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Tre foto ci portano allo stadio romano della Farnesina, era il Primo Maggio 1970 PDF Stampa E-mail

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Quante cose possono raccontare vecchie fotografie! Queste sono state scattate da un fotografo un po’ speciale: Bruno Bonomelli. Fanno parte del voluminoso corpus di documenti, libri, riviste, fotografie, lettere, appunti, che abbiamo etichettato come «Lascito Rosetta e Bruno Bonomelli», al recupero del quale si sono prodigati Albertino Bargnani, che di Bruno allenatore fu atleta, uno dei migliori mezzofondisti, corridore di cross specialmente, fra gli ultimi anni del '50 e i primi del ‘60, e Alberto Zanetti Lorenzetti. Tutto il materiale è custodito in un edificio di proprietà di un nostro socio nel piccolo borgo di Navazzo, Comune di Gargnano, sul lago di Garda, sponda bresciana, materiale consultabile su appuntamento.

Bruno ebbe, fin che la salute lo assistette, una cura speciale nel raccogliere vecchi documenti da atleti del passato che andava a scovare in ogni parte d' Italia. Molti gli affidarono, in tutto o in parte, le loro memorie, fatte di vecchi ritagli di giornale, immagini un po' sbiadite, ma anche, soprattutto, i loro racconti orali che sono elemento fondamentale (poi da verificare) per chi fa ricerca storica. Lui stesso aveva il gusto di documentare, con il suo apparecchio fotografico, questi incontri con vecchi atleti, oppure momenti e situazioni sui molti campi di atletica dove trascorse buona parte della sua vita, o da allenatore, o da giornalista (la sua produzione scritta è mastodontica), o da osservatore inflessibile.

Mettiamo a fuoco queste foto. Dove siamo? Al Campo della Farnesina, a Roma. La data: 1° maggio 1970, la prima delle tre giornate dei Campionati nazionali universitari (altra manifestazione lasciata andare in malora). Le altre due giornate furono invece ospitate nel più imponente scenario dello Stadio Olimpico. Nella immagine sotto a destra si riconosce senza fatica, Primo Nebiolo, presidente della Federatletica da pochi mesi, il quale aveva fatto dello sport universitario il suo trampolino di lancio verso le vette della dirigenza sportiva mondiale. L’Assemblea Straordinaria  F.I.D.A.L. che lo aveva «incoronato» si era tenuta, a Roma, il 7 e 8 dicembre 1969. Il successivo giorno 14 si era riunito il nuovo Consiglio federale che aveva distribuito i molti incarichi operativi. Eccone alcuni che riguardano persone a noi vicine: al nostro attuale vicepresidente Augusto Frasca fu assegnato il delicato ruolo di Capo Ufficio Stampa; uno dei nostri soci fondatori, Luciano Fracchia, entrò a far parte del Centro Studi con incarico per la documentazione cinematografica (se non lui, chi?), e il nostro socio Gian Franco Carabelli fu il Segretario di quella struttura. Ruggero Alcanterini (estrazione A.I.C.S.) fu chiamato a dirigere la rivista federale, con Gianfranco Colasante redattore capo, rivista su cui scrivevano Roberto L. Quercetani, nostro socio fondatore e primo presidente, e Sandro Aquari, poi giornalista alla redazione del quotidiano romano «Il Messaggero», oggi nostro socio. Al vertice della Direzione tecnica fu chiamato il prof. Marcello Pagani, che è la persona fissata nella foto in basso a sinistra.

Occupiamoci adesso delle persone che fanno bella mostra nella foto di gruppo sulle gradinate della «Farnesina». Iniziamo dai primi in basso. Sorridente, folti baffi spioventi, impeccabile in giacca e cravatta, Angelo Cremascoli, il fedele scudiero di Primo Nebiolo, paziente «vittima» del vulcanico presidente. Piemontese, era stato atleta bravino nelle gare dai 100 ai 400. Accanto a lui un atleta del CUS Torino, al quale non riusciamo però a dare un nome e cognome (ci fosse mai qualcuno che se lo ricorda...e ce lo facesse sapere). Saliamo di un gradino. Da sinistra: Mario Valpreda, mezzofondista, 1:53. e decimali sugli 800, poi dottore in veterinaria, uomo schietto, leale, un non-politico di mestiere però apprezzatissimo in Piemonte anche dagli avversari ideologici, chiamato a ricoprire ruoli importanti nella Sanità pubblica regionale da un presidente che militava in un partito che era l'opposto di quello suo (Rifondazione Comunista); se volete leggere un po' della sua storia personale andate su questo indirizzo. Il vicino, con i mitici occhiali scuri, è Tino Bianco, per tutti e per sempre «Blanche», che possiamo definire con un termine pugilistico lo «sparring partner» di Franco Arese: gli apriva il «passo» durante gli allenamenti, e talvolta anche in gara, lo consigliava, lo seguiva ovunque. Leggete quanto scriveva di lui la rivista «Atletica Leggera» a pagina 21 del numero di maggio 1970:

