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Altimani prim'attore, poi tutte le altre comparse di una commedia sportiva (3) Stampa
Sabato 22 Gennaio 2022 00:00

Brevi note sui personaggi citati: questo il titolino dato da Alberto Zanetti Lorenzetti all'ultima parte della sua narrazione dei due tentativi di primato nell'ora di marcia, realizzati ma mai riconosciuti validi, che Fernando Altimani si sobbarcò in dieci giorni nel luglio del 1913. Con questa puntata concludiamo dunque la ricerca del nostro socio. Trattasi delle elencazione, in ordine alfabetico, delle persone che ebbero un ruolo in quella vicenda e anche dopo. In aggiunta una serie di note stilate da un altro socio ad arricchire la conoscenza di eventi e persone.

Le foto sono tratte dalla rara edizione «DEN FEMTE OLYMPIADEN i BILD och ORD», un volume di circa 400 pagine che è una vera e propria miniera di immagini dei Giochi Olimpici di Stoccolma 1912. Il libro (che fa parte della collezione di un nostro socio) fu redatto e stampato nella capitale svedese subito dopo i Giochi e include fotografie di tutti gli sport. Le due  che qui pubblichiamo ci rimandano alla gara di marcia, sui 10 chilometri. In quella a destra, il canadese (di nascita inglese) George Goulding conduce, con un perfetto «tacco-punta», sul britannico Ernest Webb,  oro e argento. A poco più di un minuto concluse Altimani (a sinistra). Goulding (1885-1966) aveva già partecipato ai Giochi a Londra quattro anni prima, come pure Webb, che fu due volte argento nelle gare di marcia. Singolare la partecipazione del canadese: fu quarto sui 3500 metri di marcia e ventiduesimo nella maratona, si ritirò invece sulle 10 miglia di marcia. Uomo di poche parole: dopo la vittoria inviò un telegramma alla moglie che diceva «Vinsi - George». Dieci giorni dopo la coppia ebbe un figlio cui impose il nome di George Beverly Olympic Goulding

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Altimani Fernando, protagonista e “vittima” della vicenda dei primati centrati ma non riconosciuti (*), dalla quale uscì da vero campione. È stato il primo marciatore italiano a salire sul podio olimpico, avendo vinto la medaglia di bronzo nella 10 chilometri dei Giochi disputati a Stoccolma nel 1912. (**)

Ambrosini Giuseppe, avvocato di natali genovesi, si dedicò al giornalismo sportivo con particolare attenzione per il ciclismo. Nel suo periodo torinese scrisse per «La Gazzetta del Popolo» e «Lo Sport del Popolo» e fu tra i fondatori del «Guerin Sportivo». Dal 1950 al 1961 fu direttore della «Gazzetta dello Sport».

Balestrieri Arturo, romano, negli anni a cavallo fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si dedicò a vari sport e divenne uno dei migliori mezzofondisti e marciatori italiani (fra i suoi primati nazionali c’è anche quello dell’ora di marcia, di cui abbiamo parlato nella ricerca su Altimani). Aveva una cultura sportiva di notevole spessore che lo portò a scrivere di varie discipline sulla «Gazzetta dello Sport» ; diede alle stampe anche diversi libri. Fu fra i fondatori della Società Podistica Lazio (***).

Bongiorno Mike, storico presentatore, protagonista degli esordi della televisione pubblica e privata. Divenne il principale conduttore di quiz, il più famoso dei quali fu «Lascia o raddoppia?», avendo spesso campioni dello sport come ospiti. Altimani fu fra questi.

Casalbore Renato, giornalista di testate torinesi quali «La Stampa Sportiva», il «Guerin Sportivo», «Lo Sport del Popolo» e «La Gazzetta del Popolo», alla quale collaborò fino alla nascita di «Tuttosport» (testata che lo ebbe fra i fondatori e direttore dal 1945). Morì nel 1949 assieme ai calciatori del Grande Torino nella sciagura aerea di Superga.

Costamagna Eugenio Camillo, fondatore nel 1895 del giornale «La Tripletta» e subito dopo della «Gazzetta dello Sport», della quale fu direttore fino al 1912. Fu promotore di molte prestigiose gare sportive, prima fra tutte il Giro d’Italia. Abbandonato il foglio milanese, ebbe un ruolo fondamentale nella nascita dello «Sport del Popolo».

Della Guardia Ermete, frequentemente si firmava con lo pseudonimo “Hermes”. Iniziò l’attività giornalistica collaborando con «La Stampa Sportiva» e fu tra i fondatori del «Guerin Sportivo». All’epoca dei primati dell’ora di marcia di Altimani era il corrispondente da Milano de «Lo Sport del Popolo». Alla fine del 1913 assunse la direzione del settimanale «La Domenica Sportiva», ruolo che mantenne per più di vent’anni.

