Message
Un assiòma che vale anche in atletica: se si scava con pazienza, alla fine si trova Print
Friday, 18 November 2022 00:00

alt

Foto di grande significato nella vita di Pino Dordoni allenatore: ritrae un momento della riunione dei componenti della Commissione tecnica federale con la presenza, per la prima volta, del campione olimpico in qualità di responsabile nazionale per la marcia. Dordoni è il primo in alto a sinistra, accanto a lui il Commissario tecnico Lauro Bononcini, e subito dopo il tecnico Peppino Russo. Con il mento appoggiato alla mano, il presidente federale Giosuè Poli (Ringraziamo Sergio Morandi per aver rintracciato la foto)

alt     alt    alt

Una selezione di ritagli di giornale dei primi anni '60, conservati da Carmine Bonomo. Facciamo notare la firma sull'articolo di centro: Rino Cacioppo, che in quegli anni lavorare al giornale palermitano «Telestar» che chiuse e lo lasciò disoccupato. Si trasferì a Torino ed entrò prima alla «Gazzetta del Popolo» e poi a «La Stampa». Qui fu per parecchi anni collega del nostro amico e socio Giorgio Barberis, che con Rino divise la grande passione per la pallavolo. La fotografia che correda il primo articolo, a sinistra, fu scattata allo stadio delle Palme di Palermo in occasione della visita di Pino Dordoni (al centro della foto) a dirigere un allenamento; il primo a sinistra è Carmine Bonomo

  alt

Originale dell'ordine d'arrivo della gara di marcia km 10 dei Campionati juniores, allo Stadio Comunale di Bologna, luglio 1961

alt  alt

 

Pino Clemente, personaggio maestoso dell'atletica siciliana, allenatore, giornalista, scrittore, firmò l'articolo che potete leggere sulla sinistra. A destra, Carmine Bonomo impegnato in una gara a Reggio Calabria nell'autunno 1962

*****

Se aprite il Dizionario Treccani alla voce «assiòma» potete leggere, insieme ad altre, questa definizione: “In filosofia, principio certo per immediata evidenza e costituente la base per l’ulteriore ricerca”. Il nostro assiòma sta nella seconda parte del titolo:”…se si scava con pazienza…”. Ovvio che se non si scava, non si trova. È quanto avviene in archeologia, dove conta “il metodo di acquisizione delle conoscenze, mediante lo scavo sul terreno, la ricognizione della superficie, la lettura dei resti residui”. Immediato il ricordo del titolo che Marco Martini diede al suo intervento in occasione del Convegno che ricordò Bruno Bonomelli a cent’anni dalla nascita, eravamo a Brescia nel novembre del 2010. Quel titolo recitava «Pala, piccone e microscopio». Il metodo che avevamo individuato per dar vita a questo Archivio Storico e che avrebbe dovuto ispirare la nostra ricerca. Avete letto bene «avrebbe dovuto», e ognuno ne tragga le conclusioni che preferisce. Certo che se si continua a pestare acqua nel mortaio scrivendo dei «soliti noti», di ricerca se ne fa ben poca. L’atletica, la sua narrazione ultracentenaria non è solo Ugo Frigerio, Luigi Beccali, Adolfo Consolini, Livio Berruti, e via via, su per li rami, fino ai giorni nostri. Quella narrazione ci racconta, se investigata, di migliaia, di milioni, di esperienze personali e collettive, che, spesso, non si sono fermate alla baldanza muscolare giovanile, ma hanno accompagnato vite intere e hanno fatto parte di un bagaglio permanente.

Se non si scava le pietre millenarie non vengono alla luce da sole, raramente. E anche nel nostro sport se non si ha la curiosità di conoscere meglio il nostro passato si rimane…all’acqua pestata. In archeologia si conosce la piaga dei «tombaroli», coloro che rubano le orme del passato. Anche nella nostra attività esistono i «tombaroli», e son coloro che sgranfignano dove possono e accumulano per sé stessi, per poi nascondere in cantina, oppure – peggio – ne fanno mercimonio. Ci sono, ne abbiamo conosciuti, e ne conosciamo. Poi ci sono le brave persone, tante, che hanno piacere far partecipi gli altri, quelli come noi, per esempio, non per sciocca vanagloria (che va molto di moda). E allora aprono i loro cassetti dei ricordi, tolgono il velo della polvere del tempo a vecchi risultati, ritagli di giornali, preziose foto magari un po’ sfocate che fanno sfocare anche gli occhiali per un fremito di commozione. In giro per il nostro allungato stivale ci sono tesori che ci potrebbero parlare dello sport di cui siamo innamorati. Ma se non ci si da una mossa, difficilmente questi preziosi materiali verranno alla luce.

