Home News Homepage La saga dei Legat: dal ginnasiarca Remigio al «resuscitato» Manlio (2)
Messaggio
  • Direttiva e-Privacy EU

    Questo website utilizza i cookies per gestire l'autenticazione, la navigazione, e altre funzionalità. Scorrendo questa pagina o cliccando in qualunque suo elemento, acconsenti all'uso dei cookies.

    Visualizza i documenti sulla direttiva della e-Privacy

La saga dei Legat: dal ginnasiarca Remigio al «resuscitato» Manlio (2) PDF Stampa E-mail

alt alt alt alt

Concludiamo, pubblicando la seconda parte, la ricerca di Alberto Zanetti Lorenzetti sulla famiglia Legat, che ebbe una parte importante nello sviluppo della ginnastica e dell'associazionismo sportivo a Bologna. L' attenzione è rivolta ai figli di Remigio Legat, Italo e Manlio. Il secondo, in particolare, ha scritto il suo nome nella disciplina del salto con l'asta, agli inizi del Novecento, arrivando a sfiorare i 3 metri e mezzo. Atleta completo, fu inserito nella squadra italiana per i Giochi Olimpici di Stoccolma, dove però non si distinse molto, pur partecipando a tre prove, asta, lungo e decathlon. Poi la Grande Guerra, il fronte, e la vicenda di una morte che era, fortunatamente per lui, solo un ferimento. Visse abbastanza a lungo: morì poche settimane dopo il compimento dei settanta anni, il 17 dicembre 1955, a Bologna. 

Manlio Legat in vari documenti fotografici degli anni 1912-1913, e, nel piccolo ritaglio, la notizia del suo ferimento, che fu scambiata come morte.

*****

Italo Legat nacque a Bologna il 28 settembre 1885. Oltre ad essere stato atleta, fu anche segretario e direttore tecnico della società. Insegnò alla Scuola Tecnica di Comacchio, entrò a far parte del Comitato regionale emiliano della Federazione calcio e fu membro dell’Unione Repubblicana di Bologna. Cercò di combattere accanto ai francesi all’inizio della Grande guerra. E qui le notizie divergono: secondo il «Giornale del mattino» non gli fu consentito l’espatrio, in altre fonti si riporta che gli fu concessa la Croce guerra francese; infine per Baratti e Lemmi Gigli (autori del libro «Il mito della V nera») fu combattente con i garibaldini nelle Argonne. All’entrata dell’Italia nel conflitto venne inviato al 17° Reggimento Artiglieria. Morì per la recidiva di una malattia intestinale all’ospedale militare di Novara il 27 luglio 1916.

Il fratello minore Manlio, nato a Pianoro il 30 agosto 1889, è principalmente ricordato come atleta. Fu un polivalente portacolori della «Sempre Avanti!», specialista nei salti e con qualche buon risultato anche nei lanci e nei 110 ostacoli. Nel 1912 entrò a far parte della rappresentativa italiana inviata alle Olimpiadi di Stoccolma, gareggiando nel salto in lungo, nel decathlon e nel salto con l'asta senza conseguire risultati soddisfacenti. Riuscì ad essere fra i migliori specialisti nelle prove multiple, nel salto in alto con e senza rincorsa e nel lungo, ma risultati migliori li ottenne nel salto con l’asta, disciplina che lo ebbe capofila delle liste stagionali dal 1911 al 1914, stabilendo il primato italiano nel 1912 con la misura di 3,47 metri, vincendo i principali Concorsi della Federazione Ginnastica d’anteguerra e nel 1913 la gara che si svolse nel Campionato nazionale della FGNI. Era l’anno in cui l’atletica aveva “scippato” i concorsi alla ginnastica. Pur essendo il favorito per la vittoria del titolo nazionale nei Campionati della Federazione atletica, non si presentò in pedana sia nel 1913 che nel 1914.

All’entrata in guerra dell’Italia si era arruolato nel 3° Reggimento Bersaglieri ed aveva il grado di tenente aiutante maggiore in seconda. Alcune pubblicazioni indicano che il suo decesso avvenne il 18 settembre 1915. In realtà la data della sua presunta morte corrisponde al giorno in cui venne ferito a una gamba in azione di guerra a Plezzo, come riporta la motivazione della concessione della Medaglia d’Argento al V.M. Lo «Sport Illustrato e la guerra», nel numero 17 del 1 settembre 1916, scrisse a proposito di Manlio: “Il Legat è un valentissimo atleta bolognese, campione e recordman italiano del salto con l’asta”. Si noti il verbo «essere» al presente e non al passato. Anche la «Gazzetta dello Sport» diede notizia del suo ferimento, non parlando di decesso. D’altronde il suo nome non figura nell’elenco dei caduti bolognesi della Grande Guerra e nella notizia che annunciò la morte del fratello Italo, pubblicata su «L’Avvenire d’Italia» del 2 agosto 1916, veniva auspicata la sua completa guarigione. Il Bollettino ufficiale del Ministero della Guerra del 10 dicembre 1936 lo cita come “richiamato a temporaneo servizio militare” con il grado di maggiore in data 25 marzo 1936, epoca in cui l’Italia era impegnata nella guerra d’Etiopia che, fortunatamente per lui, ebbe termine il successivo 5 maggio.