Ferrario Luigi, punto di riferimento nella redazione della «Gazzetta dello Sport» per l’atletica leggera, diresse il giornale milanese dal 1944 fino all’aprile 1945.

Larner George Edward,  poliziotto a Brighton, campione britannico di marcia, vinse due ori olimpici del 1908 sulla distanza dei 3.500 metri e delle 10 miglia. Fra i record da lui stabiliti c’è quello dell’ora di marcia, superato da Altimani nel luglio 1913, ma le prestazioni del marciatore italiano non furono mai riconosciute dalla Federazione mondiale per irregolarita formali delle quali l'atleta non aveva nessuna responsabilità.

Longoni Edgardo, esordì da giornalista collaborando con «La Bicicletta-Corriere dello Sport», per poi entrare nell’orbita della «Gazzetta dello Sport» e dell’editore Sonzogno («Gli Sports», «Il Secolo») rientrando alla “rosea” come direttore nel 1913. Fu per un breve periodo direttore della «Sera», quotidiano del pomeriggio di Milano, ma nel 1924 lasciò il giornalismo e gli incarichi pubblici (era segretario lombardo del Partito Radicale) per le vicende politiche del periodo. Nel 1945 fu fondatore dell’ANSA e del quotidiano «Ricostruzione». Ebbe anche importanti incarichi dirigenziali sportivi, assumendo la presidenza della Federazione Italiana Sport Atletici dal 1912 al 1922 e la vicepresidenza del Comitato olimpico italiano dal 1919 al 1921.

Macoratti Achille, cronometrista, direttore dell’Ufficio affissioni municipali. Fu più volte impegnato nella funzione di cronometraggio anche al Giro d’Italia con il vezzo di sparare un colpo di pistola in aria ogni volta che arrivava al traguardo precedendo i corridori. Talvolta il suo cognome compare nelle cronache come Maccoratti.

Nicola Mario, avvocato con un anonimo passato sportivo di portiere nell’Audace Torino compensato da validissime prestazioni da mezzofondista (vinse nel 1900 e 1901 il titolo nazionale del miglio, nel 1902 quello dei 1500 metri e stabilì il record italiano di entrambe le distanze). Scrisse per «La Stampa Sportiva», «La Gazzetta dello Sport»,  «Lo Sport del Popolo» e «La Gazzetta del Popolo». Fu fra i fondatori del «Guerin Sportivo».

Pavesi Donato, una delle più prestigiose figure della marcia italiana, autore di una lunghissima carriera agonistica approfondita dal sito internet dell’A.S.A.I. con una serie di puntate iniziate il 31 agosto 2020.

Salinelli Mario, agente pubblicitario cinematografico che partecipò il 29 novembre 1956 (****) alla trasmissione «Lascia o raddoppia?» come esperto di atletica ai Giochi Olimpici. Dopo la puntata in cui Altimani fu ospite, riuscì a cogliere in fallo gli esperti che avevano chiesto quali erano i tre atleti che nel 1904 vinsero tre ori olimpici, dimenticando il quarto, la “rana umana” Ewry. La domanda della settimana seguente, quando fu eliminato, sa un po’ di vendetta: che misura fece il discobolo statunitense John Anderson nel 1928 ad Amsterdam? Per la cronaca il lanciatore americano si classificò quinto con 44,87 metri. (*****)

Varale Vittorio, fu caporedattore a «La Gazzetta dello Sport»,  dal 1914, divenendo condirettore l’anno dopo e direttore dal 1917 al 1922, per poi passare allo «Sport», stampato a Milano su carta gialla, al «Corriere dello Sport » (ribattezzato «Il Littoriale» nel 1927), alla «Stampa» di Torino e alla «Gazzetta d’Italia». Collaborò con numerose altre testate, fra le quali «Il Campione» e, su queste pagine, nel 1959, scrisse un interessante articolo che rievocava le due imprese di Altimani.

