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Pino Dordoni partì dal Sud e dalla Sicilia per la sua lunga marcia come allenatore Stampa
Giovedì 10 Novembre 2022 00:00

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Foto a sinistra: Domenico Ferrito, Pino Dordoni e Nino Davì allo stadio delle Palme a Palermo nel gennaio 1962. A destra, il podio della finale dei Campionati siculi di società, 23 maggio 1954: primo Nino Davì, noto giornalista al Telegiornale RAI regionale, fratello maggiore di Pino; secondo in questa gara Casimiro Alongi, stroncato ancora in giovane età da malattia inesorabile

«Paternoster e Dordoni si ritirano». Questo titolo spiccava sulla prima pagina del numero 2, 15 gennaio 1962, del quindicinale della Federazione «Atletica». A pagina 2 titolo analogo per un articolo in carattere neretto incorniciato, doppio risalto secondo le abitudini grafiche dei giornali: «Paternoster e Dordoni abbandonano». “Paola Paternoster e Pino Dordoni lasciano l’atletica. Le notizie degli abbandoni, decisi dai due atleti da qualche tempo, sono state dichiarate ufficiali in questi giorni”. L’articolo era firmato da una giovane collaboratrice del foglio fidalino, Fiammetta Scimonelli, ventiquattrenne, milanese di nascita, laureata in filosofia, approdata a Roma dopo non facili vicende familiari. I suoi esordi la videro impegnata nell’atletica, e lì venne notata da Donato Martucci, onnipotente Capo ufficio stampa del Comitato olimpico italiano a fianco dell’ancor più imperante presidente Giulio Onesti, il quale Martucci porterà Fiammetta nelle stanze del Palazzo H (sede del C.O.N.I. per i millennials) e ne farà la sua «erede» nell’incarico. Quel Donato Martucci che, dettaglio conosciuto solo da pochi bi-millennials, firmò alcuni articoli sui Giochi 1952 e sulla vittoria di Dordoni a Helsinki sul giornale «Gazzetta Sera» e sulle pagine del settimanale «Oggi».

Paola Paternoster, romana di robusta complessione, fu lanciatrice poliedrica, pentatleta, pluriprimatista nazionale. Classe 1935 (deceduta nel 2018), dopo i Giochi Olimpici romani e un decennio di attività, considerò giunto il momento di chiudere il capitolo atletica. Seppure nel 1961 i suoi risultati fossero al vertice nazionale del peso e del giavellotto, al secondo posto nel disco dopo la ascendente Elivia Ricci, e al quarto nel pentathlon. Di Pino Dordoni serve aggiungere qualcosa dopo tutto quello che siamo andati facendo e scrivendo (in un silenzio da deserto dei Tartari) in questo anno 2022 per celebrare i settant’anni del suo successo olimpico? Lasciamo dire qualcosa alla Fiammetta, che scrisse sessant’anni fa: “Pino Dordoni ha 36 anni e da più di 15 lavora nel settore specifico della marcia che in lui ha trovato se non il suo fondatore, il suo più grande campione. Una classe eccezionale, una forza di volontà quasi disumana, un amore allo sport più che unico fanno da cornice alla figura dell’atleta di Piacenza, che esigenze di lavoro e di salute costringono al ritiro”. Entrambi gli atleti (che accomuniamo non solo perché il caso vuole che abbandonino lo sport nello stesso periodo, ma perché di pari valore) seguono la legge umana che prevede il termine di un’età spensierata per la conquista di altri valori. Ma anche se non avremo più la ventura di vederli nei campi sportivi, sappiamo che la loro opera sarà sempre a disposizione dell’Atletica Leggera, Paola Paternoster infatti fa l’istruttrice ai Centri Addestramento mentre Pino Dordoni lavorerà come Allenatore federale”. Un poco azzardata, ci pare, l’affermazione del «pari valore» dei due atleti. Rispetto per tutti, ma l’atletica ci insegna una scala precisa di valori. Altrimenti facciamo della retorica. Quello stesso anno, il 15 settembre, Paola si unì in matrimonio all’ingegnere Pompeo Carotenuto.

In quella stessa pagina 2 che abbiamo citato, in alto a destra un titolo a due colonne attira la nostra attenzione, «Commissione per la marcia», che fa seguito alla decisione del Consiglio Direttivo che si era riunito alla Scuola Nazionale di Atletica Leggera a Formia, l’8 e 9 dicembre 1961. In quella occasione fu ufficializzata la creazione della “Commissione Nazionale per l’Attività della Marcia, composta da un Presidente, di due esperti della marcia, di un giudice di marcia designato dal G.G.G., da un tecnico designato dal Settore Tecnico Federale, e da un segretario designato dalla Segreteria Generale della F.I.D.A.L…Il consiglio ha nominato Presidente il rag. Ferruccio Porta”.

La prima riunione della Commissione. “La Presidenza della FIDAL, in ottemperanza a quanto deliberato dal Consiglio Direttivo Federale, ha di recente provveduto alla costituzione della Commissione nazionale per l’attività della marcia. A far parte di detta Commissione in rappresentanza del Settore Tecnico è stato chiamato il Campione Olimpionico Giuseppe Dordoni il quale cessa in tal modo dallo svolgere attività agonistica ed inizia quella di tecnico della marcia. La personalità di Dordoni e il prestigio da lui acquisito in tanti anni di valorosa attività sono garanzia che in questa nuova sede egli si renderà particolarmente utile all’atletica leggera italiana. (…) Dordoni ha già preso contatto con il Commissario Tecnico Nazionale Bononcini ed ha formulato con lui un primo programma di lavoro che egli si accinge ad attuare. Oltre a dare assistenza ai marciatori già noti Dordoni si preoccuperà principalmente di reperire nuovi giovani elementi avviandoli ad una corretta pratica della marcia. Difatti due primi raduni di giovani marciatori saranno tenuti il 3 ed il 4 febbraio a Formia ed il 10 e 11 febbraio a Bologna. Nel mese di marzo i migliori elementi emersi da tali raduni saranno nuovamente convocati per un breve periodo di allenamento collegiale. Oltre a queste convocazioni Dordoni si recherà nei prossimi giorni a visitare vari centri e in particolare Reggio Calabria, Messina, Palermo, Bari, Napoli, Modena, Este e Roma”.

