quando le circostanze lo permettevano", andava in un parco isolato, si toglieva tutti gli indumenti e faceva il suo training. "Meglio ancora se stava piovendo". Sicuramente un po' inusuale. Larner detenne un bel numero di primati, anche perchè all'epoca venivano riconosciuti come tali anche i tempi di passaggio sulle distanze intermedie. Nella gara sui 3500 metri secondo fu un altro inglese, Ernest Webb, e quarto il canadese George Goulding, i quali, quattro anni dopo a Stoccolma, occuperanno il primo (Goulding) e il secondo (Webb) grandino del podio, lascinado il terzo ad Altimani. La gara fu sui dieci chilometri, il tempo di Goulding (46:28.4) fu riconosciuto dalla I.A.A.F. come primo primato mondiale sulla distanza. Si noti che anche Goulding era inglese per nascita, poi emigrato in Canadà. E si noti pure che Ernest Webb in due edizioni olimpiche collezionò tre medaglie d'argento!

(segue)