Note aggiuntive

(*) Nell'ultima edizione (2020) del libro ufficiale della Federazione mondiale di atletica sui primati mondiali, «Progression of World Athletics Records», a pagina 440 è riportata la progressione del primato ottenuto nei sessanta minuti marciando. Questa elencazione si apre con la prestazione del britannico George E. Larner: 13.275 metri. coperti il 30 settembre 1905. I due primati di Altimani figurano pure ma come mai ratificati. Per quello del 13 luglio 1913 (13.284) si legge solamente:"Record attempt. Altimani reached 6.911 m at half hour point". Per quello del 23 luglio (13.403):"Record attempt. Altimani reached 6.793 m at the half hour point on this occasion. As with the earlier attempt , there were only 2 watches , and for this reason the mark went unratified. Marco Martini notes split times of 21:31 4/4 (5000m) and 44:34.2/5 (10000m)". Bisognerà attendere il 1932 per registrare una prestazione migliore di quella di Larner: 13.308 di un altro britannico, Alfred Pope. Solamente nel 1941 un marciatore fece meglio di Altimani: lo svedese John Mikaelsson (1913 - 1987) che percorse in 60 minuti 13.555 metri. Ci erano voluti 28 anni per far meglio di Altimani, prova dell'eccellenza tecnica del risultato del marciatore milanese. Mikaelsson, che era conosciuto con il soprannome di «Mix», fece ancora meglio nel 1945 con 13.812  metri, ma soprattutto divenne campione olimpico due volte sui diecimila metri: il 7 agosto 1948 a Londra (in gara c'erano anche Gianni Corsaro e Pino Dordoni, ottavo e nono)  e il 27 luglio 1952 a Helsinki . Da anni la Federazione mondiale ha rimosso dall'elenco delle discipline sulle quali si può stabilire un primato del mondo la gara dell'ora di marcia. Palese contraddizione, secondo noi: perchè l'ora di corsa sì e l'ora di marcia no? Valli a capire...

(**) Altimani fu anche il primo marciatore italiano a partecipare ai Giochi Olimpici. Nelle prime tre edizioni  (1896-1900-1904) non furono inserite gare di marcia nel programma olimpico; solo nel 1906, nei cosiddetti "Giochi Intermedi" per celebrare i dieci anni della rinascita della rassegna olimpica (questa manifestazione non viene computata fra le edizioni dei Giochi Olimpici), ad Atene, furono inserite due prove su distanze corte: 1500 e 3000 metri. Distanze strane anche per i Giochi di Londra 1908: 3500 metri e dieci miglia, e sempre nessun italiano. Quattro anni dopo, a Stoccolma, Altimani aprì la lunga serie dei marciatori italiani che hanno raccolto allori nei Giochi, e non son pochi. In quel momento era indubitabilmente uno dei migliori del mondo nella disciplina.

(***) Arturo Balestrieri "aveva il soprannome di «er piombo» perchè non sapeva nuotare. Glielo diedero gli amici fiumaroli e ancora negli anni Trenta dello scorso secolo si leggeva a caratteri cubitali sul niveo muraglione del porto fluviale, scritto dall'amico Roberto Basilici, lui sì un superbo nuotatore, "Cacciatori, non più padelle, adoperate piombo Balestrieri". Ma bisogna dire che poi divenne esperto nel nuoto, almeno stando ai ricordi di Vittorio Spositi, e nel 1899 ebbe una medaglia d'argento al valore civile per il salvataggio di una persona nel Tevere in piena. Nato a Roma il primo marzo 1874, il padre, reduce dalle campagne risorgimentali, gli impartì una salda educazione patriottica e civile. Diplomatosi in ragioneria, a 21 anni, al momento in cui fondò con Luigi Bigiarelli la Podistica Lazio, era sottotenente dei Cavalleggeri di Monferrato al Macao di Castro Pretorio. Balestrieri era un ottimo podista e canottiere, socio dei Circolo Aniene, e fu il primo direttore sportivo della Società Podistica Lazio. Abitava in via Panisperna al civico 86, ed era quindi monticiano. Segaligno di fisico, estroso, s'impegnava a solfeggiare con la sua ocarina di coccio, tipico strumento fiumarolo, al momento in cui un nuovo adepto entrava nella famiglia biancoceleste: era l'inno sociale! Come atleta di successo, si trasformò da corridore in marciatore. Tra il dicembre del 1905 e il marzo del 1906 strappò ai torinesi la palma di numero uno nazionale nella marcia, aggiudicandosi con la maglia della Virtus le selezioni per le Olimpiade Straordinarie di Atene. Si ritirò dalle competizioni nel 1910, dopo essere arrivato secondo nel 1908 ai campionati italiani dei 10 km. Nel 1909 Tullio Morgagni l'aveva chiamato alla redazione de «La Gazzetta dello Sport», dove rimase a lavorare fino al febbraio del 1934. Divenne un bravo giornalista, autore di alcuni libri di tecnica podistica, di nuoto, e traduttore di un regolamento di basket-ball, sport che lo vide tra i fondatori della Federazione. Fu anche arbitro di boxe e grande esperto di atletica pesante (a lui nel 1957 venne dedicato un trofeo di propaganda) nonchè vice presidente della Federazione di atletica leggera. Corrispondente ai Giochi Olimpici di Stoccolma, Anversa, Parigi e Amsterdam, svolse un ruolo di «dinamometrista» a Parigi nel 1924. Da giovane fu atleta universale, giacchè praticò il podismo, il calcio (ala destra e portiere), il nuoto, la pallanuoto, il canottaggio, l'equitazione, la ginnastica, la lotta e la scherma. Morì nel periodo più cruciale della seconda guerra mondiale, in una clinica di Cremona il 31 gennaio 1945". Questo testo è ripreso integralmente dal libro di Emilia Corelli, con note storiografiche di Marco Impiglia, «Nel nido dell'aquila - I fratelli Corelli e la Podistica Lazio». Una nota extra atletica: nel testo che precede si nomina l'indirizzo di via Panisperna 86. Per i cultori di scienza vorremmo ricordare che al civico numero 90 esisteva il Regio Istituto di fisica dell'Università di Roma che negli anni Trenta del Novecento riuniva quel gruppo di giovani scienziati che fu conosciuto poi come «i ragazzi di via Panisperna» che comprendeva Enrico Fermi, Edoardo Amaldi, Franco Rasetti, Emilio Segrè, Bruno Pontecorvo, Oscar D'Agostino, Ettore Majorana. Si deve ad alcuni di loro la scoperta delle proprietà dei neutroni lenti in fisica nucleare (1934). Oggi, al civico numero 89, è posta una lapide che ricorda quei «ragazzi».