Oggi vi parliamo di una carissima persona che da qualche anno ci aiuta nel nostro lavoro di archeo-atletica. Il suo nome è Carmine Bonomo, siciliano di Palermo, poi trasferito a Catania. Ingegnere elettronico specializzato in informatica, ha lavorato sempre in società private nel campo dei sistemi informativi e nella ricerca, fra cui Texas Instruments a Rieti e Infracom Italia a Padova. Ma soprattutto (notate il «soprattutto»…) Carmine è stato un marciatore. Adesso, a spizzichi, la facciamo raccontare da lui. “Mi sono messo in luce nel 1961”. Allegato il ritaglio della «Gazzetta dello Sport» del 15 aprile 1961, titolo «Dai 49’34”1 di Pino Davì agli exploit di Dioguardi e Bonomo». L’anonimo scriba di quella breve nota scrisse: “La lotta per il secondo posto fra il volitivo Dioguardi, lo sbalorditivo Bonomo e lo sfortunato Gugliotta è stata interessantissima e drammatica…il clamoroso (per uno junior esordiente sulla distanza) 51’34” di Carmine Bonomo…”. Il quale vestiva la maglia della Libertas Palermo. Al sesto posto in quella gara Aldo Lo Cascio, fratello minore di Bruno, che solo chi ha i capelli bianchi può forse ricordare: Bruno Lo Cascio, nell’estate del 1957, fu un grande protagonista di «Lascia o raddoppia?», oggi diremmo un personaggio mediatico. Mike Bongiorno lo definì «Il cervello elettronico». Si presentò per rispondere a domande sull’atletica leggera, Bruno aveva una rapidità straordinaria. Arrivò fino alla fine e vinse cinque milioni e 200 mila lire. Ma domanda finale fu di una cattiveria inaudita: prevedeva 86 risposte. E in sessanta secondi. Se ne è andato nel luglio del 2012 all’età di settantasette anni. Abbiamo detto fratello di Aldo, padre di Luigi Lo Cascio, attore, regista, sceneggiatore; qualcuno ricorderà I cento passi, La meglio gioventù, Il traditore, fra i molti lavori spesso premiati con riconoscimenti prestigiosi.

Ritorniamo al nostro amico Carmine. Il 20 maggio alla terza gara ottenne il suo miglior tempo: 51’27”, trentacinquesimo nelle liste italiane di fine stagione. A fine luglio salì a Bologna per i Campionati italiani juniores. Sulla pista dello Stadio Comunale si alternarono circa settecento giovanotti; qualche nome buttato lì: Sergio Ottolina (100 e 200); Sergio Bello (due titoli anche per lui, 400 piani e ad ostacoli); un siciliano sugli 800 metri, Sicari; Beppe Gentile nel triplo; un altro nostro amico, Giacomo Catenacci nell’asta; Vanni Rodeghiero nel giavellotto. Primo sui 10 chilometri di marcia uno che…farà tanta strada: Armando Zambaldo, siciliano di nascita ma trasferito al Nord, che sarà quarto ai Campionati d’Europa ’74 e sesto ai Giochi Olimpici ’76, oltre a Giochi del Mediterraneo, titoli italiani, Coppe del mondo. Zambaldo era una spanna superiore e lasciò tutti a due minuti, gli altri erano tutti più o meno sullo stesso valore: Carmine, quarto, mancò il podio per sette secondi (52’36”4).

Carmine insiste per un paio di stagioni, i tempi gli danno ragione. I suoi ricordi:” Dopo il raduno con Pino Dordoni a Palermo nel gennaio 1962, andai un’altra volta a Bologna per i Campionati juniores. Ci arrivai completamente scarico, una settimana dopo gli esami della maturità classica, mi ritirai a metà gara quando ero ancora nel gruppo di testa”. Rivinse Zambaldo on un tempo molto più lento. Campionati che sancirono l’entrata nell’agone atletico italiano di giovanotti ti gran talento: Arese, Finelli, Cindolo, il nostro socio Gianfranco Carabelli (che si schierò sui 400 e sugli 800), Ottoz, secondo sui 1500 siepi c’era il nostro socio Giulio Salamina, Gentile rivinse il triplo; nell’asta quattro metri entrambi ma Giacomo Catenacci dovette lasciare il titolo a Sergio Rossetti, poi bravo decatleta; nel peso il fiorentino Balleggi ebbe la meglio su Adriano Buffon, padre del conosciutissimo portiere Gigi. Torniamo all’ingegner Bonomo. “Il mio miglior tempo quell’anno fu 52’44”. La gara più bella a fine stagione, il Trofeo Altimani a Reggio Calabria, vinse Gianni Corsaro, davanti a Pino Davì, terzo io. Il 1963 avrebbe potuto essere l’anno della mia affermazione. All’esordio stagionale migliorai subito il mio primato personale: 49’40”2, dietro a Pino Davì, 48’39”4. Poi chiusi terzo, a Napoli, in una delle fasi del Campionato di società, primo Vittorio Visini, di un anno più giovane di me. Continuai con buoni risultati fino a metà stagione, stabilendo anche il primato siciliano juniores sull’ora con 11.125,80 metri. Ma gli esami universitari incalzavano, niente Campionati nazionali juniores e altre manifestazioni nazionali. La mia carriera di marciatore in pratica finisce qui. Continuai fino al 1969 anche da senior, con manifestazioni nazionali e regionali per la mia società, tempi attorno ai 53 minuti”.

E qui si conclude anche per noi il racconto dell’ingegner Carmine Bonomo marciatore. Che ancora conserva gelosamente fotografie, ritagli di giornale e risultati di sessanta anni fa. Un esempio di archivio storico dell’atletica italiana, meglio siciliana. Un archivio gigantesco sparso in tutta Italia, in archivio da scoprire.

Last Updated on Sunday, 20 November 2022 13:40