Message
1953 - 2023, son passati settanta anni, com'era l'atletica italiana a quel tempo? Print
Wednesday, 04 January 2023 18:10

Ma come eravamo settant’anni fa? Ci siamo dovuti occupare dell’anno 1953 cercando notizie per differenti piccole ricerche, che poi proponiamo in questo spazio. La nostra base è stata, da un lato, la collezione di «Atletica», quindicinale della Federazione italiana, e, dall’altro, i quadernoni – proprio «oni» viste le dimensioni – di ritagli di giornali e articoli raccolti e annotati con meticolosa attenzione, e talvolta caustici commenti, da Bruno Bonomelli, documentazione di grande utilità per questo tipo di lavori retro. Visto anche che siano all’inizio del 2023, ci siamo allora proposti di conoscere più da vicino l’atletica italiana di settant’anni fa, anno che non fu molto impegnativo sul piano internazionale: i Giochi Olimpici di Helsinki erano alle spalle, i Campionati d’Europa si sarebbero celebrati l’anno dopo a Berna. All’epoca erano i soli due veri grandi eventi per il nostro sport. Si tennero invece, entrambi in agosto, i Campionati internazionali militari a Bruxelles, e la Settimana F.I.S.U. (così si chiamavano allora i Campionati universitari) a Dortmund.

Iniziamo la narrazione di quell’anno lontano sette decadi attraverso le fonti che abbiamo citato. Un lavoro che ci accompagnerà, di tanto in tanto, lungo tutto il corrente anno. Saremo grati a quanti vorranno integrare i nostri articoli con foto, documenti, ricordi di quel tempo. Al fine di evitare malintesi, chiariamo che non pubblichiamo sul nostro sito articoli che vengano da persone che non siano soci. Eventualmente, nel caso di materiale interessante, sarà rielaborato e contestualizzato dalla nostra redazione, citando la fonte.

Cominciamo dalla lettura del primo numero di «Atletica», che porta la data del 15 gennaio, Anno XIX (fu editata per la prima volta nel 1933). Direttore responsabile Giovanni Guabello, redattore capo Pasquale Stassano. Lo stampava la tipografia La Fiaccola, che teneva bottega al numero 70 di Borgo Pio, storica strada a ridosso del Vaticano, la cui edificazione è certificata da una Bolla Papale del 1565 di Pio IV, che ne fece iniziare la costruzione e per questo porta il nome di Borgo Pio.

Pezzo di apertura la pubblicazione integrale di una intervista concessa dal presidente della F.I.D.A.L., Bruno Zauli, al «Corriere dello Sport», e che era apparsa sul quotidiano romano qualche giorno prima. Il titolo dato dal foglio federale fu «Orientamenti tecnici – Allenamenti collegiali». Zauli esordì con questa affermazione: “In linea di principio non sono e non sono stato mai favorevole agli allenamenti collegiali. Cioè ritengo che gli atleti non debbano mai essere allontanati dal loro ambiente naturale, dagli usi e costumi della loro vita, tanto sportiva, quanto sociale, che va dal vitto al campo di esercitazione, dalla casa alle più diverse espressioni di abitudine e di conforto della propria giornata e della propria attività, compresa quella atletica. Tuttavia debbo ammettere e riconoscere che in taluni casi non si può fare a meno degli allenamenti collegiali. Quando si producono tali necessità non c’è che da ridurre il periodo collegiale al minor tempo possibile…”. L’intervistatore gli chiede a che necessità si riferisce. Risposta degna di monsieur de la Palisse: si tratta delle staffette nazionali:” O si ha la fortuna di poter prendere in blocco una squadra di Società – evenienza tanto difficile da rasentare l’impossibile – e vestirla di azzurro, oppure bisogna raccogliere dai vari centri i migliori staffettisti e affiatarli in un sufficiente periodo di allenamento…”. Staffette ma non solo, il resto della intervista ribalta completamente il postulato iniziale: ridurli al minimo, nossignori, degli allenamenti collegiali non si può fare a meno. Vuoi perché l’atleta non ha le condizioni per allenarsi nel suo paese, non ha impianti, oppure non ha un tecnico preparato che lo segue; eppoi ci sono i giovani sparsi in tutta Italia che abbisognano di “un controllo e di una ricognizione dei frutti che ogni stagione produce…”. Ergo: i raduni servono.