Intanto, con comunicato numero 3 dell’11 gennaio 1962, la Presidenza federale aveva ratificato la composizione della Commissione Marcia: presidente rag. Ferruccio Porta, cav. Attilio Callegari, Mattia Garzone, cav. Giuseppe Dordoni, dott. Attilio Bollini, segretario cav. Andrea Sandonnini.

Vedi, caro amico Carmine Bonomo, da Catania, quanti intrecci ha sollecitato l’invio della prima fotografia che ci hai inviato! Siamo allo Stadio delle Palme, a Palermo, 28 gennaio 1962. Quindi, come abbiamo appena letto, una delle prime visite del tecnico Pino Dordoni.

Brevi profili dei due che affiancano il piacentino campione olimpico. Il prof. Domenico Ferrito fu eletto presidente del Comitato siculo nel 1962, l’Assemblea si celebrò sette giorni prima, il 21 gennaio, della visita di Dordoni. Forse questa foto è una primizia con Ferrito neopresidente. Con l’andar del tempo, fedelissimo pretoriano di Primo Nebiolo, entrò in Consiglio federale e vi rimase fino alla conclusiva parabola nel gennaio 1989. In quella Assemblea del 1962 fu anche eletto delegato al Congresso nazionale, che si tenne a Reggio Calabria. Insieme a lui, pure delegato, una delle figure di riferimento dell’atletica siciliana: Ugo Politti, marciatore, giudice di partenza «dal sacerdotale gesto», abbiamo letto, infaticabile compilatore di liste e primati della sua regione, collaboratore del giornale “La Sicilia”. Ferrito aveva sposato una sua atleta, Irene Giusino, esuberante lanciatrice di disco (nelle liste italiane 1961 fu terza dopo Elivia Ricci e Paola Paternoster). Lui è mancato nel marzo 2004, lei, dopo una vita non sempre lineare, nel dicembre 2017, ma si è saputo del suo decesso solo alcuni mesi dopo, altra stranezza.

Antonio Davì, per tutti «Nino», Giuseppe «Pino» Davì. Due fratelli, due marciatori, giornalista il primo, ingegnere il secondo. Hanno fatto parte della vicenda agonistica sicula per un paio di decenni, forse più. Nino fu un volto notissimo in Trinacria, grazie al Telegiornale Rai regionale, dove egli entrò negli anni Settanta, dopo aver lavorato alla redazione del “Giornale di Sicilia”. Di lui si conoscono gli inizi come marciatore nel 1953. Noi lo abbiamo trovato in diverse liste (pubblicate sulla rivista federale oppure nei preziosi libricini di Bruno Bonomelli): a fine 1955, 50’39”4 (Milano, 30 settembre, ottavo ai Campionati nazionali assoluti, numero 14 in Italia) nel 1956 con il tempo di 50’47”, ottenuto ad Ancona il 15 settembre, sempre accasato al C.U.S. Palermo.

Pino Davì. Il suo nome compare nell’elenco dei corrispondenti regionali del foglio federale (numero 27, 16 settembre 1961, pagina 2). Altri che abbiamo trovato in un elenco posteriore: da Rovereto l’indimenticabile Ezio Tomasi; da Livorno, Renato Carnevali, poi per molti anni tecnico dei lanci; da Pescara un nome incancellabile, quello di Gianfranco Colasante. Sul numero successivo a quello segnalato, troviamo la firma di Pino sul resoconto dei Campionati siciliani, al «Cibali» di Catania. Ma il colpaccio lo mette a segno quando, il 7 e 8 ottobre, Giovanni Guabello, direttore di «Atletica», gli affida il servizio sull’incontro Italia-Polonia a Palermo. Titolo in prima su tutte e cinque le colonne, e ugual trattamento in quarta. Una vera e propria articolessa, scritta bene e molto circostanziata per ogni prova, cosa che spesso mancava. Poca gloria per gli azzurri, strapazzati per 127 a 80. Altro «pezzo» sul numero del 1° novembre, da Foggia, per riferire del Gran Premio del Sud; poi qualche giorno dopo, da Reggio Calabria, è costretto ad autocitarsi in quanto secondo dietro al celerino Dante D’Ascola nel Gran Premio dell’Ora di marcia. Per alcuni chilometri si tenne gomito a gomito con Gianni Corsaro, altro catanese, che aveva iniziato la carriera a Catania nel primo Campionato italiano di maratonina di marcia nel 1946. Marcia anche lui e piuttosto bene: a fine 1961 fu 20esimo in Italia con il tempo di 49’34”2. Collezionerà dieci titoli di campione siciliano, fu nazionale juniores nel 1960, chiuse la carriera con un buon 48’34”. Il giorno della visita di Dordoni a Palermo, Nino a fare gli onori di casa con il presidenre regionale, e Pino fra i giovani atleti da visionare. Noterelle senza nessuna pretesa di completezza.

Ultimo aggiornamento Giovedì 17 Novembre 2022 09:48