(***) 29 novembre 1956: mentre alla TV italiana il signor Salinelli rispondeva alle domande di Mike Bongiorno a «Lascia o raddoppia?», dall'altra parte del mondo , a Melbourne, era in corso la XVI Olimpiade e si disputava la sesta giornata del programma di atletica. In programma la finale dei 400 metri, vinta dallo statunitense Charles Jenkins. Nella seconda semifinale, quello stesso giorno, corse l'australiano Kevan Gosper che fu escluso dalla finale per soli sedici centesimi. Poi vinse l'argento con il quartetto australiano 4x400, ultimo frazionista. Fu eminente personaggio nel Comitato olimpico internazione di cui fu, tra il molto altro, per due periodi vicepresidente. Un italiano in gara nella terza batteria dei 1500 metri: Gianfranco Baraldi, sesto. Nella prima, all'ultimo posto, troviamo il nome di Mamo Wolde, l'etiope che sarà campione olimpico nella maratona e secondo nei diecimila metri nel 1968 a Città del Messico. Finale dei 3000 metri siepi: vinse il britannico Chris Brasher, sesto il suo connazionale John Disley, che aveva vinto il bronzo quattro anni prima. Insieme molti anni dopo idearono la London Marathon, prima edizione 1981, oggi un colosso partecipativo ed economico della maratona mondiale. Secondo fu il magiaro Sándor Rozsnyói, all'epoca primatista mondiale. La vittoria di Brasher fu contestata e i giudici lo tolsero dal primo posto ritenendolo colpevole di ostruzionismo nei confronti del tedesco Laufer e dell'ungherese. Sentito dai giudici, Laufer definì insignificante il danneggiamento subito da Brasher, e Rozsnyói rincarò la dose e affermò che non era stato danneggiato. Brasher fu riammesso e fu campione olimpico. Dovette essere emozionante veder salire la bandiera ungherese sul pennone mentre in patria i connazionali di Rozsnyói subivano la dura repressione dei sovietici che poche settimane prima aveva invaso l'Ungheria. Egli, dopo i Giochi, rimase in Australia, divenne insegnante di educazione fisica e allenatore; è morto nel 2014 a Sydney.

(***) Giochi Olimpici 1904, siamo a Saint Louis, Missouri. Scelta infelice per i terzi Giochi Olimpici, solo dodici Nazioni furono presenti. Ovviamente i padroni di casa ebbero gioco facile a far incetta di medaglie. Quattro atleti, tutti statunitensi, furono plurimedagliati. Il velocista Archibald «Archie» Hahn, soprannominato «The Milwaukee Meteor», vinse 60, 100 e 200 metri. James Lightbody, un corridore di Chicago, s'impose sugli 800, 1500 e 2500 metri siepi, pur non avendo mai corso in vita sua una gara con siepi. Un curioso e balzano personaggio, Harry Hillman, pure fece una tripletta aurea: 400 piani, 200 e 400 con ostacoli. E infine il quarto che mancava agli esperti di «Lascia o raddoppia?»: Raymond Ewry (nato a Lafayette, nell'Indiana, nel 1873). Da ragazzo aveva contratto la poliomielite, a quei tempi significava rimanere su una sedia a rotelle tutta la vita. Con una forza di volontà enorme si esercitò da solo e recuperò l'uso delle gambe, e fortificò il suo fisico gracilino. Divenne il più bravo nei salti da fermo, e si guadagnò il nomignolo di «The human frog», la rana umana. Conquistò otto medaglie olimpiche, tre a Parigi 1900, tre a Saint Louis 1904, due a Londra 1908, più altre due nei Giochi Intermedi del 1906.

Ultimo aggiornamento Sabato 22 Gennaio 2022 18:19