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1966: quei dodici pionieri che affrontarono i primi Giochi Europei Indoor (3) PDF Stampa E-mail

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In alto a sinistra: Eddy Ottoz impegnato nella finale dei 60 metri ostacoli; a destra, un salto di Beppe Gentile; sotto, Adriaan Paulen, che a quel tempo presiedeva il Comitato d'Europa in seno alla I.A.A.F., consegna la medaglia a Sergio Ottolina, per il secondo posto nella «strana» staffetta; Sergio corse la terza frazione di 320 metri, due giri della pista; primo a destra, Ito Giani (1 giro), dopo Ottolina, il foltocrinito Sergio Bello (tre giri), poi si intravede invece la scarsocrinita fronte di Francesco Bianchi che corse la prima (640 metri), un'ora dopo aver disputato la finale dei 1500 metri (foto dalla rivista «Atletica»)

 

…la FIDAL è stata costretta ad uscire dall’isolamento invernale tipico degli anni andati, partecipando ai due grandi avvenimenti agonistici che hanno concluso il periodo. Indipendentemente dai risultati ottenuti, è già stato un successo l’essere stati presenti sia al Cross delle Nazioni che al Criterium europeo indoor. Diciamo pure che da parte federale le due trasferte sono state subìte, più che volute”. Il commento è di Dante Merlo sul numero di marzo di «Atletica Leggera», che riserva pochissimo spazio all’evento europeo in pista coperta. Da parte sua, il settimanale federale «Atletica» (n. 12 del 26 marzo) dedica dodici righe al «Cross delle Nazioni», a riprova, una volta di più della grande attenzione riservata alla corsa campestre!

Sulle colonne del foglio federale il commento di Dortmund fu affidato a Gianfranco Colasante, originario di Pescara, compilatore di belle liste annuali già da qualche anno, commentatore tanto sull’uno quanto sull’altro foglio. Su quello vigevanese pubblicò una disamina della stagione 1965 di ben nove pagine, fitte fitte, per fortuna disseminate in tre numeri, alle quali, sia detto ad onor del vero, tutti gli appassionati del nostro sport si abbeveravano.

Colasante commentò l’esito della trasferta di Dortmund, tanto il comportamento agonistico degli azzurri, quanto un pasticcio, anzi pasticciaccio, che poteva privarci dell’oro di Ottoz. In breve: mentre si correvano le semifinali dei 60 metri ostacoli Ottoz e Cornacchia erano andati a pranzo. Fuori della finale. Nessuno sapeva delle semifinali. Colasante attribuì il disguido alla organizzazione teutonica, e alle successive arti negoziali di Pasquale Stassano la ripetizione delle due semifinali e il rientro in finale dei nostri.

Ben diversa la versione fornita dall’altra rivista, che pubblicò integralmente dei brani del giornalista sul quotidiano torinese «Tuttosport», Gianni Romeo. Il quale scrisse:” La «magra» è stata di quelle da incorniciare, tanto grossa che eravamo in dubbio, assistendo alla scena, se descriverla come una farsa od una tragedia. Ammettiamo che sia stata una faccenda tragicomica; resta il fatto che siamo riusciti a far ridere, o almeno sorridere, tutti i rappresentanti delle squadre (e della stampa) straniere. Sarebbe come se Fabbri invitasse Rivera a recarsi allo stadio alle 15.30, quando la partita internazionale deve avere inizio alle quindici (…) Ottoz e Cornacchia se ne andarono beatamente a pranzare mentre stavano per incominciare le semifinali; ed Ottoz e Cornacchia non erano un Tizio e un Caio qualunque…Con Calvesi non sarebbe successo, questo è certo. Ma non è nemmeno una critica nei confronti di Russo questa, perché una persona da sola non può materialmente seguire dodici ragazzi, con i loro spostamenti, i loro orari, le loro esigenze. È una leggerezza tanto grave, quella di una federazione che non si ponga questi problemi, di fronte alla quale si resta senza parole…”.

Come si vede, due versioni: una filo federale per salvare un po’ la faccia, e si comprende; l’altra di un giornalista indipendente. I crucchi avranno pur fatto casino, ma un capodelegazione deve stare in campana. Le batterie erano tre: impossibile che non fosse indicato il meccanismo per passare al turno successivo: i primi due di ciascuna in finale direttamente? Oppure i primi quattro in semifinale? Oppure qualche altra diavoleria? Anche sui 60 piani ci furono tre batterie e due semifinali.

Andiamo verso la conclusione, passando in rassegna i risultati.

60 metri – Pasquale Giannattasio: quarto nella seconda batteria, 6.9, miglior prestazione italiana; quinto nella seconda semifinale, 6.8, miglior prestazione italiana.

1500 metri – Francesco Bianchi, sesto in finale, 3:49.9.

60 metri ostacoli – Eddy Ottoz, primo nella seconda batteria, 7.8, miglior prestazione mondiale ed europea eguagliata, miglior prestazione italiana; primo nella prima semifinale, 7.7, miglior prestazione mondiale, europea e italiana; primo in finale, 7.7, miglior prestazione mondiale, europea e italiana eguagliata. Giovanni Cornacchia, secondo nella prima batteria, 7.9; primo nella seconda semifinale, 7.9; quinto in finale, 7.9.

Salto in alto – Erminio Azzaro, dodicesimo, 2,00; Mauro Bogliatto, quattordicesimo, 1.90.

Salto in lungo – Roberto Bonechi, settimo in qualificazione, 7.30, miglior prestazione italiana.

Salto triplo – Giuseppe Gentile, secondo in qualificazione, 15.86; quarto in finale, 16.25, miglior prestazione italiana; aveva già stabilito la m.p.i. al primo salto con 16.17.

Staffetta 4 x 4 x 3 x 2 x 1 giri, in metri 4 x 640 x 480 x 320 x 160: Italia (Francesco Bianchi, Sergio Bello, Sergio Ottolina, Ito Giani) seconda in 3:22.2. Francesco Bianchi sostituì Roberto Frinolli messo al tappeto da una forte indisposizione; Bianchi corse quella prima frazione un’ora dopo aver portato a termine la finale dei 1500 metri. Per alcune pubblicazioni si trattava di Bruno Bianchi, che non era neppure fra i convocati. La foto che pubblichiamo mostra chiaramente Francesco Bianchi sul podio.

Se un lettore attento confrontasse le convocazioni federali con il nostro titolo noterebbe subito una incongruenza: quattordici convocati, allora perché «dodici pionieri»?  Perché ci sono due desaparecidos: il pesista Michele Sorrenti e l’unica donna, Maria Vittoria Trio. Son partiti con gli altri? Non son partiti? Non hanno gareggiato perché stavano male? Dalle pubblicazioni consultate non abbiamo appreso niente. Cercheremo di interpellare qualcuno che c’era.

Andò così quella prima avventura in pista coperta di una qualche consistenza tecnica. Di Giochi Europei Indoor, o come li si voglia chiamare, ci saranno altre tre edizioni (1967 a Praga – 68 a Madrid – 69 a Belgrado); nel 1970 il primo Campionato d’Europa ufficiale a Vienna, così come il primo italiano a Genova. Il primo oro «pesante» per noi fu quello di Renato Dionisi, nel 1973, a Rotterdam: 5.40. Ma queste storie ve le abbiamo già raccontate.

Per chiudere l’argomento, citiamo ancora una decisione della Presidenza federale (la n. 45 del 1° aprile) nella quale si precisò che “gli atleti che hanno partecipato alle prime gare europee indoor svoltesi a Dortmund debbono essere considerati «azzurri» a tutti gli effetti”.

(fine)