“È il giovane tecnico che segue Arese dal giorno in cui cambiò maglia, passando dal Fiat all’Atletica Balangero all’inizio del 1969. Non pretende di essere qualificato allenatore del campione, ma soltanto suo consigliere. Conosce il mezzofondo non per sentito dire, ma per averlo praticato. Ancora lo scorso anno è sceso in pista a fare il treno ad Arese. Sa il fatto suo ed ha il coraggio delle proprie opinioni. È certamente un consigliere di lusso se è vero, come è vero, che il rendimento di Arese è progressivamente migliorato da due anni in qua”.

Alla sinistra di «Blanche», già stempiato ma ancora sufficientemente crinito, il ventisettenne Elio Locatelli, dal quale ci siamo congedati nel dicembre 2019 in maniera repentina, brusca come una frenata improvvisa. Di lui qualcuno ha scritto un sentito e genuino ricordo su questo spazio. Elio - due partecipazioni olimpiche nel pattinaggio su ghiaccio - era già entrato con qualche ruolo nello staff tecnico nazionale, guidato da Pagani. Ancora un gradino: con gli occhiali scuri pure lui, Tommaso Assi, pugliese, classe 1935, buon mezzofondista dai 1500 ai 10.000 e fino alla maratona, aveva iniziato nella Landolfi Molfetta, alla data di questa foto doveva essere, ci pare, allievo della Scuola Centrale dello Sport. Non ebbe vita lunga, quella umana intendiamo, e a 48 anni, dopo una malattia inesorabile, in pochi mesi se ne andò. Ebbe tante soddisfazioni professionali in molti sport: oltre all'atletica, la scherma, il ciclismo, la pallacanestro, l' hockey e pattinaggio.

Compagno di banco di «Tom», il professor Carlo Vittori, di Ascoli Piceno, velocista non di seconda fila nei suoi anni giovanili  (due titoli nazionali sui 100 metri) tanto da guadagnarsi la partecipazione olimpica, Giochi 1952 , in terra di Finlandia: 100 metri, secondo in batteria (la terza) in 10.9, dietro al britannico McDonald Bailey (che sarà poi terzo in finale), sesto nei quarti di finale (il quarto) ancora in 10.9. Poi la staffetta: batterie, la seconda di tre, Italia preceduta solo  dalla Gran Bretagna, ma davanti a Cuba, 41.5, con Carlo Vittori – Antonio Siddi – Giorgio Sobrero – Franco Leccese. Sembrava un promettente avvio, e invece...una serie di infortuni mise in ginocchio il nostro quartetto: Siddi, Montanari , Leccese, tutti lesionati, a marcar visita. E così l'Italia non si presentò al via della seconda semifinale, che era difficile ma non impossibile. Se adesso ci venisse mai la malaugurata idea di raccontare non l'atleta Vittori ma il tecnico, «u professore» Vittori, poveri noi! Sarebbe, riteniamo, una mancanza di rispetto.

Perciò tirèmm innànz, e parliamo di un altro che figura su quella tribuna. Guardando verso sinistra si vede un giovanotto, basetta pronunciata, collo della camicia bianca su un maglione, sguardo che va verso l'alto. Altro studente della Scuola dello Sport, altro futuro Maestro dello Sport. Veniva dalla nidiata di atleti piacentini che intrapresero questa affascinante strada, i fratelli Felice e Claudio Enrico Baldini, Gian Piero Aquino, Renzo Malagisi (giavellottista poi passato al canottaggio), Carlo Devoti, e appunto lui, Roberto Costaldi. Buon velocista e saltatore in lungo, negli anni romani vestì i colori dell'Aeronautica. Crediamo che «Bob», così era per gli amici, potrebbe aiutarci ad identificare altri di quella tribuna, alcuni volti ci ricordano qualcuno ma non ci avventuriamo senza certezze. Provaci «Bob»!