La prima pagina venne riempita con l’Ordine del giorno dell’ottavo Congresso nazionale della Federazione, in calendario domenica 15 febbraio nella sede del C.O.N.I. al Foro Italico. Si legge anche la prima parte di un altro lungo articolo, a firma Guido Vianello, sulla validità del Gran Premio dei Giovani, giunto alla quarta edizione. Vale la pena ricordare che in quegli anni non esisteva ancora la categoria juniores, mentre invece, nel 1951, era stata varata la legge sullo sport nella scuola e istituiti i Campionati studenteschi, che furono la vera fucina dell’atletica italiana per molti anni.

Giriamo pagina, la seconda: lasciamo perdere, completamente illeggibile, riservata al Gruppo Giudici Gare e riempita con centinaia di nomi di persone passate da una mansione ad un’altra, da Aspirante ad Effettivo, e via elencando. Si deve però mettere in conto che le quattro paginette federali servivano prevalentemente da bollettino per comunicare con le società per far conoscere decisioni, regolamenti, convocazioni, approvazione gare, insomma tutta la parte burocratica.

La terza pagina si apre con il titolo «Notiziario estero», e porta la firma prestigiosa di R.L. Quercetani (Roberto Luigi, lo sapete vero?), una collaborazione fra il sommo statistico e la Federazione, rapporto che durerà praticamente fino alla scomparsa dello scrittore fiorentino nel maggio del 2019. In questo spazio egli parlava dell’attività sudamericana, della tournée del primatista del mondo di salto triplo (16,22 ai Giochi di Helsinki) Adhemar Ferreira da Silva in Giappone; quindi largo spazio all’atletica del Continente australe, Nuova Zelanda e Australia; infine, fari sulla corsa campestre negli Stati Uniti, in particolare su quella universitaria, il cui campionato, a East Lansing, nel Michigan, fu vinto da uno studente italo-americano, Charlie Capozzoli. Due colonne riservate ai Comunicati federali con i passaggi di serie, che allora erano tre, passaggi che venivano sanciti automaticamente dai risultati conseguiti dagli atleti, i bravi nella Prima Serie e gli altri a decrescere. A chiusura, al piede, una tabella sull’attività femminile dal 1938 al 1952, con le medie delle prime dieci per ogni specialità. Salta subito agli occhi che dal ’38 al ’50 l’atletica delle donne rimase come pietrificata. Non poteva essere diversamente con cinque anni di scellerata guerra voluta dal regime fascista. Qualche segno di ripresa nel 1952.

A parte i «continua dalla pagina…», la quarta presenta finalmente una notizia di atletica-atletica. In un colonnino titola:” A San Paolo buona prova di Peppicelli». È l’esito della partecipazione di Giacomo Peppicelli alla Corrida de São Silvestre, affollatissima corsa su strada che si corre, l’ultima notte dell’anno, fin dal 1925, nel cuore della città paulista, idea poi imitata in ogni borgo, sobborgo e quartiere in ogni angolo del mondo. Il piccolo fondista umbro, nato a Moiano di Città della Pieve, ottenne un buon sesto posto, vinse lo jugoslavo Franjo Mihalić, che ripeterà il successo due anni dopo.  Qualche mese prima, inizio ottobre, a Zagabria, nell’incontro Jugoslavia-Italia, aveva rifilato un pesante distacco a Peppicelli, due minuti sui 10 mila metri (29’48”6 contro 31’47”2). Franjo non era uno qualunque: in Italia vinse tre volte la «Cinque Mulini», stesso bottino al «Giro al Sas» a Trento, fu medaglia d’argento nella maratona olimpica a Melbourne ’56 alle spalle del francese Mimoun. Si è spento nel 2015, a quasi 95 anni. Peppicelli fece un’altra gara in quella trasferta, sempre a San Paolo, il giorno della Epifania, stavolta in pista: fu secondo dopo il giapponese Onishi, tempo 15’22”3, non male visto il periodo della stagione.

Last Updated on Wednesday, 04 January 2023 18:52